Pisa, ecco perché gli esami dal medico di famiglia sono un flop: solo due medici hanno aderito
Troppa burocrazia, va (quasi) deserto il bando della Regione
PISA. A leggerlo sulla carta sembrava una sorta di “uovo di Colombo” per abbattere almeno parte delle liste d’attesa: consentire ai medici di famiglia di eseguire alcune prestazioni nei propri ambulatori. Ma tra il dire e il fare c’è sempre il mare di mezzo: in questo caso un mare fatto di carte e di burocrazia, quelle che cadrebbero sulla testa dei professionisti che decidono di intraprendere questa strada. Risultato: in provincia di Pisa soltanto due medici hanno risposto all’appello della Regione. Per il resto, il bando è andato di fatto deserto.
Il piano della Regione
Il progetto della Regione è stato inserito nel Piano 2025 per il contenimento delle liste d’attesa, concedendo la possibilità di sottoporsi a un’ecografia, a un elettrocardiogramma, a una spirometria o a un emogas, ma anche a un ecodoppler, a infiltrazioni contro il dolore e ad altre prestazioni diagnostiche direttamente dal medico di famiglia, potenziando l’offerta. Tutte e tre le Asl hanno quindi pubblicato l’avviso rivolto ai medici di famiglia che si sono candidati attestando le proprie competenze nell’utilizzo di apparecchiature e manifestando l’interesse ad attivare gli ambulatori previsti dal progetto. Sono previsti due livelli di presa in carico possibili, a seconda della complessità dell’esame, e attività diverse a seconda della patologia.
Due risposte
Come detto, dalla provincia di Pisa sono arrivate soltanto due adesioni. La prima è quella della dottoressa Mirene Anna Luciani per ecografie di primo e secondo livello nel suo studio di Cascina. La seconda è della dottoressa Roberta Marzolla, per il laboratorio sperimentale di medicina del dolore nel suo studio di Pisa.
Il sindacato
A spiegare le ragioni di un’adesione così risicata è il segretario della Federazione medici di medicina generale di Pisa, Luca Puccetti.
«Molto semplicemente non è stata ritenuta una possibilità appetibile in rapporto a quello che è l’impegno richiesto dal punto di vista burocratico».
Non bisogna infatti pensare che il compito del medico che aderisce è solo quello di eseguire la prestazione: c’è tutta una serie di adempimenti, a partire dalla rendicontazione, che evidentemente ha spaventato i professionisti.
«In particolare – spiega ancora Puccetti – le difficoltà sono per i medici che non hanno un infermiere in studio. E nella nostra provincia è una situazione molto diffusa».
Alla fine, dunque, il compenso aggiuntivo previsto dalla Regione (che complessivamente ha stanziato due milioni di euro su questo progetto) non è stato ritenuto sufficiente rispetto alle incombenze previste. E non si tratta di un problema che si è verificato solo in provincia di Pisa: «Qualcosa vorrà dire – dice Puccetti – se in tutta l’Asl solo 40 medici hanno aderito sui 900 complessivi. E guardi, noi abbiamo fatta tutta l’informazione possibile e immaginabile. Ma serve qualcosa di più, a cominciare da un percorso formativo vero e proprio».
Quello che sta partendo in queste settimane è un anno di sperimentazione: vedremo se, nel 2026, la Regione apporterà qualche correttivo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA