Livorno, travolta e uccisa dal “pirata”: muratore a processo per la morte di un’ex dipendente comunale
La vittima aveva 72 anni e nel luglio scorso viaggiava in bici in via Mastacchi quando fu investita: morì in ospedale dopo 10 giorni di agonia
LIVORNO. Una persona è stata rinviata a giudizio per la morte di Lucia Battaglini, l’ex dipendente comunale di 72 anni falciata da un “pirata” mentre era in bici all’incrocio fra via Mastacchi e via Pera il 29 luglio dell’anno scorso e poi deceduta in ospedale dopo dieci giorni di agonia. Dopo il sequestro da parte della polizia municipale di un furgone, secondo gli inquirenti il mezzo “investitore”, era stato indagato per omicidio stradale un cinquantaseienne tunisino residente a Livorno, muratore e saldatore. Si tratta di Sami Amri, a difenderlo l’avvocato Nicola Giribaldi: l’uomo, da molti anni in Italia, è conosciuto soprattutto a livello sportivo, dato che con l’associazione dilettantistica “Pisa Bocce” nel 2018 si è laureato campione regionale di “petanque individuale” e, recentemente, ha conquistato lo stesso titolo toscano in coppia.
Il processo
Secondo gli investigatori è lui che avrebbe travolto e ucciso “Pallina”, questo il soprannome da giovane dell’ex militante di Lotta continua, che a palazzo civico negli anni Settanta lavorava nell’allora ufficio municipalizzate e decentrate di via Pollastrini. Convocato dagli inquirenti, Amri nei mesi scorsi si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il cinquantaseienne si riterrebbe completamente estraneo all’accaduto. Gli agenti delle sezioni specializzate della polizia locale, grazie alle immagini delle telecamere nelle vicinanze del luogo della tragedia e alla conoscenza del territorio, avevano rintracciato il probabile mezzo “pirata”, sequestrandolo, e indagando il campione di bocce. Dopo il rinvio della prima udienza in sede preliminare davanti al giudice Massimiliano Magliacani, a ottobre ci potrebbe essere la sentenza in rito abbreviato, con lo sconto automatico di un terzo della pena.
Le celle telefoniche
I vari testimoni dell’incidente, in modo univoco, hanno raccontato di aver notato un furgone col cassone argentato, di quelli per il trasporto del materiale edile, e di averlo visto fuggire dopo l’impatto con la mountain bike in sella alla quale c’era la donna. Erano le 7,45 di mattina: “Pallina”, che abitava in via Paolo Vannucci (zona Fabbricotti), stava probabilmente andando a fare la spesa (sulla “due ruote” c’erano infatti dei grossi borsoni) nel quartiere di San Marco o in quello di Shangai, in rioni molto lontani da casa sua. Era comunque una persona che amava girare la città con la sua bici, spostandosi anche di diversi chilometri. Oltre ad ascoltare chi ha assistito all’incidente, e a confrontare il veicolo descritto con quello effettivamente nella disponibilità nel muratore e saldatore nordafricano, la municipale ha acquisito anche i dati del cellulare di Amri, con l’aggancio alle celle telefoniche che lo ricollegherebbe, proprio a quell’ora, nella zona del fatto.
Chi era la vittima
Una donna che «negli anni Settanta lottava per dare voce agli ultimi e agli sfruttati», così aveva ricordato Lucia al Tirreno l’amico Marco Solimano, ex consigliere comunale, storico presidente dell’Arci labronica e attualmente garante livornese dei detenuti. «L’ho conosciuta negli anni giovanili, ribelle, alla ricerca di ideali, di nuova giustizia». «Negli ultimi anni, dopo la morte del babbo – è stato invece il ricordo di don Paolo Razzauti, vicario episcopale per la città, quando l’estate scorsa la donna perse la vita – l’avevo persa di vista, ma è sempre rimasta nella mia memoria. Ancora una volta è stata vittima della prepotenza, della fuga, dell’indifferenza. Lucia, certamente sei vicina a babbo e mamma, perché chi soffre non può che essere tra gli eletti del Signore Gesù. Continua a lottare e, da parte mia, non ti dimenticherò». Parole splendide, quelle in sua memoria, nel giorno della tragedia. Perché “Pallina”, a Livorno, in molti la conoscevano e stimavano.
Familiari parte civile
I suoi familiari – la sorella Fabiola Battaglini e il cognato Orlando Orsili – si sono affidati all’avvocato Lorenzo Mini, che nelle settimane successive alla tragedia attraverso Il Tirreno aveva anche fatto un appello all’investitore, chiedendo di mettersi una mano sulla coscienza e di costituirsi alla municipale. Un appello risultato vano, dato che di fatto mai nessuno finora si è assunto la responsabilità dell’omicidio stradale della pensionata settantaduenne. Amri, infatti, è stato rintracciato dagli investigatori diretti dal comandante Joselito Orlando, poi iscritto nel registro degli indagati e ora imputato, ma si è sempre ritenuto estraneo all’accaduto. Intanto, nel processo, i familiari si sono costituiti parte civile.