Scuola
Disoccupazione: a Livorno quattrocento precari della scuola nel caos. «Si teme di perdere l’assegno». Ecco cosa sta succedendo
La denuncia della Flc-Cgil: «Ritardi nei pagamenti, la nuova piattaforma Siils in tilt». A scadenza la domanda per le supplenze di settembre. «La loro vita è un’odissea»
LIVORNO Vita da docente precario. O meglio un percorso a ostacoli per quei 400 insegnanti e personale scolastico che si rivolgono alla Flc-Cgil per chiedere aiuto: in ballo c’è il rischio di non accedere al sussidio di disoccupazione perché la nuova piattaforma ministeriale Siisl funziona a singhiozzo. Senza contare che domani, mercoledì 30 luglio alle 14, scade la cosiddetta “lista dei desideri”, ovvero la domanda fondamentale che serve per lavorare come supplente per il prossimo anno scolastico. Una sorta di lotteria del posto di lavoro: si fa domanda senza sapere quali siano i posti disponibili.
«È una domanda che si compila per lavorare come supplente per il prossimo anno scolastico, senza conoscere quali saranno i posti disponibili e che saranno assegnati tramite un terribile algoritmo che non tiene di conto della effettiva posizione all’interno delle graduatorie, assegnando con un click centinaia di posti sulla base delle preferenze espresse completamente al buio», afferma Veronica Virgili segreteria generale Flc-Cgil per la provincia di Livorno.
Ed è a lei che si sono rivolti 400 precari del mondo scuola, trecento di questi residenti a Livorno.
Addetti ai lavori - per metà della scuola dell’infanzia e della primaria, e l’altra metà tra medie e superiori - che hanno bisogno di essere orientati e aiutati rispetto al loro futuro. E si ricorda il drammatico stato dell’arte: «È, oggi, precario un docente su 4 - rincara Virgili - A poco servono le immissioni annunciate in pompa magna dal ministro Valditara, le procedure sono ancora in corso ma moltissimi posti resteranno ancora scoperti». Virgili snocciola alcuni dati, sempre del mondo scuola precario: lo scorso anno sono state assegnate circa 1050 supplenze al primo turno, a queste si aggiungono tutte le assegnazioni successive e le ore che non formano un posto a tempo pieno.
Un percorso a ostacoli
Virgili spiega il percorso dei docenti precari. Si parla di quelli che lavorano dall’infanzia alle scuole superiori, passando da elementari e medie.
«I docenti precari finiscono l’incarico al 30 di giugno e fanno domanda per avere la disoccupazione nei mesi che non lavorano a scuola, quindi nella maggior parte dei casi per i mesi di luglio, agosto e metà settembre – e va nello specifico - Alcuni non hanno ancora riscosso tutti gli stipendi del lavoro della scuola, e comunque con questa novità introdotta all’inizio del 2025 della piattaforma Siisl per il re-impiego che vale per tutti coloro che fanno richiesta della disoccupazione, non solo il personale del mondo scuola, ci sono ritardi anche nel pagamento di questo sussidio».
Disoccupazione a rischio
Si parla di precari della scuola in generale, quindi docenti e personale Ata: «Dopo aver lavorato un anno scolastico per uno stipendio ai limiti della soglia della povertà, senza i diritti che spettano ai lavoratori a tempo indeterminato, hanno compilato la domanda per avere il sussidio della disoccupazione, ma quest’anno c’è una novità, sulla base della nuova normativa in vigore da inizio 2025: oltre a presentare la domanda, occorre accedere alla piattaforma Siisl per compilare il proprio curriculum e compilare il Patto di attivazione digitale (Pad) entro 15 giorni dall’attivazione della Naspi, pena la sospensione del sussidio; peccato che la piattaforma Siisl sta creando un caos incredibile. L’ennesimo ingranaggio burocratico dal nome impronunciabile, destinato a rubare il sonno ai precari della scuola». Gli addetti ai lavori del mondo scuola, infatti, temono di non ricevere il sussidio.
E Virgili spiega i motivi: «Alcuni non riescono a terminare la compilazione perché la piattaforma funziona a singhiozzo, altri ricevono il sussidio di disoccupazione a gocce, peccato che il mutuo e le bollette si devono pagare per intero e puntuali alla scadenza. Ma questo non basta, molti ancora non hanno ancora finito di riscuotere lo stipendio del lavoro svolto durante l’anno e oltre alle spese relative alla sopravvivenza hanno dovuto sborsare migliaia di euro per frequentare corsi di specializzazione e abilitazione senza i quali non riuscirebbero a rimanere in posizione utile per accedere ad una supplenza per il prossimo anno scolastico».
Corsi abilitanti: è guerra
Si apre una parentesi sugli onerosi corsi di specializzazione sul sostegno e i percorsi abilitanti: per carità, non sono obbligatori. Ma, quasi, lo diventano. Ecco perché. «La maggior parte dei docenti li sta facendo, si è scatenata una sorta di guerra tra insegnanti perché se non fai il corso abilitante rimani in seconda fascia, nelle graduatorie, e gli altri ti passano avanti anche se hanno un’anzianità minore. Ma col percorso abilitante e la specializzazione sul sostegno vai nella fascia più alta. Chi non li fa resta indietro e rischia di non lavorare: la specializzazione sul sostegno, quella classica, costa intorno ai 2800 euro, quella con i percorsi Indire appena iniziata sui 1600 euro e i percorsi abilitanti che si fanno principalmente nelle università online sui 2500 euro».
L’ ulteriore beffa: «Questi corsi potrebbero essere pagati con la carta docente, ma non viene riconosciuta ai precari, se non tramite ricorso. E anche se uno ha una sentenza positiva non è pagato dal ministero. Noi abbiamo circa 200 ricorsi con sentenza passata in giudicato, ma non arriva il pagamento: le sentenze sono migliaia in tutta Italia e il ministero andrebbe in default se dovesse pagare per tutte».
Le richieste della Cgil
Flc-Cgil torna a chiedere assunzioni più numerose per i docenti sfruttando le graduatorie dei concorsi già terminati «invece di procedere con un altro concorso in autunno». E ancora: «Per il personale Ata lo stesso, per garantire sicurezza e sorveglianza adeguata nelle nostre scuole: chiediamo che si investa nella scuola pubblica per garantire uno stipendio che permetta di vivere dignitosamente a tutta la comunità educante e per ridurre il numero delle classi pollaio». Chiude Virgili: «È una rivendicazione che facciamo da tempo: servono scelte strutturali e coraggiose, che riconoscano i bisogni reali delle scuole e permettano una pianificazione stabile e duratura dell’organizzazione scolastica».l