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Acqua in bottiglia, la classifica dopo le analisi: solo tre marche non contengono Tfa, cos’è e perché è pericoloso


	La classifica delle migliori acque minerali 
La classifica delle migliori acque minerali 

Sono composti persistenti e potenzialmente dannosi per la salute umana, con effetti possibili su fegato e fertilità

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L'immagine dell’acqua minerale limpida e incontaminata che ci viene proposta dalla pubblicità potrebbe non corrispondere alla realtà. Un'indagine condotta da Altroconsumo su 21 acque in bottiglia vendute in Italia ha sollevato preoccupazioni: diverse marche contengono livelli significativi di acido trifluoroacetico (TFA), una sostanza appartenente al gruppo dei PFAS, noti anche come “inquinanti eterni” per la loro resistenza alla degradazione.

TFA oltre i limiti: le marche sotto osservazione

Secondo il report, sei prodotti sono risultati non conformi per concentrazioni elevate di TFA che superano il limite massimo stabilito per i PFAS totali dalle normative europee sulle acque potabili. Tra i marchi segnalati ci sono etichette molto diffuse come Levissima, Fiuggi, Panna, Esselunga Ulmeta, Maniva e Saguaro (marchio di Lidl). Oltre al TFA, sono stati rilevati anche alti livelli di arsenico in alcuni campioni, peggiorando ulteriormente il giudizio finale.

Solo tre acque promosse a pieni voti

Dall’analisi sono emerse tre acque che non presentano tracce di TFA: Blues Sant’Antonio (Eurospin), Conad Valpura e San Benedetto Eco Green Benedicta. La prima ha ricevuto il riconoscimento come "Migliore del Test", oltre a distinguersi per il prezzo contenuto (0,17 euro/litro), mentre le altre due sono state premiate anche per il loro ridotto impatto ambientale.

Cosa sono i TFA e perché preoccupano

I TFA derivano da processi industriali e possono raggiungere anche le sorgenti idriche più remote, accumulandosi nel suolo e nelle acque. Sono composti persistenti e potenzialmente dannosi per la salute umana, con effetti possibili su fegato e fertilità. L'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha già fissato una dose giornaliera tollerabile, ma una nuova valutazione tossicologica è attesa entro il 2026.

Un vuoto normativo da colmare

Attualmente, non esiste una soglia legale specifica per il TFA nelle acque potabili o superficiali. L’unico riferimento resta il limite di 500 nanogrammi per litro per tutti i PFAS, stabilito dalla direttiva UE 2020/2184 e già recepito dall’Italia. Altroconsumo ha presentato le proprie osservazioni alle Commissioni parlamentari italiane, sottolineando l’urgenza di introdurre regole più severe.

L'appello di Altroconsumo: vietare i PFAS e tutelare i consumatori

L’associazione chiede il blocco della produzione e dell’utilizzo dei PFAS in Europa, e l’adozione di un limite specifico per il TFA, basato su studi scientifici aggiornati. Secondo Federico Cavallo, responsabile Public Affairs & Media Relations di Altroconsumo, è fondamentale agire con cautela ma decisione: “In un contesto ancora incerto, è prudente mantenere il limite per i PFAS totali, evitando soglie poco fondate per il TFA”.

Un rischio già presente sulle tavole degli italiani

Nonostante i lavori parlamentari per l’adeguamento alla normativa europea siano in corso, i risultati dell’indagine parlano chiaro: il TFA è già presente in molte bottiglie d’acqua considerate sicure. Una riflessione urgente si impone, sia per i consumatori che per le istituzioni.

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