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Scarronzoni, gli eroi livornesi del remo senza memoria: «Un film per raccontare la squadra delle Olimpiadi 1932»

di Simone Fulciniti
Scarronzoni, gli eroi livornesi del remo senza memoria: «Un film per raccontare la squadra delle Olimpiadi 1932»<br type="_moz" />

A Los Angeles la barca azzurro-amaranto perse l’oro olimpico solo al fotofinish. Ora la proposta della pronipote di “Attao”:«Renato disse fino all’ultimo che si trattò di un furto»

27 agosto 2024
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LIVORNO. «Non è possibile che quando si parla di “Scarronzoni” si citino esclusivamente quelli che parteciparono alle Olimpiadi del 1936 a Berlino. Straordinari per carità, ma un giusto riconoscimento vada anche agli eroi di Los Angeles, che nel 1932 persero l’oro per un soffio, meno di un battito di ciglia».

Tiziana Savi abita nel quartiere Venezia, al quarto piano della storica struttura che ospitava le classi del “Paradisino”, fino all’inizio degli anni’90. «Io l’ho frequentata da bimba, chi poteva immaginarsi che un giorno ci sarei tornata ad abitare». La casa è grande, ospitale. Sul tavolo di cucina c’è un libro, qualche stampa e vecchie foto in un affascinante bianco e nero.

«Questo era Renato Barbieri “Attao” – dice mostrandole-, quella invece Bruna, sua sorella, la “ciucia”. Io sono la loro pronipote». Personaggi incredibili, le cui tracce resistono al passare del tempo, grazie all’impegno dei tanti, come lei, che faticano affinché le memorie non vadano perdute.

Tiziana, con orgoglio, prende una foto dei prodigiosi vogatori che dominarono per anni le scene internazionali «ci vorrebbe una vita intera per parlare di questi figli del popolo, che hanno reso alto il nome del canottaggio italiano nel mondo».

Nello scatto vediamo il gruppo azzurro in procinto di partire per i giochi olimpici di Los Angeles sulla nave “Biancamano”. «Hanno tutti il cappello, meno Attao e il suo grande amico Mario Balleri, detto “il Ballero”, che non lo mettevano perché, dicevano: “Fa prude’la testa”».

C’è anche un video, che mostra il duce Benito Mussolini intento a salutare la delegazione italiana in quell’esatta circostanza. Uno di quei filmati dell’Istituto Luce, diventati ormai iconici per gli appassionati. E, in un passaggio, ci sono proprio i livornesi che, in qualche modo, espletano l’annosa formalità. Ma una volta alle Olimpiadi l’equipaggio targato Unione Canottieri Livornesi fece il vuoto, arrivando a disputare una finale di incredibile intensità: avanti per gran parte di gara, l’armo italiano venne raggiunto dagli americani e la vittoria si assegnò al fotofinish.

«Avevano una barca in condizioni pietose, di legno pesante, che “scarrocciava” a causa della loro sgraziata potenza. Più pesante delle altre, già all’epoca studiate e aerodinamiche. Ma loro erano una forza della natura. All’arrivo, i giudici, alzarono la bandiera italiana e subito dopo quella americana. In pratica la vittoria era stata assegnata. Poi cambiarono direzione. Attao diceva: “Ce l’hanno rubata” e lo ha sostenuto fino all’ultimo. Non gli è mai andata giù».

Ogni volta che Tiziana cita il prozio le si illuminano gli occhi. «Aveva iniziato a vogare con la società “Canottieri Caprera Venezia”, poi a 18 anni prese parte al Palio Marinaro. Nel’28, col “Quattro con” vinse il titolo di campione d’Italia. Quindi entro a far parte degli Scarronzoni, e ne fu uno dei principali interpreti, in grado di creare e alimentare la leggenda: un titolo italiano, uno europeo, in Polonia, e infine il meraviglioso argento olimpico». E aggiunge «otto dilettanti, portuali e operai, sempre in miseria, poco nutriti e soggetti a enormi fatiche, col viso sempre nero, mancarono l’oro per 54 centesimi di secondo, contro un equipaggio di studenti nutriti, equipaggiati, preparati fisicamente e tecnicamente migliori. La domanda sorge spontanea: che sarebbe successo ad armi pari? » .

C’è anche una lista più unica che rara, che descrive fisicamente questi 8 “leoni”, uno per uno: Vittorio Cioni, capovoga, 33 anni, 1. 72 per 75kg. Enrico Garzelli, seconda voga, 23 anni, 1. 78 per 76 kg. Guglielmo Del Bimbo, terza voga, 29 anni, 1. 77 per 80 kg. Roberto Vestrini, 22 anni, quarta voga, 1. 80 per 90kg, Dino Barsotti, quinta voga, 29 anni, 1. 77 per 78 kg. Renato Bracci, sesta voga, 29 anni, 1. 77 per 73 kg. Mario Balleri, settima voga, 30 anni, 1. 74 per 73kg. Renato Barbieri, ottava voga, anni 29, 1. 75 per 70 kg. Timoniere Cesare Milani.

«Su “Attao” ci sono racconti proverbiali: una volta sollevò due damigiane da cinquanta litri piene di vino, facendole apparire come vuote; oppure quando al bar di piazza Grande, il Gambrinus, prendeva due tavolini marmo, andava al bar e diceva: “Mettici du’ponci”; da non credere dato che era piuttosto magrolino. Andava in bicicletta, col fazzoletto bianco al collo, e mi portava in giro per la Venezia, spesso alla sezione nautica che tanto amava».

Gente semplice, col cuore grande e i polmoni pieni di salmastro e voglia di vincere. «Meritano attenzione, al pari degli altri – conclude Savi-. Noi eredi la pensiamo allo stesso modo. Andrebbe allestita una mostra fotografia, pensato un museo, magari utilizzare la storia per fare un film. Ho provato a proporre l’idea, ma nessuno l’ha raccolta. La strada è lunga: potremmo tuttavia cominciare dal metterli sulle bandierine che si trovano sul viale Italia, dedicate ai grandi Livornesi. Visto che ci sono quelli di Berlino. Mi pare il minimo che ci siano messi anche quelli che a Los Angeles fecero la storia». l

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