Esclusivo/ Parla De Falco: "Si capiva dal tono che il capitano mentiva"
Gregorio De Falco, capo della Capitaneria di porto di Livorno racconta cosa è successo la sera in cui la nave Concordia ha avuto l'incidente. "La mia vocazione è il soccorso e non sono soddisfatto se non porto tutti a casa, purtroppo ci sono stati morti"
LIVORNO. "Non è la prima volta che i comandanti di navi, in situazioni di difficoltà, tendono a sminuire e ad essere per così dire silenziosi e reticenti". A parlare è Gregorio De Falco, capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno, quasi vent'anni di esperienza alle spalle. Pare incredibile ma più di un comandante, quando si trova in affanno, tende a sminuire la gravità della situazione a cui si trova di fronte. Proprio come ha fatto Francesco Schettino, comandante della Concordia, la nave naufragata al Giglio: di fronte alle telefonate e alla domande incalzanti di De Falco e dei militari della Guardia costiera di Livorno che gli chiedevano che cosa stesse accadendo a bordo, Schettino più volte ha risposto che era tutto a posto e che c'era solo un guasto elettrico. E invece la nave già imbarcava acqua per aver urtato una scogliera.
Di origini napoletane, De Falco s'è arruolato in Marina nel settembre del 1993 ed è arrivato in città nel 2005. Venerdì sera era a capo della sala operativa della Capitaneria e coordinava un team di cinque persone, "il migliore che potessi avere - dice De Falco emozionato - ciononostante non siamo riusciti a portare a termine fino in fondo il nostro dovere, quello di salvare tutti. La mia vocazione è il soccorso e non sono soddisfatto se non porto tutti a casa. Purtroppo ci sono stati dei morti".
Insieme a lui, in sala operativa, c'erano il capoturno, un operatore radio, l'operatore dell'apparecchiatura Port approach control (Pac), l'ufficiale di ispezione e l'ufficiale operativo, De Falco appunto. Una vera e propria catena di comando.
Cosa è successo quella sera?
"Nella nostra sala operativa abbiamo una complessa strumentazione che ci permette di monitorare le navi passo dopo passo. È quello che abbiamo fatto dopo che ci è arrivato l'allarme da una passeggera della Concordia, tramite i carabinieri. E così ci siamo accorti che la nave era molto vicina alla costa, che stava rallentando e già procedeva a velocità molto lenta. Inoltre, il fatto che il comandante parlasse di guasto elettrico non tornava con l'invito ai passeggeri di indossare i giubbotti di salvataggio. Un comandante serio non può far preoccupare inutilmente i suoi passeggeri facendo loro indossare i giubbotti se non è necessario".
Da cosa avete capito che il comandante della Concordia stava mentendo?
"Più delle parole ci ha preoccupato il tono. Per questo abbiamo approfondito la cosa. Siamo abituati ad andare a fondo alle questioni".
Quale è stato il ruolo della Capitaneria?
"Abbiamo fatto solo il nostro dovere, cioè portare a regime il soccorso. La Capitaneria è un'istituzione sana, bellissima, semplice: io sono innamorato del lavoro che faccio".
Lei ha usato toni duri e decisi nei confronti del comandante.
"Posso solo dire che il nostro scopo in quel momento era quello di mettere tutti al sicuro: era questa la nostra unica priorità".