Carrara, rischio alluvione. Legambiente: serve un consiglio comunale straordinario
L’associazione ambientalista lo chiede per il 23 settembre
Carrara Il 23 settembre, ventennale della tragica alluvione di Carrara, non può passare inosservato; lo sottolinea in una nota Legambiente Carrara, che in una nota chiede che «per il 23 mattina venga convocato un Consiglio Comunale: non come mera “commemorazione” (che sarebbe comunque dovuta, anche come forma di rispetto per la vittima di quell’evento, Idina Nicolai) ma come momento di verifica su quanto (poco, a nostro avviso) è stato fatto e su quanto (molto) resta da fare».
E ricorda: «Nei nostri innumerevoli interventi e documenti (l’ultimo è la relazione tenuta al convegno dell’Arci del 9 settembre scorso) abbiamo mostrato con dovizia di solide argomentazioni perché, nonostante gli interventi strutturali effettuati sul Carrione dopo l’alluvione, il rischio d’inondazione della città è da allora aumentato e sta crescendo ogni giorno come diretta conseguenza di una gestione scriteriata del bacino montano. Come illustrato nel nostro manuale “Idee per fermare la fabbrica del rischio alluvionale”, infatti, il principio chiave per proteggerci dalle alluvioni sta nell’assorbire le acque al monte e nel rallentarne il deflusso: l’obiettivo può essere raggiunto eliminando le terre, realizzando i ravaneti spugna, trattenendo temporaneamente le acque nelle cavità di cava, restituendo spazio e sinuosità ai corsi d'acqua soffocati dalle strade ecc. Il problema sta nel fatto che i Pabe (Piani attuativi dei bacini marmiferi, ndr) hanno pianificato il bacino montano senza tenere in debito conto questi elementari principi di idrologia e di idraulica. Infatti, sebbene dalla loro lettura emerga la piena consapevolezza di tali principi, le norme di attuazione concretamente adottate li svuotano di ogni efficacia». Osserva Legambiente: «Per i ravaneti non prevedono la rimozione di terre; per le cavità di cava, sebbene pomposamente dichiarate “Aree di immagazzinamento idrico”, 1) si individuano minuscole vasche di sedimentazione, 2) non si applicano alle cave dismesse (delle quali, intanto, procede il riempimento), 3) per le cave attive, si applicheranno alla loro dismissione (cioè tra decenni)». Non solo: «Sono state ignorate anche le raccomandazioni dell’università di Genova (relazione Seminara, 2016) sulla gestione dei ravaneti (in particolare la rimozione delle terre in essi contenute) e del bacino montano, nonostante l’esplicito ammonimento che la loro mancata attuazione avrebbe compromesso gli stessi interventi strutturali previsti a valle. Per inciso, il settore Assetto Idro-geologico della Regione Toscana, rispondendo a una nostra richiesta di ricalcolo delle portate di piena, ha esplicitato che le azioni sui ravaneti esistenti, essendo da rapportare alle concessioni di cava, non sono di competenza della Regione, ma del Comune (che però, temiamo, non ne è neppure consapevole). Infine, superfluo dirlo, sono state completamente ignorate le nostre, pur documentate, osservazioni ai Pabe; non desta pertanto stupore se stiamo correndo verso la prossima alluvione col pilota automatico innestato: una responsabilità da far tremare i polsi. Ci auguriamo che il consiglio comunale, prendendo coscienza di questa drammatica situazione, voglia affrontarla con l’urgenza e la determinazione che essa richiede accogliendo questa richiesta di indizione delle assise e aprendo il dibattito agli interventi di associazioni e altre parti sociali».l