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L'inchiesta

In manette per estorsione il “mediatore” della Lucchese - Chi è e le accuse

di Redazione Lucca

	Uno striscione della Curva Ovest in cui si contestava Vitaglione e la conferenza della nuova società che rilevò il club dalla galassia del Gruppo Bulgarella alla quale Vitaglione non partecipò
Uno striscione della Curva Ovest in cui si contestava Vitaglione e la conferenza della nuova società che rilevò il club dalla galassia del Gruppo Bulgarella alla quale Vitaglione non partecipò

Ritenuto contiguo al clan D’Alessandro, acquisì il club a gennaio dall’allora proprietà. Per la Dda di Salerno è responsabile di aver taglieggiato due persone

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LUCCA. Per un mese – dal 16 gennaio al 14 febbraio – la Lucchese 1905 ha avuto come deus ex machina un esponente contiguo al clan camorristico D’Alessandro operante a Castellammare di Stabia e in quel frangente – senza il monitoraggio continuo e costante di polizia e guardia di finanza – la città ha corso il serio rischio di infiltrazioni malavitose che avrebbero sconvolto il sistema economico provinciale. In un’operazione della Dda di Salerno legata a estorsioni con prestiti usurari ai danni di due imprenditori del distretto conciario di Montoro e Solofra in Irpinia è finito in manette Giuseppe Vitaglione, 40 anni, detto “Peppe e Castellammare” o “Peppone”, il mediatore dell’operazione “Sanbabila srl” che per primo si era interfacciato con l’allora amministratore delegato Salvatore Ray Lo Faso per proporgli sic e simpliciter l’acquisto della Lucchese 1905 senza che vi fosse stata un’approfondita “due diligence” (indica l'attività di investigazione e di approfondimento di dati e di informazioni relative all'oggetto di una trattativa). Vitaglione, grande assente alla conferenza stampa al Porta Elisa della nuova compagine societaria che aveva rilevato le quote all’interno del club di società della galassia del Gruppo Bulgarella, e da successivo comunicato all’epoca inviato all’ufficio comunicazione rossonero venne nominato responsabile dell’area organizzativa e gestionale della Lucchese.

Il caso Pivetti

Giuseppe Vitaglione – che Il Tirreno, senza mai essere smentito (solo l’allora dg, un avvocato romano, sostenne senza troppa convinzione che si trattava di un’omonimia) aveva indicato come soggetto indagato nell’inchiesta sull’affare delle mascherine che portò alla condanna in primo grado dell’ex presidente della Camera, Irene Pivetti – si presentò negli spogliatoi per parlare con i giocatori e lo staff tecnico con un atteggiamento sfrontato e tipico di un certo modo di essere ben rappresentato dalle commedie di Eduardo De Filippo. A pochi giorni dal suo arrivo venne nominato responsabile dell’area organizzativa e gestionale della Lucchese. Fu lui a condurre direttamente alla cessione del calciatore Ettore Quirini (logicamente era ignaro di tutto e che non c’entra nulla), il pezzo pregiato della squadra, al Milan Futuro in cambio di 50mila euro (25 dei quali sarebbero dovuti andare alla Fiorentina che aveva valorizzato il giocatore). Denaro che non siamo affatto convinti sia finito nelle già esangui casse sociali. Ma per questa vicenda e per i risvolti di quel periodo terribile (non solo per la squadra di calcio cittadina) presto ne sapremo di più a conclusione dell’inchiesta aperta da quasi un anno dalle fiamme gialle. Il 14 febbraio con un annuncio a sorpresa Vitaglione lasciò la Lucchese e iniziarono le vendite del club alla modica cifra di un euro. Nel giugno scorso il suo nome è ricomparso al Rimini Calcio (formazione penalizzata di 12 punti e prossima al crac) e con lui altri personaggi che si erano visti a Lucca.

Le accuse della Dda

Vitaglione – fermato assieme ad altre 15 persone tutte vicine a clan camorristici tra cui un parente stretto del calciatore De Luca (tesserato prima dalla Lucchese e adesso dal Rimini) – è accusato di essere stato partecipe di un patto tra tre clan legato al racket delle estorsioni. E da un’intercettazione emerge che c’erano contatti anche con pericolosi gruppi calabresi di Milano. 


 

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