Se il cervello è un tesoro la mappa si trova a Pisa
Ingegnere biomedico del Centro Piaggio a capo del team che “sbroglia” i neuroni
PISA. Un uomo di nome Galileo, nei primi anni del Seicento, rivoluzionò le conoscenze che abbiamo del mondo e dell’universo con una semplice azione: osservò il cielo in modo migliore rispetto a come lo avevano fatto gli altri prima di lui. Semplice non è, in realtà, la definizione corretta di quel che fece Galilei. Ma il solo fatto di puntare il suo cannocchiale – uno strumento che già esisteva ma che lo scienziato pisano perfezionò – verso l’alto, verso il cielo, anziché verso il basso è quanto di più semplice e insieme rivoluzionario possiamo concepire. Ed è, soprattutto, l’inizio della straordinaria avventura che è la scienza moderna che continua a stupirci anche oggi parlando di neuroni e mappatura del cervello umano. Perché la storia di Nicola Vanello, ingegnere biomedico del Centro di ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa, e del suo team di ricercatori – una storia “pisana” che sta dentro la storia più grande dello Human Brain Project – parte proprio dall’osservazione e dalla possibilità di migliorare l’osservazione del cervello, delle cellule di cui è fatto e di come “lavorano”.
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Lo Human Brain Project è il progetto scientifico internazionale nato allo scopo di “mappare” il cervello umano. Gli obiettivi sono comprenderne il funzionamento, traslare i risultati nei diversi ambiti applicativi e creare una infrastruttura a livello europeo che unisca i centri che lavorano in questo settore. Per raggiungerli gli scienziati si sono dati una scadenza, il 2023. E a questa missione darà il proprio contributo – non da solo – Vanello, ingegnere 47enne di Carrara ma da anni pisano d’adozione che dopo gli studi di ingegneria elettronica a Pisa, un dottorato in bioingegneria e importanti collaborazioni con il Cnr e la Fondazione Toscana G. Monasterio, ha trovato il suo elemento, diciamo così, nell’ambito dell’imaging neuronale. È su questa strada che l’ingegnere incontra una collega ricercatrice, Chiara Magliaro, che stava lavorando per capire che forma hanno i neuroni e se cambia nei pazienti affetti da disturbi dello spettro autistico. Già, ma come? Per capirlo bisognava osservarli bene i neuroni. Meglio di prima. Ed è qui che è nata l’idea e poi un vero e proprio studio che ha conquistato lo Human Brain Project, diventandone il “braccio operativo”.
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Il nome del progetto pisano è SENSEI che sta per SEgmentation of Neurons using Standard and supEr-resolution mIcroscopy. «Lavorando su neuroni nell’ambito di questa ricerca legata ai disturbi dello spettro autistico – spiega Vanello – siamo arrivati a sviluppare, con Alejandro Callara, giovane ricercatore del Centro, una prima bozza di algoritmo, un programma grazie al quale partendo dal corpo cellulare più grande del neurone, il soma, riuscivamo a seguirne lo sviluppo, cioè seguire i dendriti, distinguendo ciascun neurone. A quel punto ci siamo chiesti se, migliorando quell’algoritmo, fosse stato possibile utilizzarlo anche su altre scale, più piccole: ad esempio a livello delle sinapsi». Il meccanismo è simile a quello di uno zoom: punta sul dettaglio, lo ingrandisce, lo segmenta e in più consente anche di “navigarlo”. In gioco ci sono tecnologie basate su microscopia confocale e sistemi a super-risoluzione che insieme possono rappresentare l’arma in più per isolare e conoscere meglio i neuroni. Quelli che funzionano bene, ma soprattutto quelli che non funzionano, dando quindi la possibilità di comprendere disturbi e patologie del cervello. «Con il nostro algoritmo – prosegue Vanello –abbiamo partecipato a una delle call del consorzio europeo Flag-Era che seleziona progetti che possano contribuire allo sviluppo dello Human Brain Project: il nostro progetto è stato valutato, è piaciuto e ora facciamo parte di questa grande esperienza internazionale, una cosa molto bella ma che ci carica anche di grandi responsabilità».
Con Vanello e i già citati Callara e Magliaro partecipano al gruppo di lavoro la direttrice del Centro di ricerca E. Piaggio Arti Ahluwalia, che ha dato il via alla ricerca in questo settore al Centro, e la professoressa Francesca Vaglini dell’Università di Pisa. L’orizzonte temporale per mettere a punto SENSEI è di tre anni e l’obiettivo è quello di far “funzionare” il progetto non solo su neuroni da laboratorio (che provengono, cioè, da colture cellulari) «ma anche quelli presenti in campioni di tessuto cerebrale – aggiunge Vanello – per osservare dei neuroni maturi e sviluppati nel loro ambiente originario». Anche grazie a SENSEI la comunità scientifica avrà la tecnologia di base per compiere l’agognata mappatura neuro-anatomica.
«L’obiettivo dello Human Brain Project è estremamente ambizioso: si vuol capire come funziona il cervello, far emergere le funzioni cognitive e l’origine della coscienza. Parliamo insomma delle domande fondamentali che la scienza si pone sull’essere umano – prosegue il professore –. Difficile dire se e quando arriveremo alle risposte. Ma ogni miglioramento della conoscenza in questa direzione è fondamentale dal punto di vista fisiologico e fisiopatologico, cioè in termini di possibilità di curare moltissimi disturbi». Ed è anche la fame di scoperta che spinge Vanello nelle sue ricerche. «Prima di tutto c’è la curiosità di fronte alla meraviglia: mi è sempre piaciuto lavorare nell’ambito delle neuroscienze per capire il comportamento umano e forse per capire anche me stesso – spiega –. Fornire un contributo mi dà una grande soddisfazione e la speranza è che il mio arricchimento personale sia un arricchimento per gli altri. Mi piacerebbe poter trasmettere questa passione alle altre persone che è una delle cose più difficili quando facciamo didattica: diciamo che trasferire questa passione agli altri è forse il mio progetto più difficile». –
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