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L'intervista

Livorno, retata anti-droga. Il prefetto: «La "zona rossa" contribuirà alla sicurezza»

di Stefano Taglione
Il prefetto di Livorno, Giancarlo Dionisi
Il prefetto di Livorno, Giancarlo Dionisi

Giancarlo Dionisi, che si congratula con i carabinieri, parla dopo l'operazione contro lo spaccio di stupefacenti: «Così chi è pericoloso resterà lontano»

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LIVORNO. «Questo risultato è frutto di una forte e incisiva azione sinergica di controllo del territorio e qui si inserisce l’istituzione delle cosiddette “zone rosse”, previste dalle direttive del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. È profondamente sbagliato pensare a una militarizzazione dei quartieri: sarebbe un pregiudizio frutto di una conoscenza approssimativa di questo strumento. Le “zone rosse” non sono aree blindate come in occasione dei grandi eventi internazionali, ma zone urbane ad alta sorveglianza, con restrizioni selettive di accesso mirate esclusivamente ai soggetti pericolosi o molesti. Uno strumento che rafforza l’azione preventiva e di contrasto alla microcriminalità, nel rispetto dei diritti e delle fragilità sociali».

A parlare, dopo la maxi-operazione anti-droga dei carabinieri che ha portato all’arresto di nove fra uomini e donne e all’iscrizione nel registro degli indagati di 53 persone, è il prefetto Giancarlo Dionisi. Il responsabile del Palazzo del Governo livornese a metà agosto ha annunciato l’istituzione della “zona rossa” – l’area urbana per vietare l’accesso alle persone pericolose con precedenti penali – proprio in piazza Garibaldi. «Esprimo grande soddisfazione – prosegue – per la brillante operazione condotta dall’Arma dei carabinieri, che ha portato all’arresto di persone responsabili di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Un’azione investigativa e operativa che testimonia ancora una volta la capacità, la professionalità e la dedizione delle nostre forze dell’ordine. Un ringraziamento particolare va al procuratore di Livorno e alla magistratura livornese, per il costante sostegno e l’attenta attività di coordinamento, e a tutte le forze di polizia che, ognuna con le proprie competenze, concorrono quotidianamente a garantire sicurezza e legalità sul territorio».

Prefetto, proprio in piazza Garibaldi dalla fine dell’anno scorso sono state da lei predisposte molte operazioni “ad alto impatto”, che avevano già portato a denunce, sequestri e arresti grazie a un importante dispiegamento di forze dell’ordine.

«Da ottobre ad oggi sono state realizzate oltre 60 operazioni “ad alto impatto”, con numerosi arresti e con altrettanto significative espulsioni disposte dalla questura. Tutto ciò dimostra che non si intende sottovalutare la questione, ma affrontarla con impegno, determinazione e serietà professionale. È la dimostrazione che non servono presidi militari per ottenere risultati: serve un controllo coordinato, dinamico ed efficace, fondato sulla conoscenza del territorio e delle persone che lo abitano. A seguito di questi arresti, peraltro, la questura sta curando i provvedimenti di espulsione, a conferma della ferma volontà dello Stato di allontanare dal nostro tessuto sociale chi delinque e mina la serenità delle nostre comunità».

Continueranno le pattuglie a piedi da lei disposte a partire dalla fine dell’anno scorso?

«Esatto, perché questa conoscenza si realizza anche attraverso le pattuglie appiedate, con poliziotti e carabinieri che camminano tra la gente, nei quartieri, nei negozi, entrando in contatto diretto con la realtà quotidiana e cogliendo in modo più profondo le problematiche della città. È questo il vero presidio: un controllo approfondito, conoscitivo, integrato delle realtà cittadine».

L’operazione dei carabinieri coincide con le polemiche di alcune forze politiche di minoranza sulla gestione dell’ordine pubblico in piazza Garibaldi.

«La prefettura non minimizza alcun problema, tanto meno quello della sicurezza. Le istituzioni hanno il dovere di attenuare le polemiche, non di minimizzarle: questo serve a evitare l’esasperazione degli animi e le possibili tensioni sociali, e al tempo stesso a garantire che le forze dell’ordine possano lavorare in tranquillità, senza pressioni inutili. Le forze di polizia, a cui associo la polizia locale e che ringrazio per l’impegno quotidiano, sono professionalmente preparate, sanno quello che devono fare e hanno bisogno non di clamori mediatici, ma di una collaborazione seria e costruttiva da parte delle altre istituzioni e del sostegno della comunità. Rivolgo dunque un ringraziamento sentito non solo come prefetto, ma anche come cittadino: credo che questo ringraziamento debba venire da tutti, perché la sicurezza è un bene comune e una responsabilità condivisa».

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