Schiacciate dal tetto volato via: condannati Comune e Ministero. Il caso in provincia di Lucca
Nel 2015 la copertura di una palestra colpì una maestra e una bidella: stavano entrando a scuola, rimasero ferite in maniera seria
PONTE A MORIANO. Quel tetto malandato e mai messo in sicurezza fu l’unico a volare via come una foglia, spinto dalla furia di un vento che quella mattina di marzo di dieci anni fa raggiunse anche i 167 km/h. Una giornata campale per le avversità meteo nella quale ci scappò pure il morto, un 41enne colpito da un masso mentre viaggiava in auto sulla Lodovica.
In uno scenario di devastazione da brividi, un’insegnante della primaria e una collaboratrice scolastica del plesso del complesso di Ponte a Moriano, rischiarono la vita. Erano le 7, 30 e stavano entrando a scuola quando furono schiacciate da una porzione della copertura della palestra, prima sollevata dalle raffiche di vento e poi caduta in picchiata al suolo. Maestra e bidella rimasero ferite in maniera seria.
Passato lo spavento per aver evitato destini irreversibili, le due dipendenti fecero causa a Comune e ministero dell’Istruzione e del merito. Il Tribunale di Lucca respinse la loro richiesta. In appello la storia ha preso un’altra piega. I giudici di secondo grado hanno riconosciuto il diritto al risarcimento per le due 69enni, entrambe pensionate, residenti tra Antraccoli e Saltocchio, rappresentate dagli avvocati Sara Bartoli e Gianluca Esposito.
Un conto di 179mila euro (95mila la maestra, 84mila la collaboratrice scolastica) che la Corte d’Appello ha ridotto, decurtando quello che l’Inail ha versato e accantonato per le due assistite. Alla fine gli importi sono di circa 55mila per l’insegnante e 37mila per l’ex bidella (al netto degli interessi) . Il tetto in volo come un aquilone con il suo carico di pericolo non si staccò per l’intensità imprevedibile del vento come aveva sostenuto il Comune. Quella mattina del 5 marzo 2015 nel circondario le coperture rimasero al loro posto. A pesare sul giudizio di appello sono stati i documenti sulle condizioni del tetto e la testimonianza del responsabile della sicurezza. A sostegno della tesi anche le segnalazioni del dirigente scolastico al Comune «con le quali si rappresentavano le condizioni della palestra, inadatte alla funzione». Lamiere sollevate, facili bersagli di folate di vento neanche violente. Il 10 aprile 2010 il dirigente scrive al Comune: «Si sta staccando un pezzo di lamiera dal tetto della palestra». E a corredo la relazione tecnica dell’ingegnere in cui espone che «il solaio della palestra presenta un’area grande con presenza di muffa in seguito a infiltrazione di acqua dalla copertura». Aggiungendo di aver chiesto la «documentazione degli edifici con riferimento alla idoneità statica, collaudo e agibilità dell’immobile. Il Comune non ha mai mandato alla scuola la documentazione da me richiesta».
Tra testimonianze e atti formali, la Corte d’Appello è arrivata alla conclusione che la rottura del tetto franato sulle due dipendenti, lasciandole incastrate fino all’arrivo dei soccorritori «non è avvenuto per caso fortuito ma a causa di una colpevole mancanza di interventi e di manutenzione più volte richiesti. Il distacco del tetto della palestra, quel giorno, non può essere imputato ad “un accadimento naturale dotato di un elevato grado di improbabilità, accidentalità o anormalità da poter essere parificato, in pratica, ad un fatto imprevedibile”. Se così fosse tale accadimento avrebbe divelto altri tetti e causato danni anche a strutture solide e ben costruite». Saltò solo il tetto che danni la scuola chiedeva al Comune di sistemare.
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