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Lucca, visite a nome di altri colleghi: medico finisce sotto processo. Chi è e le accuse

di Pietro Barghigiani

	Per l’accusa l’imputato firmava i certificati con i nomi e i timbri di altri colleghi
Per l’accusa l’imputato firmava i certificati con i nomi e i timbri di altri colleghi

Firmava idoneità al lavoro senza avere quella specializzazione

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LUCCA. Lui è un medico, ma non è specializzato in medicina di lavoro. Sembra un dettaglio banale. Sbagliato. Il sottile discrimine tra una laurea in medicina e una specializzazione rischia di diventare materia processuale. Di sicuro lo è diventato nel momento in cui il protagonista della storia avrebbe deciso di colmare la lacuna, secondo l’accusa, visitando i pazienti e firmando l’idoneità all’attività lavorativa, con il nome di altri colleghi, loro sì autorizzati a valutare l’abilità alle mansioni dei lavoratori.
Accusato di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, sostituzione di persona ed esercizio abusivo di una professione, quella di medico del lavoro, il dottor Angelo Cermi, 54 anni, residente in Campania, è stato rinviato a giudizio.

Le accuse

Sono almeno cinque gli episodi per i quali il medico deve difendersi dall’accusa di aver usato su atti ufficiali i nomi di colleghi al momento di firmare l’idoneità al lavoro delle persone che venivano inviato nel suo studio da diverse ditte. Si va dal giugno 2019 al marzo 2021. Le contestazioni sono quelle di aver formato un falso certificato di idoneità sanitaria al lavoro per cinque lavoratrici, inconsapevoli di essere visitate da chi non aveva titolo per decidere sulla loro attività da dipendenti nei rispetti luoghi di lavoro.

L’attività “illegale”

La storia è ambientata a Lucca perché nel periodo in esame l’imputato riceveva le persone in un ambulatorio cittadino. All’epoca era amministratore unico della Qualimed Srl. Alla società si erano rivolte aziende private le quali chiedevano di verificare l’esistenza dei requisiti per ottenere o mantenere l’idoneità al lavoro del personale sottoposto a visita. Un’attività che aveva un costo sostenuto dalle ditte a favore del medico che rilasciava i certificati.

I colleghi “sostituiti”

Conclusa la visita, stando alla Procura, il dottor Cermi firmava il certificato e utilizzava pure il timbro con il nome del collega al quale si era momentaneamente sostituito. Il lavoratore, ignaro dello scambio di identità, era all’oscuro di tutto. Così come il datore di lavoro pensava di aver ottemperato a un obbligo di legge.

La denuncia

Quelli che di fatto erano falsi certificati di idoneità sanitaria alla fine sono usciti fuori per quello che erano: pezzi di carta privi di valore legale. Di qui la denuncia delle aziende, parti offese nella vicenda, per un danno subìto che le ha costrette a sottoporre di nuovo i lavoratori a visite regolari, sborsando altri soldi. Nell’elenco dei reati che lo hanno portato a processo, l’imputato dovrà spiegare anche il possesso dei timbri dei due colleghi di cui ha assunto l’identità al momento delle visite spacciandosi per uno specialista che, in realtà, non era. E così è scattato anche il reato di esercizio abusivo della professione di medico del lavoro.

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