Il Tirreno

Pisa

La “cintola” della cattedrale è una storia vera ma dimenticata

di Fabio Vasarelli
La “cintola” della cattedrale è una storia vera ma dimenticata

Una fascia di stoffa e argento cingeva l’edificio in particolari momenti religiosi. Lunga circa 365 metri veniva appesa con ganci a circa quattro metri di altezza

21 febbraio 2023
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PISA. Recentemente, in un famoso quiz televisivo, le geometrie della nostra piazza del Duomo sono state accostate alla costellazione dell’Ariete. Questa e altre fantasiose teorie, prive di rigore scientifico, aleggiano e rimbalzano sulle tv nazionali e sui siti, diventando vera e propria (in)cultura popolare. Pensiamo per esempio alle “dita del diavolo” sulla facciata nord della Cattedrale, collegate alla fuga di Satana, buttato giù dal tetto della chiesa in costruzione dalla Vergine vittoriosa, oppure alla lucertolina bronzea della porta di Bonanno, popolarmente miracolosa per i maturandi pisani. Per non parlare dell’architetto del Duomo, italianizzato in Buschetto e fatto discendere dalla famiglia Roncioni e legato al castello di Ripafratta.

Al contrario, alcune storie antiche legate alla nostra chiesa primaziale, abbastanza ben documentate (ma sempre approfondibili), sembrano sparite e dimenticate. Una di queste riguarda la cintola, una fascia di stoffa e argento che cingeva completamente il Duomo in particolari momenti religiosi. Mario Noferi, autore di un pubblicazione sull’argomento, ci sintetizza molto bene il suo studio. La cintola originale era bianca, costituita da placchette in argento dorato, che dovevano riflettere la luce solare nel mese di agosto, quando la cintura restava distesa per un mese in onore dell’Assunta, creando un effetto scenografico che doveva essere davvero suggestivo. Ma doveva anche rappresentare un simbolo della potenza della città, così come doveva esserlo la chiesa più bella e più grande del cosmo conosciuto in quel momento. Fu ideata nei primi anni settanta del XIII secolo, probabilmente per motivi di devozione religiosa nei confronti della Vergine Maria Assunta, protettrice di Pisa e alla quale il Duomo era stato dedicato fino dalla sua costruzione nel 1063 (1064 in Stile Pisano).

Con questa decorazione la Cattedrale, da edificio cultuale dedicato a Santa Maria, si trasformava simbolicamente in vera e propria «immagine corporea» della Vergine, cinta dell’indumento che, secondo la leggenda, ella avrebbe donato all’apostolo Tommaso al momento dell’assunzione in cielo. Non si conoscono gli episodi per cui i pisani decisero di realizzare questa “cintura votiva”, ma esistono i documenti riferibili alle donazioni di somme di denaro e soprattutto fonti dell’archivio dell’Opera Primaziale dalle quali si evince la presenza della cintola e l’affidamento dei lavori orafi per le decorazioni ornamentali. Questa specie di festone, lungo circa 365 metri, abbracciava tutto l’edificio, appeso a circa 4 metri di altezza, per non interferire con il passaggio delle persone sulle gradule laterali. In prossimità delle porte, la decorazione seguiva il profilo dell’apertura. Se a qualcuno venisse la curiosità di andare a guardare, troverà ancora piantati nel marmo 165 ganci arrugginiti dai secoli, opportunamente disposti per sorreggerla nei momenti dell’esposizione pubblica.

Verso la metà del Trecento la cintola era deteriorata e fu sostituita con una fascia tendente al rosso, sempre adornata di argento dorato e rifinita con una frangia di seta. Anche di questa seconda versione si sono perse le tracce, presumibilmente alla fine del secolo o all’inizio del Quattrocento. Forse fu trafugata o forse fu venduto l’argento per far fronte alle spese militari di difesa della città. Più probabilmente, però, fu tale Gano, sicario del capitano Giovanni Gambacorti, nel 1406, a sottrarre la cintola con la forza, malmenando il sacrestano e rivendendo poi il bottino per una somma da capogiro. I canonici del capitolo cercarono di correre al riparo per quanto possibile, organizzando subito le ricerche e avviando il progetto per una nuova cintola. Ma la cosa non dovette andare a buon fine. Problemi tecnici, politici, non ultimo il Concilio di Trento con l’eliminazione degli arredi ritenuti un po’ troppo vistosi: questi i fattori che segnarono la battuta d’arresto nella realizzazione di una nuova opera decorativa.

Tutte le rappresentazioni che conosciamo della cintola sono successive e di fantasia. Ma la devozione popolare non la si poteva fermare, specie dopo le epidemie che avevano colpito la città tra il Cinque e il Seicento. Fu proprio allora che si fabbricò un nuovo arredo da porre attorno alla porta di San Ranieri e costituito da due pezzi residui del vecchio supporto di stoffa, impreziosito da formelle che nulla avevano a che fare con il primo esemplare, e che provenivano forse da altre cinture o arredi simili.

Oggi, nel Museo dell’Opera del Duomo è esposta una lunga striscia damascata con decorazioni antiche e formelle attribuite alla scuola pisana del Trecento. Non è un pezzo dell’antica cintola (anche se è richiamata come tale), ma un riadattamento estetico allestito per una mostra internazionale di arte sacra del 1906. Rimangono dunque i documenti e la memoria di quello che fu un importante simbolo religioso legato alla nostra Cattedrale. Nessuno ha più pensato di ripristinare questa tradizione. Immaginate oggi una striscia di 400 metri, decorata in argento, con il costo alle stelle delle materie prime, quante ore potrebbe durare intatta intorno al Duomo. Però, anche solo simbolicamente, non sarebbe sbagliato riproporre l’idea per il giorno di Ferragosto, anticamente dedicato all’Assunta. O è troppo un lavorone?

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