Lucca, gamba amputata dopo l’incidente: l’assicurazione usa le sue foto sui social per negargli parte del risarcimento
Il giudice ha respinto la tesi della compagnia condannandola al pagamento di oltre un milione di euro
LUCCA. Uno rischia la vita in un incidente in moto. Ne esce vivo, ma il prezzo da pagare è l’amputazione di una gamba. Interventi, lunghe riabilitazioni, depressioni. Un calvario concluso con la protesi che gli consente di muoversi senza stampelle.
A 26 anni cerca di non abbandonare gli svaghi coltivati nella prima esistenza. E affida ai social quei momenti di felicità ritrovata che un tempo era la quotidianità. Ecco, quel voler dimostrare a se stesso e agli altri che la vita continua nonostante tutto, nella causa per il risarcimento del danno è diventato un elemento usato dall’assicurazione per ridurre l’entità del conto. Non è indispensabile ingaggiare un investigatore privato per pedinare la controparte che reclama un risarcimento. Tempi antichi da racconti amarcord.
Oggi per capire stile di vita e abitudini di una persona bastano i social. È una prassi in uso nelle ricerche di presunti tradimenti, ma che trova terreno fertile anche nel mondo delle assicurazioni. Un campo di battaglia legale dove, prima di firmare un assegno, i cavilli diventano clave e i dettagli vengono spacciati granitiche certezze. Con il futuro beneficiario della somma che si trasforma in un obiettivo da passare ai raggi X. E se uno ha rischiato di morire e si ritrova menomato a vita e prova a rinascere nonostante la disabilità, quella volontà di ripartire può essere usata per sminuire il valore dell’importo da risarcire.
È una storia che arriva dalla provincia di Lucca a dare forma agli strumenti utilizzati in una causa per danni. L’assicurazione aveva provato a ridurre l’importo da liquidare. Per farlo aveva prodotto agli atti una serie di foto, estrapolate dai social, in cui sosteneva che il sopravvissuto allo schianto non era poi così impedito nei movimenti.
Ognuno gioca la sua partita nelle aule di giustizia, ma nel caso finito sul tavolo del giudice del Tribunale di Lucca Antonio Mondini le argomentazioni della compagnia assicurativa non sono state accolte. La sentenza si è conclusa con la condanna dell’automobilista, rimasta contumace (già condannata nel penale per lesioni gravissime, ndr), e dell’assicurazione a risarcire con oltre un milione di euro l’allora 26enne, era l’agosto 2014, ferito in maniera seria in uno schianto in moto contro un’auto avvenuto a Castelnuovo Garfagnana mentre tornava a casa dopo il lavoro. Dall’importo vanno detratti i soldi versati in corso di causa dall’Inail e dalla compagnia (rispettivamente 345.344 euro e 216.000 euro). Resta un residuo che supera il mezzo milione di euro.
Era un pomeriggio di metà agosto di undici anni fa quando il giovane meccanico finì su un’auto condotta da una donna, proveniente dalla direzione opposta, impegnata a svoltare a sinistra, ma senza dare la precedenza al motociclista. Tra le gravi lesioni provocate dall’impatto, quella dell’amputazione dell’arto sinistro fu la più invasiva. E che segnò il futuro del giovane finito in depressione e costretto a reinventarsi in tutto. Difficile tornare al lavoro in officina e stop alle passioni sportive coltivate nel tempo libero, dal basket al calcio agli allenamenti in palestra. Dopo l’intervento all’ospedale di Cisanello a Pisa, il meccanico trascorse un periodo in un centro per la riabilitazione da cui uscì con una protesi e l’obbligo di convivere con il nuovo arto artificiale.
Per l’assicurazione il centauro non era stato prudente in sella alla moto (contestata la velocità, ndr) e sotto il profilo del danno da risarcire in aula ha ribadito che «mediante l’uso della protesi applicata all’arto, aveva riacquistato la capacità di deambulazione autonoma anche su terreni sconnessi come dimostrato dalle immagini dei profili social riprodotti nella comparsa di costituzione», si legge nella sentenza. Una rappresentazione dei fatti che non ha fatto breccia in Tribunale.
La responsabilità del sinistro è stata accertata in toto, sulla base della relazione della polizia stradale di Bagni di Lucca, a carico della conducente per la sua svolta scellerata. Niente concorso di colpa, dunque.
Sul punto dell’invalidità al 50 per cento, l’assicurazione la riteneva eccessiva e illogica nelle valutazioni: «A fronte del fatto che l’attore (il giovane, ndr) ha riacquistato la capacità di deambulare e perfino di svolgere attività fisica».
Quell’avverbio perfino per il Tribunale non riduce il risarcimento. Non è una colpa reagire alla disabilità.
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