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Rogo Serra, nuove accuse contro il presunto piromane: «Voleva precostituirsi un alibi con i familiari»

Pietro Barghigiani
Rogo Serra, nuove accuse contro il presunto piromane: «Voleva precostituirsi un alibi con i familiari»

Agli atti le registrazioni in carcere. Ragionava anche di una consulenza psichiatrica che lo scagionasse

12 settembre 2019
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PISA. Voleva crearsi un alibi Giacomo Franceschi. Lo hanno intercettato nella sala colloqui del carcere Don Bosco mentre parla con i suoi familiari. Frasi che per l'accusa sono «relative alla precostituzione di un alibi per la sera del 24 settembre 2018».

E in parallelo l'imputato ragionava, sempre con i familiari durante gli incontri nella stanza adibita alle visite, di sottoporsi «a una consulenza psichiatrica di parte che potesse scagionare il medesimo» si legge nel decreto di giudizio immediato firmato dal gip Donato D’Auria su richiesta del pm Flavia Alemi.

Il documento mette insieme tutti gli elementi che per la Procura sono stati sufficienti per chiedere e ottenere il processo di Franceschi saltando il filtro dell’udienza preliminare.

Quello dell’alibi è un elemento nuovo, mai emerso nel corso delle indagini che dal settembre scorso hanno avuto l’ex volontario del Gva di Calci nel radar dei carabinieri del nucleo investigativo e dei forestali.

Il processo che si è aperto mercoledì 11 settembre si basa non solo sulle dichiarazioni, poi ritrattate dall’imputato, al momento del fermo di iniziato di delitto. Una tesi colposa come causa dell’incendio che ha devastato il Serra poi rinnegata in assenza, stando all’accusa, di ipotesi alternative per spiegare l’origine del rogo.

Ci sono le intercettazioni telefoniche e ambientali con le microspie piazzate nell’auto del 38enne calcesano e gli spostamenti memorizzati da Google Maps che collocano, nella cronologia acquisita dagli inquirenti, Franceschi nei luoghi e nell’orario in cui si è sviluppato il fuoco capace di sprigionare una forza distruttrice tra le più gravi a livello nazionale. I numeri parlano di 1.200 ettari inceneriti (mille a bosco e il resto agricoli soprattutto uliveti, ndr) «con un’alterazione irreversibile o eliminabile in un arco di tempo molto lungo e a condizioni particolarmente onerose e solo con provvedimenti eccezionali» è la contestazione della Procura. Un paesaggio deturpato con una ricaduta anche a livello sanitario. Secondo l’accusa la «diffusione nell’aria, di fumi di combustione e delle ceneri di particolato, con la conseguente esposizione della popolazione alle stesse a effetti negativi sia immediati che futuri in termini di patologie polmonari». E poi ci sono i danni. Cinque abitazioni distrutte e undici seriamente danneggiate. Nessuno dei proprietari si è costituito parte civile.

Il conto stimato per il ripristino di una eventuale, futura ripresa vegetativa è di 11,3 milioni di euro. Questo in prospettiva. Le spese quantificate per tamponare l’emergenza si calcolano anche in questo caso in termini milionari. Per le operazioni di spegnimento il costo è stato di 2,8 milioni di euro; per gli interventi di emergenza di 951mila euro; per la messa in sicurezza immediata 623mila euro. Importi destinati a rimanere sulla carta (siamo sui 15 milioni di euro) considerata l’assenza di beni o patrimoni da colpire, in caso di condanna, intestati all’imputato. 

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