L'Accademia Belle arti di Carrara cresce ma mancano i soldi
Il presidente uscente Simone Caffaz traccia un bilancio delle cose fatte e dei problemi da risolvere
CARRARA. Il 9 maggio terminerà il mandato bis di Simone Caffaz alla guida dell'Accademia di Belle Arti di Carrara. Nominato per la prima volta dal Ministro Gelmini nel 2009 e confermato da Profumo nel 2012, la sua presidenza è stata la più lunga degli ultimi trent'anni. Abbiamo incontrato Simone Caffaz per fare il punto sulla più importante istituzione culturale della Provincia.
Com'è cambiata l'Accademia in questi sei anni?
«Sono considerevolmente aumentati gli iscritti, si sono internazionalizzati con un notevole afflusso dall'estremo Oriente, è stato ricostruito un legame con la storia e l'identità dell'istituzione attraverso il restauro della gipsoteca e di una parte rilevante del patrimonio artistico, è stato recuperato il rapporto con il territorio aprendo Palazzo del Principe alla città e contribuendo alle principali iniziative culturali».
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Partiamo dalle iscrizioni. Durante la crisi sono diminuite in tutte le istituzioni universitarie mentre a Carrara sono incrementate. Perché?
«Nel 2009 avevamo poco più di 500 studenti, oggi arriviamo a 800. Contrariamente alle università e ai conservatori, tutto il comparto delle Accademie è andato molto bene. Evidentemente i giovani hanno risposto alla crisi in modo intelligente, tornando al Made in Italy e alla scuola che meglio lo rappresenta e cioè l'Accademia. Nel comparto delle istituzioni artistiche post-secondarie la nostra performance è stata tra le migliori a livello nazionale: la media dell'incremento è del 20%, noi abbiamo superato il 40%. E se ci fossero un po' di risorse in più, avremmo ulteriori e significativi margini di miglioramento».
Lei nel corso degli anni si è lamentato di tagli sempre più rilevanti…
«Nel 2008 lo stato e gli enti locali ci trasferivano 600 mila euro, nel 2015 per la prima volta scenderemo sotto i 100 mila. E bisogna considerare il fatto che la nostra Accademia avendo la sua peculiarità nella scultura e nelle arti multimediali deve sostenere costi superiori rispetto alle altre. Giusto per far capire il concetto, i 100 mila euro ci servono quasi interamente per pagare i riscaldamenti».
Quindi come avete fatto a svilupparvi? Vi siete indebitati?
«Com’è doveroso abbiamo sempre chiuso il bilancio in pareggio. Abbiamo diminuito le spese anche con sacrifici personali (le indennità degli stessi organi di vertice sono state abbassate o eliminate), praticamente eliminato i costi di rappresentanza e dolorosamente rinunciato ad alcuni insegnamenti a contratto. Poi abbiamo stipulato una convenzione con il Comune di Carrara che praticamente ci permette di usufruire delle tre sedi succursali in modo gratuito. Infine abbiamo realizzato progetti che sono stati approvati dal ministero e ci hanno consentito di ricevere finanziamenti aggiuntivi per l'edilizia in questi anni per quasi un milione di euro».
Ciononostante l'agibilità di Palazzo del Principe rimane ridotta…
«Stiamo parlando di un palazzo la cui rocca risale addirittura all'anno mille, che quindi ha bisogno di una manutenzione continua e molto costosa. Abbiamo presentato al ministero un progetto per la messa a norma ma servirebbero dai 5 ai 6 milioni di euro e non ci sono. In questi anni abbiamo rifatto la facciata di lato via Verdi, le aule di scenografia, cambiato buona parte delle vetrate, recuperato, messo a norma e trasformato in spazio espositivo l'ex teatro anatomico. Adesso sono già finanziati e partiranno i lavori al tetto e sulla gronda di piazza Mazzini. Abbiamo fatto il possibile per salvaguardare il più prestigioso palazzo della città ma cose da fare ce ne sono ancora molte».
L'altro aspetto positivo degli ultimi anni è il recupero della parte più prestigiosa della gipsoteca e del patrimonio.
«Oltre 50 gessi restaurati ed esposti, tra cui la collezione di Antonio Canova, e poi le opere in marmo, l'altare dei carraresi illustri, i quadri, i libri e i documenti. La cosa più positiva, a mio giudizio, è che tutto questo è stato realizzato con risorse private. Innanzitutto della Fondazione della Cassa di Risparmio che ha creduto quanto noi in questo progetto e poi anche di alcuni imprenditori, piccoli e meno piccoli».
Non è andato bene invece il rapporto con Pietrasanta…
«L'idea di essere presenti anche in altri territori limitrofi non era sbagliata e la rivendico, lo fanno anche alcune istituzioni universitarie. Il problema principale è stata la scultura: da Pietrasanta c'erano pressioni per organizzare corsi di vario tipo in Versilia ma noi non potevamo e non volevamo delegare ad altri l'insegnamento anche parziale di una materia che invece è da sempre la mission principale dell'Accademia di Carrara. Detto questo, constato che da quando abbiamo deliberato il recesso dal Centro di Arti Visive, di scultura senza di noi non ne hanno fatta».
Nel 2009 i conflitti interni all'Accademia erano all'ordine del giorno, oggi il clima sembra un po' rasserenato…
«Io trovai allora e lascio oggi un ambiente sano e con importanti professionalità sia nei docenti che nel personale amministrativo. Ho apprezzato una grande dedizione anche tra i coadiutori. Voglio ringraziare i due direttori Lucilla Meloni e Marco Baudinelli e i vari direttori amministrativi che si sono succeduti, così come i componenti del consiglio di amministrazione. Ho trovato anche studenti molto bravi e su di loro racconto un episodio su tutti. Un anno fa siamo riusciti a finanziare grazie alla Provincia un'esperienza formativa di 15 giorni all'Accademia di Varsavia, una delle più prestigiose dell'est Europa. Alla fine i docenti polacchi hanno chiesto in pochi giorni di realizzare un'opera con materiali di scarto: foglie, rami e poco altro.
Ebbene, sono rimasti talmente ammirati dalle opere improvvisate dei nostri studenti che hanno voluto organizzare una mostra di un mese nel loro cortile. Lo ripeto: l'Accademia di Carrara è un'eccellenza internazionale. Quanto ai conflitti, la legge stabilisce che, a parte il presidente, tutte le altre cariche siano elettive ed è quindi normale che si crei una dialettica interna, fa parte del meccanismo democratico».
Quali problematiche dovrà affrontare il suo successore?
«Andranno rinnovate le convenzioni con il Comune per le tre sedi, tenendo conto che l'Accademia non è in grado non soltanto di pagare l'affitto ma neppure di garantire la straordinaria manutenzione. Bisognerà trovare un po' di risorse per far partire il quinquennio di restauro lapideo: qualche contatto c'è stato ma adesso andranno concretizzati. C'è poi l'esigenza di proseguire a finanziare e realizzare i lavori di messa a norma di Palazzo del Principe.
Tuttavia, io continuo ad avere un sogno ambizioso che non potrò realizzare personalmente: quella di dotare l'Accademia di un moderno campus universitario.
Per ottenere questo obiettivo, che necessariamente è di medio-lunga scadenza, è necessario che le istituzioni del territorio comincino a parlarne per individuare un'area adeguata, poi per adottare gli strumenti urbanistici necessari e infine per reperire le risorse. Però, se devo pensare all'Accademia del 2030, io la penso così…».