Livorno nell'olimpo: l’oro di Pietro Torre, l’Enriques e quella medaglia per il nonno
Il nuovo campione del mondo di sciabola a squadre è rientrato dalla Georgia «Fendevo colpi alla Wii coi miei fratelli e i miei genitori mi portarono al Fides»
LIVORNO Ventitré anni compiuti a maggio, la scherma conosciuta quasi per caso grazie all’intuizione dei due fratelli maggiori, che notano la sua propensione nel fendere colpi durante un normale pomeriggio di gioco davanti alla Nintendo Wii. I genitori decidono di accompagnarlo al Fides, «trampolino di lancio verso traguardi impossibili per loro solamente da immaginare» come dice la pagina biografica a lui dedicata in occasione di Parigi 2024.
È Pietro Torre, il ragazzone della sciabola con i suoi 193 centimetri, la voce a tratti che sembra quella di Aldo Montano. Quello che da bimbetto lui vedeva come un idolo, un punto di riferimento, ma che poi ha conosciuto più da vicino diventandone suo amico, «riscontrando una bella persona». Quello che gli ha mandato un messaggio poco dopo la vittoria dell’altro ieri facendogli i complimenti più sinceri. Perché questo atleta nato in casa Fides ed ora alle Fiamme Oro, condivide due cose con l’ex medaglia d’oro delle Olimpiadi di Atene ed ora affermato imprenditore: entrambi sono livornesi, entrambi possono fregiarsi del titolo di campioni del mondo a squadre in un’arma che di gioie massime agli azzurri ne ha date poche.
Tre volte sul gradino più alto del podio negli ultimi trent’anni (1995, 2005, 2025). Occasioni limitate, pensando che la competizione si recita ogni stagione; ma quando è successo, quasi sempre, con un labronico nel mezzo. Aldo vinse a Mosca, Pietro a Tiblisi, capitale della Georgia, ex repubblica socialista sovietica.
Scherma per caso
Sorride, quando gli si rammenta dove tutto ebbe inizio a sette-otto anni di età, davanti al video gioco e Tommaso e Lorenzo, i fratelli, ebbero l’intuizione, raccolta da babbo Pasquale e mamma Ilaria. La scherma scoperta quasi per caso quindi, all’epoca, senza aver bisogno della Notte Bianca dello Sport. «Eh, ma questa è una grande iniziativa – racconta dalla Georgia –, un’opportunità per tutte le discipline di mettersi in mostra, ma grande occasione soprattutto per i bimbi che ancora sono alla ricerca di quello che può piacere di più. Io stesso, in precedenza, avevo provato a cimentarmi col basket, col karate, il nuoto e l’atletica. Fino a che non ho trovato il vero amore. È fondamentale, ricordare specialmente ai genitori, che praticare sport fa bene, sia al fisico che alla mente. Fino a un certo punto della crescita, da intendersi come un gioco, dove c’è bisogno di fare quello che più ci piace, andando anche per tentativi. Solo così i ragazzini e la ragazzine, si sentono felici. Per alcuni, alla fine diventerà una professione. E attenzione, non si pensi solo al successo come atleti. Si può diventare tecnici, commentatori televisivi, si può diventare preparatori, mental coach e tanto altro. Ci sono un sacco di figure possibili per gravitare nello sport, insomma. L’importante è averne acquisita la cultura, avere dentro il senso del sacrificio. Si può trasmettere tutto agli allievi. Ed ogni volta è come fosse una vittoria. Tornando al concetto, in casa mia i figli hanno potuto scegliere. E abbiamo un’altra sciabolatrice in famiglia, mia sorella più piccola, Anna, che tira per il Fides».
Tra Enriques e Fides
Se gli chiedi quanto fosse atteso il trionfo di Tblisi, ha bisogno da fare una premessa. «Siamo forti singolarmente, ma la stagione in Coppa del Mondo era andata così così, facendo secondi all’Europeo. L’obiettivo era compiere lo step secondo il quale le nostre forze individuali dovevano diventare una cosa sola consolidando i progressi della rassegna continentale. Direi che è andata bene. Ora, avremo la responsabilità di confermare questo standard. A livello personale, nel singolo, il pensiero sarà la prestazione. Con quello, i risultati prima o poi arrivano». Un ragazzo normale, che ha frequentato le elementari al Sacro Cuore, andando alle Borsi alle medie, e l’Enriques come liceo. Scuola e scherma, allenato negli anni da Nicola Zanotti, Piero Pardini e ancora Zanotti.
Ha sempre conosciuto, Pietro, il sacrificio di dividere la giornata fra i banchi assieme ai compagni, i libri a casa e la sciabola in palestra, trovando sempre insegnanti rispettosi nei confronti dei giovani che fanno sport. «Specialmente al liceo, quando gli impegni crescono di livello sul piano didattico e su quello agonistico, sei costretto a fare delle assenze; ma tanti professori, praticamente tutti, mi hanno sostenuto. Alcuni sportivi che conosco, non hanno avuto la medesima fortuna. A Livorno e anche fuori. Ci sono insegnanti che non ti supportano, vedono anzi lo sport come una perdita di tempo. Non è giusto metterti nelle condizioni di smettere. Se dai tutto te stesso, riesci a conciliare. Trascurando un po’ semmai le uscite quotidiane con le amicizie e l’appuntamento con la ragazzina. Anche adesso, specialmente che non sono più nella mia città, gli amici li vedo ogni tanto. Sono scelte, e ciascuno opta per quello che gli interessa».
Il sogno della laurea
Studente di Scienze Politiche «ma gli impegni sportivi dell’ultimo periodo, compreso il trasferimento di quest’anno da Livorno a Bologna ed il passaggio alle Fiamme Oro, mi hanno fatto un poco rallentare. Dovrò recuperare, perché la laurea è importante più per me che non per accondiscendere i genitori». Fidanzato con una sciabolatrice napoletana, Claudia Rotini, con la quale di scherma si parla poco, perché «sarebbe come portarsi il lavoro anche a casa…», non pensa a cosa farà dopo. È ancora troppo giovane e con tanti obiettivi da raggiungere. «Sto vivendo il mio sogno, quello di fare l’atleta al meglio e per più tempo possibile. Aprendomi nel frattempo, più strade eventuali».
Con l’oro sul Romito
Con l’oro in valigia, Pietro è sbarcato all’aeroporto di Bologna per precipitarsi subito a Livorno. «Sarà un mese di vacanza piena. Qualche bagno scegliendo una discesa sul Romito, poi una settimana con gli amici di sempre e altri sette giorni con la mia ragazza. A settembre, ripresa dell’attività in pedana, mettendo nel mirino anche un esame all’Università. La medaglia chi la toccherà per primo al mio arrivo? De, nonno, che come tutti i nonni livornesi, sarà orgoglioso del su’ bimbo...». l