Livorno, migranti morti in porto: si spera nell'esito del test del Dna
Un uomo di nazionalità tunisina, che potrebbe essere lo zio di uno due profughi ritrovati cadaveri, è in città per l’esame
LIVORNO. I loro corpi sono irriconoscibili. E colui che crede di essere lo zio di uno di loro, arrivato dal Belgio proprio per sapere se la vittima sia suo nipote, spera nell’esito di un test del Dna. È un dramma quello che si sta consumando in queste ore in città, con il familiare di uno dei ragazzi tunisini morti dopo essersi tuffati dalla “Stena Shipper” per evitare il rimpatrio in attesa di sapere se sia veramente suo nipote uno dei due profughi deceduti.
È arrivato da qualche giorno in Toscana, dopo aver contattato l’avvocata Erika Vivaldi, che si occupa molto spesso di rifugiati. Non parla italiano, comunicare per lui è difficile. È purtroppo convinto che la vittima sia suo nipote da svariati elementi: sa che il ragazzo è partito con un amico, mercoledì 29 ottobre, dal porto tunisino di Radès su un mercantile alla volta di Livorno e dal giorno successivo, quello del tragico tuffo in mare, non ha più sue notizie.
Ha contattato anche il consolato tunisino, ma poiché ogni riconoscimento è impossibile per dare un’identità al giovane, all’incirca 20 anni, si potrà procedere solamente con il test Dna. L’obiettivo: dare una degna sepoltura al giovane. E la speranza che anche l’amico venga identificato e la salma rimpatriata. Lo zio è rimasto a Livorno in attesa di avere ulteriori notizie. E, nel caso si appurasse le reale identità del nipote, sarà pronto ad avviare le pratiche per il rimpatrio della salma.
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