Bagno nel Frigido gelido per un «No» alla marmettola
Iniziativa ironica di protesta contro l’inquinamento dei bacini idrici È diventata una manifestazione tradizionale, il tuffo anche l’anno scorso
MASSA. Il bagno simbolico di protesta degli ambientalisti si fa tradizione. Nella speranza, giocosamente propagandistica, che un messaggio ripetuto tante volte finisca per convincere sempre più persone della sua bontà. Così il 2 gennaio, come l’anno scorso, cinque ambientalisti hanno deciso di sfidare le temperature in calo di questi giorni con un bagno invernale a difesa dello stato di salute del Frigido contro l’inquinamento da marmettola.
Nicola Cavazzuti, consigliere di Rifondazione comunista, è tra i cinque coraggiosi tuffatori che si sono messi in costume fuori stagione. «Oggi ha piovuto e come ormai è evidente – spiega –, quando arriva l’acqua puntuale la marmettola invade il fiume che diventa bianco latte. Uno spettacolo deprimente, che si ripete uguale e finora inarrestabile anno dopo anno».
Insieme a lui si sono buttati Alberto Grossi, Laura Ricci, Fabrizio Bertoneri, e Antonio Musetti. Impavidi si sono svestiti e ognuno con un paio di lettere in legno in mano si sono immersi nel fiume. Si sono schierati e hanno alzato la scritta polemica: «Lavano le alpi», accolti dagli applausi di quanti sono venuti a vedere e sostenere l’iniziativa.
Cavazzuti mostra gli argini del fiume accanto al luogo prescelto per il bagno, al Poggio Piastrone. Sono bianchi, con dei depositi accumulati in mesi. Sembra quasi schiumetta anche se avvicinandosi si capisce meglio che non lo è.
Il punto è che la marmettola lì non dovrebbe starci. Scende dalle cave ma è considerata un rifiuto, andrebbe stoccata e portata in discarica, trattata come un rifiuto speciale. «Così diventa una guerra impossibile – aggiunge Cavazzuti –mette a rischio l’intero ecosistema. Per capire basta poco, un giro al fiume in una giornata di pioggia. Sembra latte».
E gli effetti si pagano anche sull’acqua potabile. Per renderla tale infatti bisogna ricorrer a cinque livelli di depurazione, come avviene per esempio per la sorgente del Cartaro che porta l’acqua in città.
E infatti quel luogo è quello scelto dagli ambientalisti per un secondo bagno. Mentre le acque che l’impianto riceve dalle acque fuori dal bacino industriale necessitano di un passaggio soltanto depurativo, quelle che arrivano dalla zona marmifera ne necessitano quattro in più. Con immaginabili aggravi nei costi oltre alle devastanti conseguenze ambientali.