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Lucca

Mauro Valentini il doppio ex tifa per la Tuscia

Luca Tronchetti
Mauro Valentini il doppio ex tifa per la Tuscia

Due stagioni in B nella Lucchese, tre in C nella Viterbese «A Lucca anni stupendi, ma i gialloblù sono la mia casa»

23 ottobre 2021
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Luca Tronchetti

Due stagioni in serie B con la Lucchese, tre in serie C – una promozione dalla C2 alla C1, un’annata con la disputa dei playoff e la chiusura della carriera con una salvezza risicata – e il rammarico di un mancato trasferimento all’Inter quando Mauro Valentini, nato 57 anni fa, dal settore giovanile del Piano Scarano il paese di Leonardo Bonucci, finì agli Allievi del Cagliari per volontà del mitico massaggiatore dei sardi, Domenico Duri, viterbese di nascita e che da quella piccola società aveva portato in rossoblù anche il portiere Daniele Goletti. «Chissà , la mia carriera poteva cambiare completamente. Ma da Appiano Gentile potevano anche rimandarmi a casa perché troppo scarso. In fondo è andata bene così. Grazie al mitico Claudio Ranieri dalla C sono diventato un giocatore di serie A e mi sono tolto le mie soddisfazioni. Di certo non ho rimpianti» dice l’ex difensore centrale che aveva nel colpo di testa la sua specialità.

Riavvolgiamo il nastro: come arriva alla Lucchese?

«Dopo cinque stagioni avevo concluso il mio ciclo all’Atalanta. Così l’allora procuratore Bruno Carpegiani mi indirizzò verso una società seria e competitiva come la Lucchese accordandosi con un biennale con il diesse rossonero Pino Vitale che mi stimava molto. Accettai con entusiasmo perché la piazza era una garanzia e la città meravigliosa. Purtroppo le cose non sono andate come speravamo e sono state due stagioni un po’ sofferte in più ho saltato tre mesi per un infortunio che mi trascinavo da tempo al tendine d’Achille e così fui costretto a operarmi. Ricordo che nella prima stagione in panchina c’era Bolchi che venne sostituito nel finale da Salvemini mentre l’anno dopo, nonostante l’ottima partenza con mister De Canio, nel finale soffrimmo per rimanere in categoria».

Cosa ricorda della città e della tifoseria.

«Il luogo ideale per viverci con la famiglia. Sono rimasto in ottimi rapporti con la famiglia Corradi de “Il Guercio” dove andavamo sempre con la squadra e dove, quando passo da Lucca, mi fermo sempre. La tifoseria? Beh, diciamo che vista la situazione di classifica non mancarono i mugugni. Ma quando c’è stato bisogno di sostegno e incitamento la curva Ovest ci è sempre stata vicina, come del resto anche la gradinata e la tribuna, e ci ha dato una mano importante per raggiungere la salvezza. Mi ricordo anche l’unico gol che segnai con la maglia rossonera logicamente di testa contro il Foggia. Vincemmo 2-1. Della gente di Lucca c’è una cosa che mi colpì molto....»

Prego?

«Io prima di arrivare in Toscana non avevo mai giocato nemmeno una schedina. Lì scommettevano tutti: giovani e anziani. C’erano le file alle ricevitorie. E alla fine coinvolsero pure me. Mi ritrovai a comprare un giornale sui cavalli e a giocare ogni settimana la corsa tris».

Di quella Lucchese c’è ancora Bruno Russo.

«Il Gattuso della serie B. Un grande. Prima o poi lo faranno sindaco. Quando sono arrivato lui era già un’istituzione. Nello spogliatoio aveva un peso e un carisma straordinario. All’allenamento era il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via. Un carattere incredibile che ti spingeva a non mollare mai. Oltretutto era un bravissimo ragazzo. Quando arrivai la squadra era nuova di zecca e lui si mise subito a disposizione di tutti cercando di dare una mano in modo spassionato. Adesso fa il dirigente, ma a mio avviso avrebbe potuto anche fare l’allenatore perché ha conoscenze e sa come trattare con i calciatori. Ogni tanto ci sentiamo e ogni volta è una festa».

Viterbo è stata l’ultima tappa della sua carriera.

«Avevo 35 anni e volevo riavvicinarmi a casa. Sono stati tre anni importanti perché la Viterbese era stata acquistata da Luciano Gaucci, uno che non ci stava a perdere. Così, con Beruatto in panchina, ho conquistato l’ultima promozione e poi ho giocato due anni in C1 chiudendo a 37 anni per poi fare l’allenatore nella zona tra Eccellenza e Prima categoria (Corchiano, Piano Scarano, Canepina, Sorianese, Montefiascone, Virtus Bolsena). La tifoseria gialloblù? Non c’entra niente con quella rossonera. Lì il tifo si tramanda da padre in figlio e da nonno a nipote. Al Rocchi vanno sempre gli stessi che sono molto attaccati alla squadra. La C è l’habitat naturale della Viterbese mentre Lucca può aspirare legittimamente alla B».

Chi vince oggi?

«Sono sincero. Lavoro per la Viterbese (da 4-5 anni, con qualche pausa, allena l’under 16 della formazione della Tuscia) e mi auguro che i gialloblù facciano l’impresa e possano ripetere la vittoria interna con il Siena per respirare visto che siamo sott’acqua con l’ultimo posto in classifica. La Lucchese farà punti nelle prossime gare e auguro ai rossoneri di tornare presto a essere protagonisti».

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