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Addio a Stefano Trumpy, ingegnere livornese che fu tra i padri italiani di internet


	Stefano Trumpy
Stefano Trumpy

Una vita tra Cnr, agenzie spaziali e Nasa, mise la firma sul satellite Sirio

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LIVORNO. Mercoledì primo ottobre è mancato Stefano Trumpy, classe 1945, livornese che ha contribuito in modo determinante a portare Internet nel nostro Paese, in un’epoca in cui la parola “rete” era ancora lontana dall’essere parte del linguaggio quotidiano.

Stefano, nato ad Arsiè, comune in provincia di Belluno affacciato sul lago del Corlo, in un momento terribile del periodo finale della seconda guerra mondiale, di famiglia di origini norvegesi trapiantata a Livorno, si laureò in Ingegneria meccanica presso l’Università di Pisa.

Trascorse gran parte della sua carriera al Cnr, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, in particolare presso il Cnuce, una delle prime istituzioni scientifiche italiane nel campo dell’informatica, di cui è stato direttore per 13 anni, dal 1983 al 1996.

Uno dei primi grandi progetti a cui contribuì fu Sirio, il primo satellite italiano per telecomunicazioni, lanciato nel 1977. Coordinato dal Cnr con la collaborazione dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, e dell’Asi, l’Agenzia spaziale italiana, Sirio rappresentò per l’Italia una svolta tecnologica: un banco di prova per la sperimentazione della trasmissione dati via satellite.

Stefano passò due anni alla Nasa Goddard Space Flight Center presso Washington DC e fu tra i protagonisti delle sperimentazioni scientifiche a terra, lavorando alla progettazione e alla verifica delle prestazioni delle comunicazioni satellitari, che anticipavano molte delle tecnologie su cui si sarebbe poi basata Internet.

Così raccontava quella esperienza: «Avevo le dita fredde come ghiaccio quando ho dato il comando di accendere il motore di apogeo… quella è stata l’emozione più grande».

Grazie a Sirio, l’Italia acquisì competenze avanzate nelle comunicazioni digitali e pose le basi per le successive evoluzioni verso le reti di calcolatori e il networking globale.

Dalla ricerca spaziale Stefano passò poi alla rete delle reti, diventando una figura centrale nell’ingresso dell’Italia in Internet. Il 30 aprile 1986, l’Italia si collegava infatti ufficialmente ad Arpanet, l’antenata dell’attuale Internet. Il collegamento partì da Pisa, dal Cnuce, verso la Bbn (Bolt, Beranek and Newman) in California, attraverso la rete satellitare Satnet. Quel giorno, l’Italia divenne il quarto Paese in Europa a connettersi a Internet, dopo Norvegia, Regno Unito e Germania.

Accanto a Stefano Trumpy lavorarono altri protagonisti di quel primo collegamento storico, tra cui Antonio Blasco Bonito – che materialmente configurò e inviò il primo pacchetto IP da Pisa agli Stati Uniti e Luciano Lenzini – docente universitario e figura di riferimento nel collegamento tra ricerca accademica e infrastruttura. Così ricordava Stefano: «Quando a Pisa stabilimmo il primo collegamento, sapevamo di non collegare solo computer, ma persone, idee, culture». Fu un grande lavoro di squadra e una rivoluzione scientifica.

Successivamente Stefano Trumpy fu il primo direttore del registro dei domini “.it” e grazie alla sua competenza tecnica e alla sua visione internazionale, seppe costruire ponti tra il mondo della ricerca e quello della diplomazia digitale. Per anni ha rappresentato l’Italia presso l’Internet Society (Isoc) e l’Icann, portando la voce italiana nei tavoli decisionali dove si scriveva il futuro del web globale e svolse una intensa attività internazionale nelle comunità e nelle organizzazioni che aiutarono internet a nascere, a funzionare e a svilupparsi.

Nel 2009 fu nominato rappresentante del governo italiano per la Governance di Internet presso le Nazioni Unite, conferma della stima e del rispetto che godeva a livello internazionale. Sempre in quell’ambito, si è battuto per una rete aperta, inclusiva e orientata al bene comune, promuovendo la partecipazione attiva dell’Italia ai processi globali della governance di Internet. Ha lavorato anche per la sua città svolgendo il ruolo di Digital Champion presso il Comune di Livorno negli anni 2015-16.

“Oggi usiamo Internet in ogni gesto della nostra vita. Se l’Italia è parte integrante di questo mondo, lo dobbiamo anche a chi — come Stefano — ha creduto in questa rivoluzione quando era ancora tutta da costruire”, sottolineano con orgoglio i figli Valeria e Giorgio e il fratello Giovanni.

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