Il Tirreno

Medio Oriente

Bombe Usa sull’Iran, via all’operazione “Martello di mezzanotte”: colpiti i siti nucleari. Teheran: «Vendetta»

di Marco Liconti

	Trump e il suo vice nella “Situation Room” e l’immagine satellitare del sito nucleare di Fordow
Trump e il suo vice nella “Situation Room” e l’immagine satellitare del sito nucleare di Fordow

Il ministro degli esteri iraniano Araghchi prepara la visita da Putin, il Papa: «Fermatevi prima che sia tardi»

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Il “giorno dopo” i bombardamenti Usa contro i siti nucleari iraniani di Furdow, Natanz e Isfahar, avvenuti nella notte italiana tra sabato e domenica (21-22 giugno), il Pentagono rivela i dettagli dell’operazione Martello di mezzanotte”. Lo «spettacolare successo militare», come lo ha definito il presidente Donald Trump, che dovrebbe avere «cancellato» il programma nucleare iraniano.

Nel raid sono stati impiegati 125 aerei, compresi sette bombardieri B-2 e 14 bombe “bunker buster” da 14 tonnellate, ha riferito nella conferenza stampa convocata al Pentagono il capo degli Stati Maggiori Riuniti, il generale Dan Caine. Una schiera di bombardieri B-2 è decollata dalla base aerea di Whiteman, nel Missouri. Alcuni velivoli hanno volato verso ovest come diversivo, mentre i sette aerei che costituivano il pacchetto d’attacco principale hanno volato verso est, per un volo di 18 ore verso l’Iran. Numerosi i rifornimenti in volo. L’attacco è stato «un incredibile e schiacciante successo», ha ribadito il segretario alla Difesa Pete Hegseth, che con Caine era sabato notte nella Situation Room della Casa Bianca, insieme al presidente Usa, al segretario di Stato Marco Rubio, al direttore della Cia John Ratcliffe e alla capa dello staff Susie Wiles. Da notare l’assenza della direttrice della National Intelligence, Tulsi Gabbard, caduta in disgrazia per non avere creduto che Teheran fosse ormai a distanza di «settimane o mesi» dal fabbricare la sua prima bomba atomica.

Un attacco che non ha avuto e non ha come obiettivo un cambio di regime a Teheran, ha anche detto Hegseth. Gli Stati Uniti non intendono farsi trascinare in un’altra guerra mediorientale, come promesso dal presidente Usa in campagna elettorale e ripetuto in questi giorni. Concetto ribadito alle tv Usa anche dal vicepresidente JD Vance: «Non siamo in guerra con l’Iran. Siamo in guerra con il programma nucleare dell’Iran». La leadership iraniana, ammoniva ancora Hegseth, «farebbe bene ad ascoltare le parole» di Trump. Il presidente Usa, emergendo alle 22 di sabato sera ora di Washington dallo Situation Room, nel suol messaggio alla nazione e all’Iran era stato chiaro: «Accettate la pace o per voi sarà una tragedia».

Troppo presto per stabilire con certezza se gli impianti iraniani siano stati «cancellati» dalle bombe sganciate dai B-2 Usa e dai missili lanciati dai sottomarini della US Navy che stazionavano a 600 chilometri di distanza nei mari attorno all’Iran. Ma la «valutazione iniziale» indica che «tutti e tre i siti hanno sostenuto danni e distruzione estremamente gravi», ha riferito il generale Caine. Per una valutazione definitiva, «ci vorrà del tempo».

Ancora dopo l’attacco, gli Stati Uniti hanno riaperto la porta della diplomazia. Il segretario di Stato Marco Rubio ha chiesto negoziati diretti tra Washington e Teheran. «Il regime iraniano dovrebbe svegliarsi e dire: “Ok, se vogliamo davvero l’energia nucleare nel nostro Paese, c’è un modo per farlo”. Quell’offerta è ancora valida. Siamo pronti a parlare con loro domani e iniziare a lavorarci», ha detto ai microfoni di Fox News. Agli avvertimenti Usa hanno fatto eco le reazioni dall’Iran. «Risponderemo con durezza, fermezza e in modo tale da far pentire chi ci ha aggredito», ha minacciato il presidente Masoud Pezeshkian. E ancora, «nessuno sa cosa succederà dopo, ma ciò che è certo è che la responsabilità delle conseguenze di questa guerra dovrà ricadere sugli Stati Uniti e su Israele», ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei. Gli Stati Uniti «non possono parlare di diplomazia, hanno tradito la diplomazia».

Minacce che andranno verificate nei prossimi giorni e settimane. Nel frattempo, il dipartimento Usa per la Sicurezza interna ha messo in guardia da attacchi cyber e da azioni terroristiche condotte da lupi solitari. A poche ore dall’attacco, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha annunciato un'immediata missione diplomatica a Mosca per incontrare il presidente Vladimir Putin. «La Russia è un partner strategico, ci coordiniamo e consultiamo costantemente e domattina avrò un colloquio», con il capo del Cremlino, ha dichiarato.

Il mondo nel frattempo trema per le possibili conseguenze. Non a caso dalla finestra del Palazzo apostolico in piazza San Pietro, papa Leone XIV lancia l’appello a far cessare la guerra, «prima che diventi una voragine irreparabile». «Ogni membro della comunità internazionale ha una responsabilità morale: fermare la tragedia della guerra prima che diventi una voragine irreparabile», ha affermato Prevost al termine dell’Angelus, chiamando in causa tutti i governanti e «la diplomazia affinché faccia tacere le armi, le nazioni traccino il loro futuro con la pace, non con conflitti sanguinosi». Il pontefice americano parla di «notizie allarmanti» che arrivano «dal Medioriente».

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