La guerra di Grimaldi può danneggiare il porto di Livorno
L’istanza anti-Msc per costruire una mini Darsena Europa può diventare un ostacolo sullo sviluppo dei traffici
LIVORNO. Anche maggio è arrivato e della posa della prima pietra dei cantieri a mare non c’è traccia. Doveva essere marzo, poi aprile ma per ora niente. Il cantiere che da qui al 2030 dovrebbe aprire un altro ingresso al porto (a nord), creare nuove dighe di protezione ridisegnando la skyline sotto il Calambrone, scavare fondali fino a 18 metri di profondità in modo da fare di Livorno uno scalo di riferimento delle super portacontainer, per ora non parte. Si dovrà aspettare forse qualche settimana ancora, l’arrivo del nuovo presidente in pectore dell’autorità portuale Davide Gariglio per la cerimonia d’avvio dei lavori, sempre che la bomba lanciata dal capogruppo leghista Ghiozzi due giorni fa in consiglio comunale non cambi gli equilibri politici dell’intesa sulla governance di palazzo Rosciano.
Perché togliere a un presidente la delega sulla più grande, importante, strategica opera che il porto attende è come dimezzarlo dei poteri già prima che egli si insedi. E infatti il ragionamento sulle banchine in queste ore è chiaro: se l’ipotesi di disgiungere i ruoli ha fatto un suo percorso ed è ora ritenuta praticabile, il commissario sia incarnato dal nuovo presidente dell’Authority (come è stato finora) in modo da snellire i processi ed evitare contrasti oppure direttamente dal governatore Eugenio Giani visto che la Regione ha messo una parte fondamentale dei finanziamenti per costruire l’opera. Non da altri.
Ma non è solo lo scontro politico e il successivo possibile stallo e di conseguenza un ulteriore ritardo nei lavori e a sua volta la possibile nascita di dubbi tra gli operatori privati sull’opportunità di investire a Livorno, il tema che agita le notti del porto.
L’altra e più importante patata bollente è la domanda di concessione arrivata la scorsa settimana da parte di Grimaldi tramite la controllata Tdt.
La partita di Grimaldi
La scesa in campo del gruppo partenopeo ha sparigliato le carte per il modo in cui l’istanza è stata presentata (l’offerta per solo metà della Darsena Europa e la rinuncia contemporanea a una parte della Darsena Toscana). E il cluster portuale, in attesa di vedere gli sviluppi, dà oggi tre interpretazioni diverse su questa mossa:
1) siamo di fronte al legittimo piano di un’azienda che ha una sua idea dell’utilizzo degli spazi e nel cui progetto c’è la rinuncia con Tdt a due moduli dedicati ai contenitori in Darsena Toscana per acquisire una superficie di poco più grande in Darsena Europa, col probabile obiettivo di riprendersi poi aree e banchine lasciate libere in Tdt attraverso l’altra controllata, Sdt, specializzata in ro-ro e car carrier, andando in sostanza ad ampliare le aree di attività di Sdt e del principale business di Grimaldi, quello dei rotabili, e creando poco più che un nuovo “terminalino” su metà della futura Darsena Europa che da maxi terminal diverrebbe poco più che mini;
2) siamo di fronte a un tentativo di aprire un dialogo con Msc, Neri e Lorenzini o ancor meglio alla volontà di provare una trattativa, apparentemente molto complicata per non dire impraticabile visto che la volontà espressa finora dal più grande operatore al mondo nel traffico dei contenitori, insieme ai due partner livornesi, è quella di sfruttare al massimo le potenzialità del maxi terminal;
3) siamo di fronte a un’istanza improcedibile e dunque a un’operazione esclusivamente di disturbo, all’interno della guerra tra Grimaldi e Msc, per di più in un momento storico particolare dal punto di vista delle dinamiche dei traffici, italiane e internazionali, col porto di Genova che si trova di fronte a una crisi prospettica e potrebbe risentire di un nuovo maxi terminal nell’alto Tirreno. In questo senso da molti non è stata letta in maniera casuale la recente uscita di Paolo Pessina, genovese, presidente di Federagenti, la federazione nazionale degli Agenti e Raccomandatari Marittimi, che ha chiesto al governo uno stop agli investimenti pubblici sulle nuove infrastrutture, adducendo una mancanza di domanda del mercato rispetto all’offerta. E contemporaneamente non possono certo essere sottovalutate le ripetute dichiarazioni del ministro Salvini sulla necessità di centralizzare le decisioni sugli investimenti portuali, e la volontà del ministro che entro fine primavera la riforma dei porti sia legge, con l’obiettivo di garantire importanti investimenti alle 16 autorità portuali italiane ma allo stesso tempo di avere un’idea comune ed evitare che ci siano soldi sprecati, differenti visioni e doppioni. Il timore tra gli operatori livornesi è che Livorno possa essere sacrificata sull’altare di questi equilibri più politico-economici che geostrategici. “È per questo che c’è bisogno di una rete di protezione, con un presidente/commissario che abbia relazioni e forza politica”, è il ragionamento. E non si può perdere tempo.
Il rischio della zeppa
Tra le tre letture, la terza è la più inquietante ma anche la più diffusa nel cluster labronico. Perché? Molti ritengono che l’istanza per avere metà Darsena Europa non sia ricevibile in quanto l’Authority con Regione e governo ha definito un progetto unitario della piattaforma che dovrebbe produrre un’offerta finalizzata al tipo stesso d’investimento pubblico, dunque in grado di attirare il mercato delle portacontainer di grande rilievo per pescaggio, lunghezze e capacità. L’istanza di Grimaldi, che vuole soltanto un pezzo dell’opera, appare un controsenso rispetto al gigantismo da cui si origina il progetto, sia in termini di investimento (oltre mezzo miliardo di soldi pubblici) che di traffici da attrarre. E ciò varrebbe anche nell’idea di un imprevedibile ipotesi di accordo (600 metri di banchina a Grimaldi e 600 a Msc?), poiché due debolezze difficilmente fanno una forza.
Partendo da questa convinzione – che l’istanza non sia ricevibile e che l’Authority la respinga – il timore degli operatori è quello di finire nuovamente in un tritacarne di ricorsi al Tar e carte bollate a cui il nostro porto purtroppo è avvezzo, e che interferirebbe nella proposta di private public partnership a cui stanno lavorando Msc, Neri e Lorenzini finendo per rallentare ad infinitum l’iter di assegnazione e la realizzazione dell’opera.
Insomma la guerra di Grimaldi a Msc rischia di diventare una zeppa non tanto per gli interessi di Aponte quanto nei confronti della Darsena Europa, ritenuta l’unica strada per il rilancio del porto e dello sviluppo dell’economia livornese nei prossimi decenni.
A dare forza ulteriore a questa lettura ci sarebbero i tempi di realizzazione del “mini terminal” che Grimaldi ha scritto nell’istanza presentata a palazzo Rosciano (si parlerebbe di inizio lavori nel 2027 e conclusione nel 2030, dunque nessuna accelerazione rispetto alla tempistica prevista per il maxi terminal), ma anche il fatto che ancora manchi all’appello il piano di impresa di Tdt che Grimaldi doveva presentare dopo che nel gennaio del 2024 ha acquistato il terminal contenitori. Mancanza che ha finito per pagare pesantemente il presidente uscente Luciano Guerrieri, a cui più volte il tavolo di partenariato aveva bussato in tal senso.
In questo contesto è chiaro che sarà decisivo il ruolo del nuovo presidente Gariglio, che dovrà chiarire subito, con gli uffici, cosa è procedibile e cosa no, anche comparando le due istanze (quella di Msc, si dice, arriverà quando l’Authority avrà fornito la documentazione richiesta) e poi procedendo al bando pubblico aperto a tutti gli operatori interessati. Sperando per il bene di Livorno che non parta la tarantella dei ricorsi.
(1/continua)