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Livorno e lo scrigno dei Tommasi: la Cappella perduta che torna a vivere.Viaggio tra affreschi e sepolture

di Francesca Suggi
Livorno e lo scrigno dei Tommasi: la Cappella perduta che torna a vivere.Viaggio tra affreschi e sepolture

Omaggio ai famosi pittori ottocenteschi al Picchianti. In corso il restauro sostenuto dalla Diocesi, la pronipote: «Bastava ancora poco per perderla pere sempre»

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LIVORNO «Siamo arrivati in tempo, bastava ancora poco per perderla per sempre». Alessandra Rey, operatrice culturale internazionale che lavora tra Livorno e la Provenza, è finalmente soddisfatta. Il primo passo concreto per far rinascere la storica e preziosa Cappella Tommasi al Picchianti è stato fatto. Per lei è famiglia. Una “missione” verso il suo prozio Angiolo Tommasi, il famosissimo artista, e verso tutta una dinastia di pittori (il cugino Adolfo, il fratello minore Lodovico e poi Enrico “Ghigo”) e donne di cultura a cui si associano amicizie e storie che legano il nome dei Tommasi a Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, Giosuè Carducci, Silvestro Lega, Giacomo Puccini. E a Pietro Mascagni a cui Angiolo Tommasi era legato da una profonda amicizia.

Ebbene la Cappella ottocentesca con i suoi affreschi e le sue sepolture - si trova in via dell’Artigianato, angolo via Aurelio Nicolodi- dopo decenni di abbandono e saccheggi, è oggi dentro ad un percorso di restauro e valorizzazione da parte della parrocchia di San Pio X sostenuta dalla Diocesi che dal 2022 è proprietaria, acquisita dall’Istituto diocesano per il sostentamento del clero.


Restauro e rinascita

Fu acquistata nel 1839 dalla famiglia Tommasi, insieme alla vicina colonica. Una famiglia labronica che ha generato 4 importanti pittori tardo e post macchiaioli come Adolfo e Ludovico e naturalisti della scuola di Torre del Lago come Angiolo lo cui salma è stata l'ultima tumulazione avvenuta all'interno della Cappella. E poi Enrico “Ghigo” Tommasi, nonno di Rey, erede e proprietario degli archivi dei Tommasi. Ieri. Oggi. A breve si smontano i ponteggi della prima tranche dei lavori finanziati con l’8 per mille della Chiesa Cattolica, finalizzati a risanare la copertura (tutto sotto l’occhio della Sovrintendenza). A bloccare infiltrazioni e cedimenti che rischiavano di compromettere gli interni. Un cuore sacro a croce latina con le panche e l’altare del tempo che fu. Con affreschi di pregio realizzati a metà ’800 voluti dai Tommasi (si ignorano gli autori).

L’ultima discendente

«L’ultima discendente diretta a prendersi cura della Cappella fu Ida, figlia di Angiolo Tommasi - riavvolge il filo Rey che ha fatto tesoro dell’immenso Archivio Tommasi - L’ultimo ad essere sepolto là dentro fu Angiolo nel 1923: ogni anno veniva detta una messa dedicata. Ida morì nel 1971 e nel 1973 mio nonno Enrico “Ghigo” Tommasi che ereditò tutto fece donazione alla curia pensando così di valorizzare il bene. Dentro al contratto fu inserito l’obbligo di svolgere funzioni religiose ogni anno al suo interno, per i morti della famiglia», racconta la pronipote di Angiolo e Lodovico, nipote di Ghigo Tommasi, e responsabile degli Archivi Ghigo Tommasi.

Nel suo libro “Angiolo Tommasi dalla pittura del vero alla cronaca sociale” edito da Sillabe si legge a proposito della donazione: “Pensavano di cederla in buone mani: nella donazione fecero inserire la clausola di celebrare messa ogni anno a novembre per i defunti, come erano soliti fare. Purtroppo questo si avverò esclusivamente il primo anno successivo alla donazione e al momento di quell’unica celebrazione fu notato con rammarico dalla famiglia Tommasi, dai racconti di Ghigo Tommasi e della moglie Lina, come la chiesetta fosse stata spogliata dei bellissimi arredi che erano stati indicati nell’atto e di alcuni decori». Ma non tutto va depredato. “Ghigo Tommasi - si legge ancora - ha conservato nella sua collezione alcuni oggetti appartenenti alla Cappella: l’antico messale settecentesco con la copertina in velluto rosso scuro e con in rilievo in argento lo stemma dei Tommasi, la brocca e la bacinella per la funzione religiosa e i tessuti originali di alcuni tendaggi”. Con rammarico, tra i tesori rubati, nel 2023, le 5 maschere mortuarie dei Tommasi.

Affreschi e sepolture

L’edificio sacro viene "segnalato" da un piccolo campanile a vela: si innalza sulla casa colonica adiacente che verrà restaurata in un secondo momento. Dentro l’abside, le volte. Pavimenti in marmo bianco e nero, altare ottocentesco in marmo, lapidi sulle pareti laterali e sepolture. All’entrata una lapide in marmo di Carrara con in rilievo lo stemma dei Tommasi: è l’accesso alle tombe sotto il pavimento. Sul soffitto è affrescato lo stemma di famiglia. Il transetto di destra è dedicato alle lapidi della famiglia di Angiolo Tommasi.

Sulla sinistra quella in memoria della moglie Adelina. Si commemorano anche i due figli Isolina e Mario. E ancora c’è la lapide per il figlio Luigi morto durante la battaglia del Piave. Sulla destra vi è la lapide di Angiolo Tommasi, ricordato col nome di Angiolino, così come era chiamato dai suoi amici bohémiens. La lapide fu scritta dal pittore Ruggero Focardi. “Angiolino Tommasi pittore (1858 -1923) anima fiera – cuor generoso da gentiluomo di razza prodigo nei contraccambiati affetti familiari sempre amato dai migliori...”

Nel transetto di sinistra il bassorilievo marmoreo con il busto che ritrae la madre Isolina. Le cronache dell’epoca raccontano che nel 1923 il feretro di Angiolo Tommasi giunse alla stazione di Livorno da Torre del Lago, in treno. Ad aspettarlo c’era una grande folla di cittadini illustri, tra i quali l’amico di sempre Pietro Mascagni in lacrime, che accompagnò la bara fino alla Cappella. 

Il futuro: parla il vescovo

“Intervento di restauro e risanamento conservativo con consolidamento strutturale della copertura della Cappella Tommasi, parrocchia di San Pio X”. Ecco la dicitura precisa dei lavori di questo primo lotto e del committente. Un primo step che arriverà «in un anno e mezzo», dice il vescovo monsignor Simone Giusti, a ridare una vita, una funzionalità e una valorizzazione alla Cappella rimasta chiusa e nel degrado per troppo tempo. Con annesso il recupero del “Conventino”, i locali vicini dove un tempo hanno abitavano i frati.

Il committente è la parrocchia delle Sorgenti San Pio X, appunto, col sostegno della Diocesi e i finanziamenti dell’ 8 per mille della Chiesa Cattolica. «Nel giro di un anno e mezzo sarà tutto recuperato e la Cappella Tommasi diventerà succursale della parrocchia di San Pio X, mantenendo ovviamente il suo nome originale», fa il punto il vescovo di Livorno.

L’operazione mira a creare un luogo di aggregazione in quella parte di città “artigianale e industriale” dove abbondano le aziende. Per dare una comunità pastorale là dove «anziani e bambini non riescono a frequentare la chiesa di San Pio X e il catechismo perché quel sottopasso ha diviso il quartiere a metà», continua Giusti. Andare incontro a quelle persone che abitano al Picchianti, quindi. Ripartendo da un edificio sacro acquisito dalla Diocesi nel 2022 dall’Istituto per il sostentamento del Clero.

«I locali di quello che un tempo era chiamato “conventino” serviranno per le attività parrocchiali e pastorali come il catechismo. La messa sarà celebrata nella Cappella». I lavori sono iniziati a gennaio. A breve si tolgono i ponteggi e si cercano i finanziamenti per il seguito. Per il cosiddetto secondo lotto che consiste nei lavori di recupero dei locali contigui che, una volta terminato tutto l’intervento, saranno destinati alle attività parrocchiali.

«Questa prima fase dei lavori è terminata - afferma Valentina Campedrer responsabile beni culturali della Diocesi - È stata finanziata con soldi della Cei dell’8 per mille e vale 106 mila euro. È stato fondamentale rifare tutta la copertura per bloccare le infiltrazioni che stavano rovinando gli interni e gli affreschi. Rispetto alla seconda parte dei lavori, siamo nella fase del progetto preliminare: la pratica è istruita, una previsione temporale ancora non ce l’abbiamo».

Ma ribadisce: «La direzione è quella della chiesa parrocchiale: servirà anche a creare una comunità in una zona della città artigianale dove manca un centro di aggregazione». E va indietro nel tempo. «Nel 1839 quella chiesa esisteva già, era la succursale dalla chiesa di Salviano e dal 1866 al 1873 è stata anche occupata da alcuni frati cappuccini del convento di Livorno».

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