Il Tirreno

Livorno

Riccardo Ghiomelli, un anno dopo il rogo: «Non passo più da via Firenze, ora riapreremo alle Torri»

Federico Lazzotti
Riccardo Ghiomelli, un anno dopo il rogo: «Non passo più da via Firenze, ora riapreremo alle Torri»

Il titolare del Garden tra passato e futuro: «Di quel giorno la cosa più brutta è stata vedere i mie genitori distrutti senza potergli risparmiare quel dolore»

31 agosto 2021
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LIVORNO. Riccardo Ghiomelli, un anno dopo il rogo che in mezz’ora si è mangiato lo storico Garden di via Firenze, risponde al telefono delle Torri di Porta a Terra dove in autunno spera di aprire il nuovo negozio: uno spazio riservato al vivaismo, più piccolo rispetto al precedente, un altro per l’arredamento da esterni, l’oggettistica e infine quello per il villaggio di Natale. «Se viene adesso – dice – per come siamo messi con i lavori, ci prenderebbe per matti. Ma noi pensiamo di potercela fare e inaugurare al più presto». Del 2020 ricorda il giorno dell’incendio, l’abbraccio della città, la scomparsa del padre Ennio in un tragico incidente stradale e soprattutto la volontà che ha spinto lui e la sorella Paola a ripartire.

Senta, è più passato da via Firenze? Noi ci siamo stati domenica e sembra di essere in un paesaggio lunare, decadente, tra macerie, ruggine e abbandono.

«Sono sincero, evito di passarci. Per me quella è una strada chiusa. La percorro solo se non ho altra scelta. L’ultima volta ci sono andati i ragazzi a prendere i cassonetti dell’Aamps per poi restituirli all’azienda dei rifiuti».

Troppi ricordi per andarci?

«Diciamo che preferisco ricordarlo com’era».

Sono passati 366 giorni dal rogo. Cosa le è rimasto di quei momenti?

«Il primo pensiero quando ci hanno avvisato è che nessuno si fosse fatto male. Appurato questo, la cosa che più mi è dispiaciuta è stata vedere i miei genitori che guardavano cosa stava accadendo senza poter far nulla. Capisce, quel posto mio padre e mia madre lo avevano tirato su con le loro mani, vedere che le fiamme lo distruggevano è stato uno choc. Avrei voluto non farglielo vedere, bloccare tutto. Invece io e mia sorella ci siamo sentiti impotenti. Ecco, quello è stato il dolore più grande».

Meno di quattro mesi dopo la riapertura, seppur temporanea, alle Torri. Lei l’ha definita un’impresa.

«In quel momento la nostra mente si è proiettata per trovare una soluzione. Quell’attività era la nostra unica fonte di reddito. Sia io che mia sorella potevamo anche mollare, entrambi abbiamo una laurea in economia e commercio, potevamo cercare un’altra cosa. Invece con Paola ci siamo guardati dicendoci che volevamo andare avanti con l’attività che facciamo con passione da anni».

E siete rimasti a Livorno.

«Ci hanno offerto anche posti fuori città. Ma anche in questo caso abbiamo scelto di restare. Anche per restituire alla città qualcosa dopo le tante dimostrazioni di affetto che abbiamo avuto. Il primo passo è stato quello di fare il Natale alle Torri».

Adesso riaprirete in modo definitivo?

«Sì, esatto».

Sempre alle Torri?

«Confermo, ma in un fondo diverso da quello del Natale scorso».

I tempi?

«In autunno. Ho una data in testa, ma non so se ce la faremo. Ecco perché non la voglio anticipare».

E le serre? Lì non c’è uno spazio esterno.

«Riusciremo comunque a creare un ambiente dedicato alle piante, senza il vivaio esterno. Insomma avremo tutti i reparti del vecchio Garden. Solo che gli spazi saranno distribuiti diversamente. Mica potevamo fare a pugni con queste superfici o demolire tutto. Ma si tratta di un adeguamento convinto, che ricalca il trend dei garden del nord Europa.

Dicevamo dell’affetto della città.

«Parlo a nome di mia sorella e di tutti i dipendenti. E voglio ringraziare per le decine e decine di gesti di solidarietà che abbiamo ricevuto. Hanno fatto a gara per aiutarci. E tutti ci chiedevano sempre: “Quando riaprite?”. Per noi è stata una spinta. E la dimostrazione che Livorno, come per l’alluvione e l’affondamento del Ca’ Moro, nel momento della difficoltà, dimostra un cuore enorme».

Il 2020 per voi è stato un anno nero: dopo l’incendio che ha distrutto il Garden la morte di vostro padre, il 22 dicembre, in un tragico incidente stradale.

«È stato l’ennesimo duro colpo. Poi in quei giorni. Sa, alla perdita di un padre, nel caso sia malato, un figlio si può preparare. Ma così, dalla mattina alla mattina, in mezzo alle feste, è brutto».

Il nuovo negozio sarà dedicato a suo padre Ennio?

«Anche a mamma, lei ci sarà fisicamente, babbo ci sarà comunque. Vi racconto una cosa: mio padre quando abbiamo aperto alle Torri il villaggio di Natale, veniva ogni mattina. L’ambiente gli piaceva. Mi ripeteva di parlare con i proprietari per restare qui. Sapevo che c’era questa possibilità, ma non gli dissi nulla. Cercavo altro in quel momento. Invece, eccoci qua. E il merito è anche un po’ suo».

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