Capannori, pedone travolto e ucciso da un’auto: convivente risarcita
Il Tribunale ha stabilito il diritto della compagna a ottenere 108 mila euro
CAPANNORI. Uno schianto fatale tra auto e pedone. Lui, 34enne, morì dopo otto giorni di agonia all’ospedale di Cisanello. L’automobilista ha patteggiato per omicidio stradale e ora arriva anche la sentenza a livello civile. Conducente e assicurazione in solido sono stati condannati a risarcire la compagna dell’artigiano investito il 28 marzo 2019 nel Capannorese e deceduto il 5 aprile per le lesioni riportate nell’impatto con il veicolo mentre stava attraversando la strada. Il Tribunale di Lucca ha riconosciuto il diritto della convivente “more uxorio” a ricevere il risarcimento di 108mila euro (esclusi gli interessi legali da calcolare a partire dal 2019) , un importo ridotto del 40 per cento rispetto ai 180mila iniziali a causa di un concorso di colpa individuato a carico della vittima, secondo quanto sottolineato dai legali di automobilista e compagnia assicuratrice.
L’investitore disse alla polizia municipale di «non essersi accorto della presenza del pedone, sull’altro lato della strada e in fase di attraversamento della strada secondaria e che se ne avvide solo dopo aver sentito il rumore dell’urto che lo investì, davanti a sé. La luce del sole può costituire un’attenuante ma non un’esimente della responsabilità. L’investitore ha poi ottenuto il patteggiamento in sede penale, ciò che offre ulteriore elemento della colpa del medesimo» si legge nella sentenza.
Quanto alla vittima «l’attraversamento del pedone in assenza delle strisce senza la concessione della precedenza ai conducenti costituisce la violazione al codice stradale e, lungi dall’azzerare la violazione del pedone, si pone in termini di compatibilità con quella precedente, sì da rendere configurabile il concorso delle due colpe».
Nel freddo conteggio imposto dalla legge in tema di “monetizzazione” del danno in caso di decessi, hanno inciso tempi e profondità dei rapporti tra i due conviventi. Sono stati considerati vari aspetti come «la relazione fosse iniziata (solo) tre anni prima del tragico evento; la convivenza fosse iniziata (solo) 16 mesi prima del medesimo; la residenza anagrafica è rimasta quella precedente all’inizio della convivenza, senza che sia stata dedotta la ragione specifica di ciò; l’indicazione, perdurante in costanza di convivenza, contenuta in un agendina (in atti) tenuta dalla compagna di tutta una serie di spese relative al “ménage” economico della coppia, con attribuzione di importi all’uno o all’altra, con segnalazione dei “saldi” dovuti reciprocamente e l’assenza di un conto corrente cointestato, non vanno nella direzione della esistenza di un rapporto inequivocamente consolidato quanto a stabilità, durata, spirito solidaristico e impegni di assistenza morale e materiale reciproca». E alla fine le «prove orali danno conto di circostanze rilevanti a configurare la legittimazione attiva ma nulla apportano in termini di intensità e solidarietà morale ed economica del legame sentimentale».
© RIPRODUZIONE RISERVATA