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Livorno, riesplode la guerra delle banchine: imprese contro l’Authority per Tdt. Cosa è successo

di Maurizio Campogiani
Una veduta aerea della Darsena Toscana
Una veduta aerea della Darsena Toscana

Sale il timore che la città possa perdere una fetta di contenitori a vantaggio dei rotabili mentre Piero Neri sta meditando di lasciare Confitarma, l’associazione degli armatori

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LIVORNO. È andata e sta andando ben oltre i confini della Toscana la diatriba in atto tra gran parte degli operatori portuali di Livorno, soprattutto quelli legati alla logistica, e l’Autorità Portuale del Mar Tirreno Settentrionale conseguente alle attività che si svolgono al Terminal Darsena Toscana da quando lo stesso è stato acquisito dal Gruppo Grimaldi. Prima esclusivamente destinato al ricco traffico dei contenitori e adesso, in qualche circostanza, trasformato in momentanea area al servizio dell’automotive, uno degli asset più importanti di Grimaldi.

Le avvisaglie

Le avvisaglie c’erano state a giugno, un mese particolarmente caldo non solo dal punto di vista atmosferico sulle banchine labroniche, in conseguenza del primo sbarco di autovetture nuove al Terminal. In quella circostanza, peraltro, da Palazzo Rosciano arrivarono ampie rassicurazioni agli operatori e la sottolineatura che il calo nella movimentazione dei contenitori al porto livornese era figlia legittima, così come stava avvenendo in altri scali italiani, della crisi del canale di Suez, dove gli attacchi dei terroristi nei confronti dei mercantili avevano determinato un brusco calo dei transiti delle navi e il loro dirottamento verso altre aree del Mediterraneo.

Crisi a palazzo Rosciano

Le tensioni di quel momento si erano riproposte il mese scorso all’interno dell’organismo di partenariato, quando proprio da parte degli operatori locali arrivò il “niet” al Pot, il Piano Operativo Triennale dell’ente.

Un “no” non vincolante, visto che l’organismo di partenariato, così come la vecchia commissione consultiva, non ha alcun potere di veto e quindi non fatto proprio dal Comitato di Gestione che a stretto giro di posta diede il via libera al Piano, ma che dimostrò come gli animi non si erano assolutamente raffreddati con l’arrivo dell’autunno. In quella circostanza specifica, a far salire la temperatura fu un passaggio del Piano operativo triennale, nel quale è scritto che “per mantenere e sviluppare il carattere multipurpose del porto, sarà valutato il piano di impresa di TDT”.

Per gli operatori si trattava e si tratta di un’argomentazione del tutto generica, tale da non preservare lo scalo dal rischio di vedere trasformate per altri utilizzi le aree da sempre destinate ai contenitori. Nel corso del confronto in sede di organismo di partenariato, a quanto pare, venne anche proposto all’authority di precisare che eventuali operazioni riguardanti altre tipologie di merce nelle aree Tdt devono essere sporadiche, visto che deve rimanere prevalente la “vocazione container”, ma in quella circostanza (e anche adesso, a quanto pare di capire) il Presidente Guerrieri confermò che voleva prima verificare il piano di impresa presentato dai nuovi concessionari del Terminal Darsena Toscana, precisando che la stessa autorizzazione, prevedendo il multipurpose, ovvero l’utilizzo per diverse tipologie di merce, dava spazio ad una interpretazione quanto mai elastica.

La lettera a Guerrieri

D’altra parte, il piano di impresa presentato dal Gruppo Grimaldi è ancora in fase di istruttoria, il suo cammino non si è ancora completato e quindi tutto lasciava presagire che la diatriba per il momento sarebbe stata placata da un classico time out. Invece, nei giorni scorsi, le imprese sono tornate alla carica, chiedendo con una lettera al presidente Guerrieri cosa voglia fare affinché Livorno possa mantenere il traffico dei contenitori. Il tutto per la preoccupazione che la compagnia armatoriale voglia privilegiare il settore dell’automotive, dove è leader assoluta e richiamando l’ente all’obbligo di verificare che nel terminal si operi nel mantenimento e nello sviluppo del traffico dei contenitori e, soprattutto, rilevando che il controllo del piano di impresa sarebbe dovuto arrivare prima del rilascio della relativa concessione.

Nella lettera, gli operatori sono scesi anche sul piano strettamente giuridico, richiamando la sentenza del Consiglio di Stato che si è espresso sul porto di Genova annullando la concessione affidata all’imprenditore Aldo Spinelli. In quel contesto, i giudici dell’organo di controllo amministrativo hanno scritto che un terminalista non può usare a suo piacimento le banchine in concessione (Spinelli sulle aree multipurpose movimentava solo ed esclusivamente contenitori) perché in quel modo risulterebbero di fatto vane le previsioni di piano regolatore portuale sulle destinazioni delle singole aree, togliendo credibilità e attrattività allo scalo.

I dubbi di Neri

Nelle ultime ore, poi, la vicenda si è ulteriormente ingarbugliata, alla luce delle notizie riguardanti una presunta uscita di Piero Neri, presidente di Confindustria e storico armatore con partecipazioni in numerose società che operano in diversi settori di attività nello scalo marittimo, da Confitarma, ovvero l’associazione degli armatori che fa capo a Confindustria. Un abbandono, quello di Neri, che – se si realizzasse – sarebbe diretta conseguenza della diatriba in atto con l’Autorità Portuale del Mar Tirreno Settentrionale e, soprattutto, del fatto che Confitarma, all’interno della quale è presente anche il Gruppo Grimaldi, non avrebbe preso una posizione chiara sulla vicenda, ma avrebbe anzi preso le distanze dagli altri operatori portuali che chiedono di limitare al massimo le aree destinate all’automotive e, in ogni caso, di non danneggiare e marginalizzare il ricchissimo e redditizio traffico dei contenitori.

A quanto pare, Neri potrebbe decidere di passare nelle fila di Assarmatori, associazione di dimensione internazionale, legata in Italia a Confcommercio e Conftrasporto, che rappresenta comunque decine e decine di imprese del settore, tra le quali la potentissima Msc di Aponte. In questo contesto, particolarmente confuso e tale da prestarsi a diverse interpretazioni e ad alimentare molteplici voci, spesso una diversa dall’altra, Palazzo Rosciano ha deciso per il momento di tacere, aspettando, come detto, il completamento dell’istruttoria avviata per verificare i contenuti del piano di impresa presentato dai nuovi concessionari del Terminal Darsena Toscana. Mentre Neri sta ragionando su come muoversi rispetto alla posizione assunta da Confitarma, una cosa sembra certa: la decisione ciò non andrà a incidere sulla sua adesione a Confindustria di cui resterà presidente.

Sulla vicenda della possibile uscita di scena di Piero Neri da Confitarma, ha invece fatto sentire la sua voce Emanuele Grimaldi, amministratore delegato di Grimaldi Group. In una dichiarazione rilasciata al Secolo XIX, premettendo che al momento non ha alcuna carica all’interno di Confitarma, ha sottolineato che sarebbe assolutamente dispiaciuto se Neri lasciasse l’associazione.

Grimaldi e Livorno

Ma Grimaldi ha anche colto l’occasione per fare chiarezza, dal suo punto di vista, sulla situazione di Livorno e sulle tipologie di merce da movimentare nelle aree del Terminal Darsena Toscana, che, vale la pena di ricordarlo, interessano quasi 400.000 metri quadrati, dei quali 1.500 destinati agli attracchi. Grimaldi ha aggiunto che la società del suo gruppo è ben consapevole che quello dei container è il traffico più redditizio in un porto e ha ricordato che da quando sono diventati azionisti di TDT non hanno perso un cliente, ma che stanno anzi finalizzando contratti i cui effetti positivi saranno visibili sicuramente nei prossimi mesi. Riguardo il discorso relativo all’automotive, ha ricordato che si opera nel libero mercato e che si sono verificati casi di navi cariche di autovetture in attesa fuori dal porto che non potevano entrare perché gli altri terminal erano pieni. Grimaldi ha spiegato che queste sono state fatte entrare alla Darsena Toscana perché c’era spazio per scaricare, ma in quel modo si è evitato che lasciassero Livorno per andare verso altri scali marittimi, salvaguardando quindi l’interesse del porto labronico.

Ha poi ricordato che le auto arrivavano alla Darsena Toscana anche prima dell’ingresso del Gruppo e giudicato sbagliato l’atteggiamento di quanti vorrebbero in sostanza un monopolio, limitando gli spazi per poter trarre più guadagno, sottolineando che proprio per questi motivi adesso l’Italia si presenta come un Paese ingessato. Fin qui Grimaldi. La vicenda sembra comunque destinata a rimanere nei titoli della pagina di attualità del porto livornese. Almeno fino a quando (e a questo punto speriamo presto) non si sarà conclusa l’istruttoria avviata dall’Autorità Portuale del Mar Tirreno Settentrionale sul piano di impresa presentato dai nuovi concessionari di TDT.

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