Il Tirreno

Livorno

La Camera penale al fianco dell’Ucraina e degli avvocati degli oppositori russi: «Che sia maledetta la guerra»

Stefano Taglione
La Camera penale al fianco dell’Ucraina e degli avvocati degli oppositori russi: «Che sia maledetta la guerra»

Livorno, manifestazione in tribunale. La presidente Matteucci: «Solidarietà al popolo martoriato». Il procuratore: «Sgomenti rispetto a una realtà fino a poco fa inimmaginabile»

22 aprile 2022
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LIVORNO. Gli avvocati livornesi si stringono al popolo ucraino e «ai colleghi russi impossibilitati a difendere i propri assistiti che si oppongono alla guerra». Nella mattinata del 22 aprile, nel tribunale penale di via Falcone e Borsellino, i legali della Camera penale hanno distribuito cento spille per sensibilizzare la popolazione italiana sulle atrocità del conflitto bellico dell’Est Europa.

«La solidarietà – ha spiegato la presidente Aurora Matteucci – va ai bambini e alle bambine ucraine martoriate da una guerra scellerata e criminale. Inoltre, in Russia, chi chiama “guerra” quella che il Governo di Putin definisce “operazione speciale” rischia la condanna fino a 15 anni di carcere». «Viviamo un periodo difficilissimo e siamo sgomenti rispetto a una realtà – sono le parole del procuratore Ettore Squillace Greco – solo qualche anno fa inimmaginabile». «Dobbiamo ribadire questo principio: – ha aggiunto il presidente del tribunale, Luciano Costantini – che maledetta sia la guerra», dice citando Gino Strada. «L’uomo non impara nulla dalla storia – è il pensiero del componente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Livorno, Ettore Puppo – e con queste nostre bellissime iniziative dobbiamo protestare. Complimenti alla Camera penale». «Questa nutrita partecipazione non era scontata – ha poi concluso il presidente della sezione penale di palazzo di giustizia, Gianmarco Marinai – Porto il ringraziamento di tutti i giudici della sezione. In Russia gli avvocati rischiano la vita per la repressione a cui vanno incontro, esercitando il sacrosanto diritto di difesa che dobbiamo avere come faro».


 

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