Calcio
Lucca, invalida dopo l’intervento: condannati medico e clinica
Dovranno risarcire una commerciante 47enne con 230mila euro
LUCCA. Aveva un problema alla schiena e dopo un consulto con uno specialista le venne consigliato di operarsi. Il primo intervento non andò benissimo. Il secondo non migliorò la situazione. Fin dalle dimissioni dalla struttura sanitaria non riusciva a muovere la gamba sinistra. La frattura non vista di una vertebra durante la prima operazione condannò la donna, allora 38enne commerciante pistoiese, alla sedia a rotelle e a perdere la sua autonomia, dalla vita privata al lavoro. Una mutilazione permanente di quello che era il suo modo di stare al mondo.
Per la negligenza accertata da un collegio peritale, il Tribunale di Lucca ha condannato il medico, residente a San Giuliano Terme, e la casa di cura Santa Zita a Lucca, il centro in cui fu eseguito intervento in regime di convenzione, a risarcire la commerciante con oltre 230mila euro (spese legali comprese). Un danno anche morale come sottolinea il giudice nella sentenza considerando le lesioni estetiche dovute alle operazioni e gli effetti sulla sfera intima e sessuale che da allora sono stati annullati. Non solo. L’abitazione è stata riadattata alle esigenze di una persona totalmente invalida. E anche l’auto ha subìto modifiche per permettere alla commerciante di muoversi. In più ha necessità di un’assistenza continua e ha dovuto assumere una domestica.
La donna ha una pensione di invalidità e un assegno di accompagnamento versati dall’Inps proprio per le lesioni permanenti dovute all’operazione alla schiena. L’istituto ha anche avviato le procedure per recuperare da chirurgo e casa di cura i soldi che liquida ogni mese all’assistita. Un altro fronte aperto sempre per il danno in sala operatoria da cui la paziente uscì da inconsapevole invalida per sempre.
Ha una data il momento in cui la vita della donna subisce uno scarto senza ritorno. È 17 marzo 2016. Al netto dei tecnicismi scientifici quello che affronta sotto i ferri è un intervento chirurgico alla schiena di artrodesi L4, L5, S1 e cage intersomatica tra L4 ed L5 (zona lombare). «Dottore, non sento la gamba sinistra» aveva detto al medico appena finito l’intervento. «È solo problema passeggero» era stata la risposta. La realtà è quella gamba non è più tornata a funzionare. E anche il secondo intervento del 13 aprile, effettuato dallo stesso chirurgo, non risolse il guaio del primo approccio.
Le consulenze mediche declinano il caso verso una responsabilità in solido del chirurgo e della struttura la cui assicurazione pagherà anche per il medico. Scrivono gli specialisti nominati dal Tribunale che è stata accertata «la sussistenza di una inadeguata condotta tecnica nell’esecuzione dell’intervento chirurgico eseguito il 17 marzo 2016 in rapporto alla medializzazione della vite peduncolare di L4 (una delle vertebre lombari, ndr) a sx con conseguente frattura del peduncolo». Di qui la considerazione finale del Tribunale che fa proprio l’esito della consulenza da cui «risulta l’evidenza documentale di un’inadeguata condotta del medico che non ha correttamente praticato l’intervento, determinando una lesione diretta della radice di L4 da mal posizionamento della vite transpeduncolare sul peduncolo di sinistra e così causando conseguenze dannose». Un errore che ha stravolto a 38 anni e fino alla fine dei suoi giorni la vita della commerciante pistoiese. l
© RIPRODUZIONE RISERVATA