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Livorno, picchiato il direttore di un supermercato: «Rischio lesioni alla retina»


	La foto pubblicata dal direttore
La foto pubblicata dal direttore

Tommaso Giacomelli racconta l’agguato all’iN’s di via Mastacchi: «Stavo svolgendo normalmente il mio lavoro»

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LIVORNO. Aggredito e finito all’ospedale, con sei punti di sutura alla palpebra. Un’aggressione quella di cui è stato vittima nel pomeriggio del 12 maggio Tommaso Giacomelli, pisano e direttore del punto vendita livornese iN’s di via Mastacchi, in San Marco.

Il dipendente della grande distribuzione si è sfogato in un posto sulla sua pagina Facebook: «Sono stato vittima di un’aggressione vile e gratuita, senza nessuna motivazione da parte di uno dei tanti squilibrati senza fissa dimora, in stato di alterazione etilico, che ormai hanno preso il controllo delle nostre città. Risultato: sei punti alla palpebra, ematoma e rischio di lesioni alla retina. L’episodio non è l'unico, ma solo l’ultimo di una lunga serie, che coinvolge me i miei colleghi e tanti altri punti vendita come il nostro in tutta Italia che quotidianamente si trovano ad affrontare queste situazioni. Stavo svolgendo normalmente il mio lavoro, un lavoro con un ruolo di responsabile nella gdo, settore che ha nel contatto col pubblico, una parte importante della propria attività».

Lo sfogo prosegue: «Ma se non possiamo più essere tranquilli neppure nei nostri luoghi di lavoro, mi chiedo dove sta il senso di sicurezza e di legalità di una nazione importante e culturalmente evoluta come la nostra. Quale è il senso di istituzioni e forze dell’ordine che hanno le mani legate di fronte a crimini e violenze dolose, che sono sotto organico, che non hanno mezzi per svolgere il loro lavoro con competenza e dedizione come vorrebbero. Che una volta compiuto il loro ruolo sono costretti da burocrazie e cavilli, a ritrovarsi dopo due giorni gli stessi soggetti liberi a delinquere di nuovo. Quale è il senso di una politica che consente ad orde di spacciatori, ladri, ubriachi marci, di bivaccare tutto il giorno per i nostri quartieri le nostre strade, senza lavorare, senza cercare di integrarsi, ma solo di ledere la civiltà del paese che li ha accolti. Nessuno vuole farsi giustizia da solo, siamo figli dell’illuminismo, del progresso sociale e culturale, ma giustizia e legalità devono essere alla base di un Paese civile, non una mera aspirazione. Pubblico le immagini non per spettacolarizzare ma per sensibilizzare chi di dovere, per sperare che le nostre città, le nostre case, e i nostri luoghi di lavoro, tornino luoghi sereni in cui poter vivere, e non trincee».

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