Il Tirreno

VILLAFRANCA. Era il 2019, piena stagione di caccia, quando papà e figlio vanno nei boschi di Merizzo, Villafranca in Lunigiana, ad appena sedici chilometri dal casello autostradale di Pontremoli, ma in piena natura. Avevano portato con loro il cucciolo di cane lupo che la mamma aveva regalato al figlio poco prima di morire. Il cucciolo, nel bosco, si allontanano. A un certo punto sentono degli spari. Corrono entrambi, padre e figlio, verso quei rumori, vicino a una riserva di caccia.

Lì vedono il cucciolo a terra, morto. E vedono anche un uomo con un fucile in mano, evidentemente un cacciatore, allontanarsi di corsa. Il padre allora ha rincorso l’uomo, lo ha afferrata e, stando alla ricostruzione fatta poi dal cacciatore agli inquirenti, lo ha aggredito. Troppa la rabbia per quanto accaduto. Quel cucciolo era infatti l’ultimo legame tra la madre e il figlio, il ricordo che avrebbe dovuto accompagnarlo per gli anni dopo, nella sua crescita.

E invece, nulla, il cucciolo era stata ucciso.

Adesso ci sono due procedimenti penali in corso: uno a carico del padre accusato di lesioni, l’altro a carico invece del cacciatore accusato di uccisione di animali previsto nel codice penale articolo 544 bis che dice che “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”. Martedì, davanti al giudice monocratico, al tribunale di Massa, ci sarà l’udienza su questo caso, quello di uccisione di animali, e verrà ascoltato il cacciatore accusato di aver ucciso il cucciolo.