Il Tirreno

Fa discutere

Piombino senza cinema, parla Paolo Virzì: «Il Metro chiuso? Straziante»

di Paolo Federighi

	Il regista
Il regista

Il regista è triste per la situazione del cinema della città che lo “battezzò”: il 23 settembre del 1994 la prima di “La bella vita” in una sala traboccante di spettatori

3 MINUTI DI LETTURA





PIOMBINO. «È straziante». Così commenta la chiusura del Metropolitan, e l’assenza totale a Piombino di cinema e teatro, uno dei più grandi registi italiani, che proprio qui iniziò la sua luminosa e grande carriera: Paolo Virzì.

Ciò che dichiara al nostro giornale sull’argomento è frutto di uno scambio tra il regista livornese e l’amica piombinese Alessandra Bartali, 49 anni, insegnante d’inglese e giornalista, senza la quale questo pezzo non sarebbe stato scritto. È stata proprio Alessandra Bartali, amica del regista, a contattare Paolo Virzì e a chiedergli il suo punto di vista sulla situazione. Il regista, dal canto suo, le ha scritto in una mail di poter girare a Il Tirreno le parole. Paolo Virzì, 60 anni, firmò il suo primo film proprio a Piombino. Era il 23 settembre 1994 quando usciva “La bella vita”, ambientato in città, con – tra gli altri – Sabrina Ferilli, Massimo Ghini, Claudio Bigagli e tante comparse del luogo. La prima fu proprio al Metropolitan traboccante di spettatori. Meno di un anno fa, nel gennaio 2025, Il Tirreno organizzò una serata proprio a 30 anni da “La bella vita”, in cui intervennero lo stesso Virzì, Bigagli e molti altri.

Virzì definì Piombino, a cui è attaccatissimo, “la città che mi ha battezzato come regista” e “il territorio della mia iniziazione, a cui mi sento molto vicino”. Il film vinse vari importanti premi, fu acclamato dalla critica e dette inizio alla storia di uno dei maggiori cineasti italiani – e non solo – degli ultimi 30 anni, poi definitivamente decollata con “Ovosodo” del’97. A Piombino Virzì tornò poi con “N – Io e Napoleone” nel 2006, con un cast davvero stellare. Il regista è molto attaccato a Piombino e al Metropolitan, “il glorioso Metropolitan”, come usa chiamarlo. «È straziante – dice Virzì rivolto ad Alessandra Bartali – che una città come quella di Piombino, con la sua importante storia sociale, politica e culturale, sia in questo momento, dopo la chiusura di Odeon e Metropolitan, priva di una sala cinematografica». Il cineasta labronico spiega poi cosa significhi la mancanza di un cinema in una città e di quale sia il ruolo della settima arte. «I cinema – spiega – oltre che veicolo di emozioni, sono luoghi che creano incontro, senso di comunità, di pensieri condivisi e persino di maggiore sicurezza».

Secondo Virzì, quando manca un cinema il degrado di un luogo si fa più netto, forte, non solo dal punto di vista culturale ma anche ambientale. Ed è un dettaglio di estrema profondità e serietà su cui dovremmo soffermarci a lungo a riflettere. «La mancanza di cinema – spiega appunto Virzì – crea non solo degrado culturale ma anche ambientale, in termini di vivibilità. Mi chiedo se la politica locale stia facendo tutto il possibile per riparare al più presto questa lacuna, che Piombino – conclude il regista – non merita e che rischia di generare una ferita inguaribile». Degrado culturale e ambientale in termini di vivibilità, quindi, di qualità della vita. Sembra strano a molti, ma la presenza di un cinema (in questo caso anche teatro) come dice Virzì abbia il potere di generare una sensazione di maggiore sicurezza in una comunità. Sì, la chiusura del Metropolitan e il conseguente azzeramento di cinema e teatro in città rappresenta proprio tutto ciò che dice Virzì. Per questo Il Tirreno ne parla da un po’ e per questo vorrebbe che, dal silenzio assordante che circonda l’argomento, la politica locale tutta – da chi governa la città a chi è all’opposizione e fuori dal consiglio comunale – si facesse sentire non con parole e attacchi reciproci, ma con una collaborazione che porti a fatti concreti per il bene di Piombino e dei suoi cittadini. Perché, come dice Virzì, la ferita – già profonda – rischia di diventare inguaribile.  

Primo piano
Il caso

Spari contro l’auto dell’allenatore Calabro (oggi alla Carrarese), indagati politico e calciatore: «Non faceva giocare il cognato»

di Redazione web