L’Elba piange Manuele Giacomelli: l’ex calciatore aveva 48 anni – Il ricordo: «Correvi come un forsennato, ci mancherai»
Centrocampista dell’Audace, poi al Porto Azzurro ha chiuso la carriera ed è diventato allenatore. Era titolare col fratello dell’azienda Elba Agraria ed è stato anche autore di due romanzi gialli ambientati sull’isola
PORTOFERRAIO. Ci sono partite dal risultato ingiusto. Partite talmente storte da non poterle comprendere. Ecco, in fondo quello che è successo a Manuele Giacomelli, per anni motorino del centrocampo dell’Audace e poi del Porto Azzurro, è qualcosa di molto simile a una partita stregata. Quarantotto anni, un cuore d’oro, persona amata in tutta l’isola d’Elba, gestore con il fratello dell’azienda di famiglia Elba Agraria, persino scrittore di talento con all’attivo due romanzi ambientati all’Elba.
Manu amava la vita e, proprio come quando vestiva la maglia biancorossa, nella vita ci si è tuffato come in una mischia a centrocampo. La malattia, apparsa sette anni e mezzo fa, ha cambiato tutto. Lui ha combattuto, ha resistito fino a quando il fisico glielo ha consentito. Così, come quando usciva palla al piede dopo una serie di contrasti, ha saputo incredibilmente tirare fuori il sorriso in mezzo a tanta sofferenza. Fino a venerdì, quando l’ex giocatore dell’Audace e del Porto Azzurro è morto, per lo sconforto dei tanti elbani che lo hanno conosciuto e gli hanno voluto bene.
Molti di loro, oggi, lo hanno salutato per l’ultima volta, partecipando al funerale che si è tenuto a Portoferraio. È impossibile separare il ricordo di Manuele dal calcio. Fin da bambino ha indossato la maglia biancorossa dell’Audace assieme al fratello gemello Marco, per anni capitano della squadra di Portoferraio. Manuele non era uno che tecnicamente aveva delle doti sopraffine, ma sapeva colmare le lacune con concentrazione, senso di posizione e con la corsa. «Correvi come un forsennato e, all’occorrenza, non disdegnavi di menare come un fabbro, ma sempre con le buone maniere – lo ricorda Michele Melis, in una lettera inviata all’amico scomparso – Mai una, e dico una, entrataccia per far male e, soprattutto, ancor prima che l’arbitro fischiasse il fallo, spesso chiedevi subito scusa all’avversario di turno. Cosa, quest’ultima, che credo ti abbia risparmiato un bel po’di cartellini».
Dopo tanti anni a Portoferraio Giacomelli decise di cambiare aria, trasferendosi all’Uspa di Porto Azzurro. Fu l’inizio di una seconda vita calcistica. Il primo anno in tanti ricordano ancora lo strano duello in campo, nel derby elbano, contro il fratello Marco, all’epoca capitano dell’Audace. I due fratelli, un anno dopo, tornarono insieme, nella squadra di Longone di cui Manuele è poi diventato allenatore. Le doti in campo e in panchina si toccavano con mano. Così come chi ha conosciuto Manuele da vicino non ha mai potuto mettere in discussione serietà, bontà d’animo e correttezza. «Chiunque abbia vissuto uno spogliatoio lo sa: all’interno è un gurguglione, si sta tutti mischiati – scrive ancora Melis – Le dinamiche e le variabili sono infinite, oltre che inviolabili agli estranei, ma i posti no, quelli sono fissi, rigorosamente fissi. E quella volta, più di vent’anni fa, qualcuno addirittura portò il pennarello indelebile per sancire ulteriormente quel “diritto di proprietà”, soltanto che accanto al nome del giocatore venne vergato, per tutti, anche il soprannome. Ognuno aveva il suo: “Coco”, “Los”, “Zlatan”, ecc… e per chi non ce l’aveva, come nel tuo caso, si improvvisò. “Allora? A Manu che gli si dà? ”. Germogliò fulmineamente questo: “Grazie e buonasera” che ancora oggi campeggia, in alto a sinistra, su una panca dello spogliatoio n. 2 al Carburo, abitualmente utilizzato dalla juniores. Quello slogan ti calzava a pennello, Manuele, inquadrava a meraviglia la persona che eri».
Dopo aver attaccato gli scarpini al chiodo Manuele si è dedicato al lavoro, con il fratello Marco ha per anni tirato avanti l’azienda Elba Agraria, e alla famiglia. Sposato con Chiara, era padre di Cristian. Non solo. Giacomelli si è cimentato con successo e con generosità anche alla scrittura, firmando due romanzi gialli ambientati all’Elba di qualità. Insomma, l’Elba perde una persona che ha saputo lasciare il segno. No. Non c’è risultato più ingiusto di questo.
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