Il Tirreno

Dopo la tragedia

Elba senza cinghiali? C’è un piano: un anno fa l’ok allo studio del Parco, ma servono 10 milioni di euro

di Luca Centini

	Alcuni esemplari di cinghiali
Alcuni esemplari di cinghiali

Il presidente Sammuri: «Siamo per l’eradicazione, tutte le istituzioni ci sostengano»

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PORTOFERRAIO. «Noi siamo per l’eradicazione dei cinghiali e dei mufloni dall’isola d’Elba, abbiamo elaborato uno studio di fattibilità e stiamo costruendo il progetto definitivo». Così il presidente del Parco nazionale dell’Arcipelago toscano Giampiero Sammuri interviene nel dibattito pubblico che si è venuto a creare in seguito alla tragedia del Primo maggio a Lacona. Rocco Andrianò, elbano di 59 anni, è morto sulla strada del Monumento, in prossimità di Lacona. Era alla guida della sua moto quando è finito contro un cinghiale che stava attraversando la strada. Ieri pomeriggio, 3 maggio, nella chiesa parrocchiale di Procchio in tanti hanno voluto dare l’ultimo saluto a Rocco. Tante lacrime e rabbia.

L’incidente del Monumento, infatti, ha riportato al centro dell’attenzione il problema, mai risolto, del contenimento della presenza di ungulati (cinghiali e mufloni) sul territorio elbano. Un tema, purtroppo, collegato in maniera stretta alla sicurezza sulle strade. Nelle ore successive sono tanti gli elbani, a parlare di una «tragedia annunciata» o, come nel caso del sindaco Tiziano Nocentini, di una morte non ascrivibile a una «fatalità». Molti gli appelli rivolti alle istituzioni affinché – una volta per tutte – venga risolto il problema. L’intervento di Sammuri, presidente del Parco nazionale, serve a far capire come una strada sia già delineata. Si tratta solo di percorrerla con convinzione.

Il piano di eradicazione

Risale a circa un anno fa, infatti, l’approvazione da parte del Parco nazionale, con l’avvallo dei sindaci dell’arcipelago riuniti nella Comunità del Parco, di uno studio di fattibilità per l’eradicazione dei cinghiali e dei mufloni all’Elba. La spesa stimata per l’intervento, da completare nell’arco di cinque anni, si aggira intorno ai 10 milioni di euro. Si tratta di uno studio scientifico di alto livello, compiuto dal Parco con il contributo tecnico di istituti di rilievo come Nemo, Oikos, Etifor e con la consulenza del dottor Ercolini. L’obiettivo è quello dell’eliminazione definitiva delle due specie intensificando le misure che, ogni anno, sono già messe in campo dal Parco nazionale attraverso un mix di catture e abbattimenti da selecontrollori formati e ditte specializzate. «Stiamo costruendo il progetto definitivo e cercando dei partner che possano contribuire a finanziare l’intervento – commenta il presidente Giampiero Sammuri – confidiamo di poter abbassare la spesa complessiva. Abbiamo già compiuto degli interventi di eradicazione di specie invasive. La strada tracciata è quella della partecipazione ai bandi europei Life, con finanziamenti comunitari che coprirebbero il 50% dei costi di intervento. I sindaci, attraverso la Gestione associata, sono disponibili a contribuire, il Parco può mettere circa 3 milioni di risorse proprie. Sappiamo quello che facciamo e siamo determinati a presentare a settembre il progetto definitivo, quando saranno pubblicati i bandi Life. Confido che la stessa determinazione venga dimostrata dagli altri enti coinvolti». Il messaggio di Sammuri è chiaro: per portare a termine l’obiettivo occorre un sostegno convinto al progetto. Un sostegno in grado di far fronte alle inevitabili critiche e polemiche che arriveranno inevitabilmente da un fronte dei contrari che parte dalle associazioni animaliste fino ad arrivare ai cacciatori. «Noi abbiamo l’esempio dei mufloni all’isola del Giglio – racconta Sammuri– in un primo momento il progetto di eradicazione era sostenuto, poi ci siamo trovati soli».

Volontà chiara

Nel caso dell’Elba la convinzione di tutte le istituzioni competenti è fondamentale anche perché il Parco comprende solo una parte del territorio. Fino ad oggi l’ente ha portato avanti i piani di contenimento dei capi entro il proprio confine, mentre all’esterno dell’area Parco il contenimento è stato affidato all’azione dei cacciatori e alla polizia provinciale. «Il coinvolgimento della Regione sarà fondamentale – spiega Sammuri – perché non è possibile cogliere l’obiettivo dell’eradicazione se non saranno adottate le stesse misure dentro e fuori dal Parco. Insomma, la nostra volontà è chiara, ora confidiamo in un sostegno convinto da parte di tutti».

I numeri

Ogni anno il Parco preleva circa 600 capi di cinghiale e 400 capi di muflone sull’isola. Una quota che dovrà essere aumentata in maniera considerevole se si vorrà procedere all’eradicazione entro cinque anni. Nei due scenari intermedi previsti nello studio (con una popolazione di cinghiale pari a 3345 capi e popolazione di muflone pari a 1500 capi), «per arrivare all’eradicazione – si legge nello studio – è necessario produrre uno sforzo di rimozione pari a 1500 capi/anno per 5 anni per il cinghiale e di 400 capi/anno per il muflone arrivando così alla soglia critica per le specie) e incidendo per entrambe le specie in maniera più marcata tra le classi giovanili».

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