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Lucchese. Oltre all’entusiasmo e all’ottimismo serve chiarezza sul budget e sulle prospettive

di Luca Tronchetti
Il presidente Andrea Bulgarella si è incontrato martedì scorso a Milano con il tecnico Giorgio Gorgone per parlare del futuro
Il presidente Andrea Bulgarella si è incontrato martedì scorso a Milano con il tecnico Giorgio Gorgone per parlare del futuro

Senza l’innesto di cinque-sei elementi di categoria superiore e di personalità meglio tracciare un profilo basso e alzare l’asticella in base alle prestazioni

20 maggio 2024
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LUCCA. La Lucchese 2024-25 deve far tesoro dei tanti errori commessi e soprattutto, al di là dell’ottimismo del suo presidente-gentiluomo, non può presentarsi alla tifoseria promettendo un campionato di vertice se dal mercato non arriveranno almeno cinque-sei elementi di categoria superiore dalla forte personalità. Al di là della cifra spesa nella stagione appena andata in archivio e delle colpe da distribuire a questo o quel dirigente possiamo affermare senza mezzi termini che è stato un mezzo miracolo – in virtù della rosa a disposizione del tecnico Giorgio Gorgone, con attaccanti che non segnavano mai e calciatori dal temperamento non proprio spiccato – evitare nel corso delle 38 partite la zona playout intesa come quint’ultimo posto. Ed è bene rimarcare che, al di là delle Mura, nessun addetto ai lavori aveva pronosticato la Lucchese nelle prime otto-nove squadre di un girone, è bene ricordarlo, composto da corazzate (Cesena, Spal, Perugia, Pescara, Carrarese, Virtus Entella, Gubbio, Arezzo, Torres). I rossoneri al massimo avrebbero potuto aspirare alla decima piazza (è infatti la squadra ha lottato per quell’obiettivo sino a 180’ dalla fine) sgomitando con Rimini (che aveva punte come Morra e Lamesta) e Ancona. Se poi a questo elenco ci aggiungiamo la Juventus Next Gen ai quarti di finale dei playoff (negli ultimi anni ha sfornato giocatori per la A e la B) e il Pontedera (da 10 anni in Lega Pro senza mai disputare i playout, un modello da imitare) che hanno ottenuto l’accesso alla post season, ecco spiegato il valore dei competitor. Certo, è comprensibile che l’ingegner Andrea Bulgarella, dopo aver gettato al vento alcuni milioni di euro ottenendo il dodicesimo posto, abbia deciso di seguire in prima persona il mercato e di limitare al massimo le spese pescando, per quanto possibile, tra i giovani delle Primavera di A e B o direttamente dalla D. E affidandosi, oltre al tecnico Gorgone (piace alla Triestina) capace di parlar chiaro, per avere indicazioni utili a personaggi del calcio (consulenti) conosciuti nella sua lunga carriera sportiva con gli otto anni di presidenza del Trapani (1990-1998) e l’ultima esperienza, non davanti ai riflettori, nel Pisa. Nel frattempo il calcio è profondamente cambiato rispetto a 30 anni fa. L’avvento dei procuratori ha modificato i rapporti di forza ed è esercizio complesso pescare nella tonnara del calcio minore, giovani e meno giovani sconosciuti _ come furono nell’era Drepanum di Bulgarella _ Sciacca, De Sio, Sasa Tedesco, Vasari, Barraco, Campanella, Galeoto, Italiano e soprattutto un certo Marco Materazzi, scartato da tutti i club di serie A e preso dal Tor di Quinto (Promozione romana) per poi in A, in azzurro e diventare campione del mondo nel 2006. La composizione dei gironi è lontana a venire e, come ogni estate italiana che si rispetti, ci saranno le solite esclusioni, ricorsi, contro ricorsi, riammissioni e ripescaggi. È quindi possibile che nella prossima stagione il girone della Lucchese sia composto da un numero inferiore di formazioni altamente competitive. Ma, in ogni caso, ci saranno sempre le cinque-sei squadre top (con società consolidate da tempo dotate di strutture e settori giovanili all’avanguardia) con cui fare inevitabilmente i conti perché la geografia del calcio non è più quella degli anni belli e non basta e non serve chiamarsi Lucchese e avere giocato in A nel 1952 o in B nel 1999. Occorre strutturarsi bene. Servono anni, pazienza e con l’ausilio di “pontieri” capaci di parlare il solo linguaggio dello sport, il coinvolgimento graduale dell’imprenditoria locale (a Gubbio, 30mila abitanti, ci sono due cementifici che sostengono a livello economico, senza svenarsi, la squadra rossoblù). Altrimenti c’è il rischio concreto di andare incontro all’ennesima delusione. A oggi la rosa rossonera è composta da cinque-sei-sette calciatori (Coletta, Quirini, Sabbione, Visconti, Ravasio forse Guadagni e magari Antoni dal Tau) mentre anche chi gode di un biennale (De Maria, Magnaghi, Fedato, Russo, Tiritiello e Gucher) non è certo di restare. Di calciatori ce ne sono a migliaia a spasso. Ma sarà arduo, a meno che la proprietà non decida di investire ancora due-tre milioni di euro, ambire alla lotta al vertice o peggio alla B. In questi casi, e viste le scottature recenti, meglio presentarsi con un profilo basso per poi, durante il campionato alla stregua delle prestazioni, alzare l’asticella riportando al Porta Elisa quei tifosi che da anni, un po’ come gli italiani alle urne, disertano i gradoni dello stadio. Tenendo a mente l’insegnamento del gruppo Superal (Maestrelli e Grassi) che impiegò sei stagioni (due in C2 e quattro in C1) per raggiungere la serie B, che mancava da 27 anni, costruendo mattone su mattone (anche a livello giovanile) una casa robusta rimasta nove anni in cadetteria. Altrimenti quella società un saltino in A, senza rischiare conti in rosso, lo avrebbe fatto.
 

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