Il Tirreno

Economia

Marmo e dati sulla produzione? Perché quanto e cosa si vende è top secret. L’ultima sentenza

di Giovanna Mezzana
Lavorazione a monte (foto di archivio)
Lavorazione a monte (foto di archivio)

Legambiente voleva l’identikit di ogni azienda, il Tar della Toscana aveva accolto la richiesta dell’associazione, ma il Consiglio di Stato dice no

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CARRARA. Ha fatto bene il comune di Carrara a non fornire dati specifici sulla produzione delle aziende del marmo – temendo di provocare un danno commerciale – quando Legambiente li ha richiesti: così hanno appena sentenziato giudici del Consiglio di Stato accogliendo l’appello di tre società del marmo – Fb Cave, In. Gra e Carrara Marble Way, a cui si sono aggiunte molte altre società del settore intervenendo in giudizio – contro una sentenza del Tribunale amministrativo della Toscana (la n. 748/2025) che dava ragione a Legambiente nazionale. La sentenza dell’organo più alto della giustizia amministrativa ribalta quanto aveva fissato il Tar della Toscana che aveva accolto la richiesta dell’associazione ambientalista ordinando al comune di Carrara di “tirare fuori” i dati che Legambiente sollecitava.

Il punto di partenza

È il 2024 quando Legambiente ricorre al Tar della Toscana per ottenere «trasparenza» nei dati sull’estrazione di marmo nelle singole cave: i legali dell’associazione puntano a evidenziare l’illegittimità della motivazione espressa dal Comune per giustificare l’accesso parziale. Da anni è il circolo Legambiente Carrara a portare avanti la battaglia, a non accontentarsi di dati “aggregati” forniti dal Comune, bensì a richiedere dati disgregati azienda per azienda. Ed è così che Legambiente nazionale – sostenendo il circolo carrarrese – si fa carico di questo missione e se ne assume la paternità.

Primo giudizio

Il Tar della Toscana accoglie dunque la richiesta di Legambiente, ordina al Comune di fornire non solo i dati complessivi della produzione e delle relative tipologie per i vari bacini, ma anche i dati relativi alle singole società escavatrici. E quindi: la produzione globale, la suddivisione in blocchi squadrati, semisquadrati e informi e la tipologia di materiale scavati da ciascuna società autorizzata all’escavazione per un periodo di tempo molto lungo: dal 1° settembre 2005 al 31 dicembre 2023.

Nuovo round

C’è un nuovo capitolo. Tre società del lapideo ricorrono al Consiglio di Stato, fanno appello contro questa sentenza del Tar; al loro fianco c’è una serie di società apuane del marmo. Gli avvocati difensori sono Cristiana Carcelli e Luigi Cocchi; Riccardo Diamanti, Sergio Menchini, Antonio Lattanzi e Ferdinando Genovesi. Legambiente è invece rappresentata dagli avvocati Micaela Chiesa, Umberto Fantigrossi e Diego Aravini. Il comune di Carrara rimane contumace insieme ad altre società.

La sentenza

Ed ecco che il Consiglio di Stato riforma la sentenza del Tar, ritenendo che fornire quei dati può comportare il rischio di ledere il diritto alla riservatezza e di fornire potenzialmente anche a terzi notizie relative alla commercializzazione e all’organizzazione del lavoro, danneggiando gli interessi economici e commerciali delle imprese. Il Consiglio di Stato accoglie questa impostazione, ritenendo che la richiesta di controllo generalizzato sull’attività delle imprese escavatrici esuli dalle finalità ambientali del diritto di accesso e invada le competenze del Comune nel controllo dell’andamento dell’escavazione. Quindi il Comune bene aveva fatto, secondo i giudizi, a non fornire dati specifici delle aziende.

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