Il Tirreno

La procura blocca il porto

Claudio Figaia
foto Cuffaro
foto Cuffaro

L'operazione è scattata ieri mattina e fa seguito all'inchiesta che aveva al centro l'assegnazione delle concessioni delle banchine portuali e l’occupazione abusiva di porzioni dello scalo da parte della società

4 MINUTI DI LETTURA





MARINA DI CARRARA. Stanno li da vent’anni, le gigantesche gru Gottwald del porto, sono diventate parte integrante del paesaggio di Marina. Il problema è che sono abusive, sostiene la procura: occupano senza averne titolo aree demaniali pubbliche. Scatta così il sequestro del porto, un provvedimento clamoroso che di fatto paralizza quasi tutta l’attività dello scalo apuano. Ieri mattina, gli uomini della Capitaneria di porto di Marina di Carrara hanno messo i sigilli a tutti i mezzi della Porto di Carrara Spa, la società che fa capo all’armatore Enrico Bogazzi e che in regime di quasi monopolio – solo da un anno rotto dalla concessione a Grendi – gestisce la movimentaizone merci dello scalo apuano.

Nastri bianchi e rossi attorno alle nove Gottwald, cartelli di sequestro su 21 tra carrelli elevatori, benne, motrici: l’intero parco macchine della Porto Spa (ad esclusione dei mezzi che si trovano nel piazzale Città di Massa) è bloccato, il lavoro nello scalo di fatto paralizzato; 150 lavoratori, più svariate decine di operatori dell’indotto, fermi. Se domani arrivasse una nave, nessuno potrebbe scaricarla. E il prossimo ormeggio è previsto per lunedì. Il blitz è stato eseguito dalla Capitaneria in applicazione di un decreto di sequestro preventivo chiesto dal capo della Procura di Massa Aldo Giubilaro e convalidato dal Gip Alessandro Trinci. Ieri mattina decine di lavoratori della Compagnia Lavoratori Portuali, che è socia di minoranza della Porto Spa, hanno formato un presidio davanti alla sede della Capitaneria. «Siamo preoccupati per i nostri posti di lavoro, vogliono affossare il porto», dicono, mentre all’interno del palazzo di marmo con vista mare, il comandante della Capitaneria Marco Landi, il suo vice Alessandro Russo e lo stesso procuratore Aldo Giubilaro spiegano ragioni e obiettivi della clamorosa iniziativa giudiziaria. «Occupazione abusiva di suolo pubblico». Questo il reato ipotizzato dalla magistratura e che sta alla base del decreto di sequestro.

[[atex:gelocal:il-tirreno:massa:cronaca:1.14015520:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.iltirreno.it/image/contentid/policy:1.14015520:1652262347/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]

Il provvedimento scaturisce dalle indagini sulle concessioni abusive nel porto che vede coinvolti il presidente dell’Autorità Portuale Francesco Messineo, il segretario Nicola Del Nobile e Vittorio Maggiani, della Porto Spa (nei confronti dei quali si ipotizza il reato di abuso di ufficio). Indagini che avrebbero accertato che la Porto di Carrara Spa non avrebbe le autorizzazioni necessarie a lasciare lì i suoi mezzi e le sue maxi gru. Che pure sono lì da più di vent’anni, dal 1993-94, epoca del decreto Prandini che liberalizzò le banchine portuali e la Porto divenne l’operatore unico dello scalo di Marina. «Quei mezzi – dice chiaro il comandante Landi – non possono stare lì. La Porto di Carrara ha sì una autorizzazione a utilizzare le banchine per le operazioni di carico e scarico delle navi. E può stoccare le merci per un determinato periodo. Ma non ha la concessione per occupare quelle aree, che sono pubbliche, 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno». In altre parole: l’uso delle banchine è autorizzato e legittimo, il parcheggio dei mezzi, no: è un abuso, una cosa illegale. «E noi abbiamo il compito di ripristinare la legalità», aggiunge il procuratore Giubilaro. «Non vogliamo andare contro a un’attività economica importante come quella portuale, e non vogliamo certo danneggiare i lavoratori, ci rendiamo ben conto delle conseguenze di questo sequestro. Ma occorre rispettare la legge», dice Giubilaro.

La questione, come configurata dalle indagini della procura e della Capitanieria è così sintetizzabile: l’operatore, in questo caso la Porto di Carrara Spa, dovrebbe avere una concessione, ex articolo 18 del Codice della Navigazione per poter avere in uso esclusivo le banchine del porto che sono bene demaniale. Concessione che comporta il pagamento di un canone di circa 600mila euro annui (la cifra è fornita dal procuratore) all’Autorità portuale. Ebbene, secondo la procura, la Porto di Carrara non ha questa concessione. Opera, invece in un regime di autorizzazione, disciplinato dall’articolo 16 del Codice della Navigazione, che consente di utilizzare le banchine ma non in modo ininterrotto e continuativo”, bensì soltanto per le operazioni di imbarco-sbarcoi. E questa autorizzazione è rilasciata dietro pagamento di un canone molto inferiore: sui 15mila euro l’anno. Cosa dovrebbe fare, dunque, la Porto per mettersi in regola? Liberare, a ogni fine giornata di lavoro le banchine, portando i mezzi in un luogo autorizzato (che potrebbe essere il piazzale Città di Massa). Oppure ottenere la concessione, pagare il canone di 600mila euro e avere così il titolo per l’occupazione continuativa e ininterrotta delle aree portuali. Ma non è solo questo. Del caso si occuperà probabilmente anche la Corte dei Conti. «Partirà a breve una segnalazione alla magistratura contabile», è prassi, spiega Giubilaro. E l’eventuale indagine della Corte dei Conti potrebbe individuare un danno erariale nel’ipotizzato mancato pagamento delle concessioni, e chiedere quindi alla Porto di Carrara un risarcimento. Che potrebbe avere dimensioni extra: le cifre di cui si parla sono di 5-600mila euro l’anno da moltiplicare per 20 anni. Solo un’ipotesi, va detto, uno scenario possibile. Ma che già sta facendo tremare i polsi alla Porto di Carrara.

Primo piano
Trasporti

Incendi lungo la ferrovia Pisa-Empoli: treni bloccati e tecnici al lavoro tutta la notte – Quando si riparte

di Libero Red Dolce
Speciale animali