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«Investire sulla cultura del mare per tutelare noi e la biodiversità»

«Investire sulla cultura del mare per tutelare noi e la biodiversità»

I protagonisti del Seif Parla Giampiero Sammuri, presidente di Pnat e Federparchi: «Conoscenza e informazione per salvaguardare l’ambiente da cui l’uomo dipende»

02 luglio 2022
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PORTOFERRAIO. «Serve costruire una cultura del mare. Per farlo l’unica strada e incrementare l’informazione e le conoscenze su cosa si può e non si può fare». Giampiero Sammuri, presidente del Parco nazionale dell’arcipelago toscano, ha un’idea precisa su come tutelare l’ambiente marino e non solo. Lo illustrerà venerdì 8 luglio durante la prima giornata del Seif, il festival internazionale dedicato alla salvaguardia e valorizzazione del mare e della sua essenza promosso dalla fondazione Acqua dell’Elba. Una tre giorni in cui il Pnat porterà avanti una precisa vision: «Si deve capire che la tutela dell’ambiente non ha solo un valore etico. Se il nostro mare e la terra perdono la biodiversità i primi a perdere siamo noi esseri umani».

Perché il Parco è in prima linea nell’accompagnare manifestazioni come il Seif?

«Perché è dedicata alla salvaguardia e valorizzazione del mare e dell’ambiente. Il nostro lavoro, come Pnat, è tutelare la biodiversità. Lo facciamo tutti i giorni ed è importante che queste attività per l’ambiente siano portata avanti con festival come questo e da aziende come Acqua dell’Elba. Per questo aderiamo e partecipiamo con piacere».

Come sta il nostro mare?

«Il suo stato di salute può essere definito a macchia di leopardo, anche se vi sono problemi diffusi ovunque. Parlo delle plastiche e microplastiche che non trovano confini perché trasportate dalle correnti. Altra questione è il depauperamento della fauna ittica, tanto per l’inquinamento quanto per la pesca intensiva. Anche se dobbiamo dire, con orgoglio, che il mare dell’Elba rispetto ad altri è messo bene».

Quali iniziative vanno messe in campo per salvaguardare l’ambiente marino?

«La questione prioritaria è continuare a lavorare sull’informazione. Faccio un esempio. Nei giorni scorsi una tartaruga marina ha tentato di nidificare a Lacona. È stata purtroppo disturbata mentre risaliva la spiaggia e impaurita con l’illuminazione dei telefonini. Chi lo ha fatto ha commesso un errore, ma allo stesso tempo non sapeva di commetterlo. Non lo ha fatto per contrastare la natura, ma perché non sapeva quanto il comportamento fosse dannoso».

All’Elba quando si parla di mare, si pensa subito alle aree marine protette. Qual è lo stato dell’arte? Servono zone di tutela apposite? Sono sufficienti quelle del Parco? Oppure è necessario allargare le competenze dell’ente?

«Le aree marine protette sono presenti in cinque delle sette isole ricomprese nel Pnat. Non sono presenti soltanto all’Elba, ossia l’isola più popolata, e al Giglio, la seconda per popolazione residente nell’arcipelago. Penso che la soluzione migliore e auspicabile sia aumentare le forme di tutela del Parco. Una scelta che incontra opposizioni anche perché è passata l’idea che dove c’è una zona tutelata non si può fare più niente. Ma questo non è vero. Lo fa capire l’esempio di Capraia. Lì si fanno pesca, immersioni e navigazione. In forma regolata certo, ma non è vietato tutto tout court. Anche a Pianosa facciamo immersioni e operano i diving. La questione aree marine va riconsiderata alla luce di questi esempi».

Il tema dei temi resta però quello di come trovare un equilibrio tra ambiente, energia e sviluppo?

«Quello dell’energia è un tema con il quale dobbiamo fare i conti. Ma li dobbiamo fare tenendo sempre presente che le rinnovabili hanno un impatto più basso rispetto alle fonti fossili. Servono azioni incisive per creare le condizioni di sviluppo delle energie “alternative”. Penso ad esempio al fotovoltaico su tutti i tetti d’Italia. Puntarci consentirebbe anche di renderci indipendenti dalle questioni geopolitiche che affronta il Paese».

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