Il Tirreno

Cinema in lutto

Addio Alvaro Vitali, con Pierino ha segnato l’Italia: quel personaggio vissuto tra fortuna e condanna

di Paolo Martini

	Alvaro Vitali 
Alvaro Vitali 

Nato nella Capitale il 3 febbraio 1950, aveva iniziato la sua carriera negli anni Settanta, conquistando rapidamente fama grazie al suo talento comico e alla sua inconfondibile mimica

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ROMA. Il mondo del cinema italiano perde una delle sue icone più amate: Alvaro Vitali è morto martedì 24 giugno a Roma nel tardo pomeriggio.

Il mitico Pierino

Alvaro Vitali è l'interprete indimenticabile di "Pierino", il ragazzino monello e goffo che nei primi anni Ottanta ha conquistato il cuore di una fetta del pubblico italiano, dopo quasi un decennio di commedia sexy all'italiana, con i film "Pierino contro tutti" (1981) e "Pierino colpisce ancora" (1982), entrambi diretti da Marino Girolami. Ma al di là della risata, la figura di Pierino non era solo un semplice personaggio comico: la sua sociologia intreccia storie di riscatto, stereotipi e dinamiche sociali profonde. Pierino nasce come figura vivace nelle barzellette popolari italiane: un bimbo furbo, irriverente e impertinente, spesso a danno di adulti e insegnanti. La scelta del grembiule, divenuta firma stilistica del personaggio, non è casuale: secondo Vitali, senza quella divisa «Pierino non sarebbe mai nato», perché conferiva autenticità e mirava a una maschera facilmente identificabile Negli anni d'oro i film con Pierino garantivano incassi record: il solo "Pierino contro tutti" raccolse circa 10 miliardi di lire in Italia, approdando anche in Spagna, Francia e Germania. Vitali dichiarò di guadagnare fino a 90 milioni di lire a film nel 1983. Tuttavia, la sovraesposizione portò anche a essere "imprigionato" nel personaggio: «In Italia, una volta che ti appiccicano un'etichetta, quella resti», come disse Vitali.

Fenomeno sociale

Sociologicamente, Pierino incarna lo "trickster", un archetipo che, tra trasgressione e furbizia, mette alla prova l'autorità e le regole borghesi . In un'Italia culturalmente in transizione, dove la critica negli anni Settanta aveva snobbato il genere della commedia sexy, il successo commerciale di Pierino testimoniò l'alienazione tra gusto popolare e legittimazione culturale Dietro la maschera buffa, Vitali visse anni di solitudine e depressione. Dopo il culmine del successo, il lavoro scomparve: «Il telefono ha smesso di squillare» e la pressione dell’identità pubblica lo rese invisibile al mercato artistico. Lo stile di vita da divo (auto, donne, lusso) evaporò, lasciando una pensione misera, intorno a 1.300-1.400 euro. Un esempio lampante di fragilità professionale e psicologica legata alla precarietà dell'immagine pubblica in un sistema mediatico volatile. Grazie all'amore della moglie Stefania Corona e all'appoggio di Carlo Verdone, Vitali ha poi trovato una nuova dimensione: spettacoli teatrali itineranti, apparizioni televisive e progetti come "Fra' Pierino" o il ritorno alla fiction con "Vita da Carlo". In questo senso, Pierino può diventare anche metafora di resilienza: resta un'icona radicata, ma l'uomo dietro la maschera lotta per reinventarsi.

L’eredità

La figura di Pierino, insieme alla performance di Vitali, lascia un'eredità sociologica significativa: rappresenta la maschera archetipica del furbetto italiano, portatore di potere subdolo contro l'autorità; esplicita la tensione tra popolarità e legittimazione culturale, tra incassi milionari e disprezzo critico; è simbolo della precarietà lavorativa dell'attore popolare, capace di divertire ma spesso tradito dal mercato. Infine, incarna la possibilità di riscatto personale anche dopo il declino, grazie a nuove relazioni e forme creative. Pierino non era solo un volto televisivo, ma uno specchio in cui la società italiana si è riconosciuta: l'amore per la furbizia, la ribellione innocente, ma anche i limiti posti da una fama troppo stretta. Alvaro Vitali, con la sua umanità, ha mostrato quanto può essere fragile l'equilibrio tra identità pubblica e dignità personale.

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