Il Tirreno

L’anniversario

La tragedia di Ustica e i legami con la strage alla stazione di Bologna

di Andrea Mastrangelo

	L’immagine di uno dei cadaveri che galleggiavano sul Tirreno la mattina successiva alla strage
L’immagine di uno dei cadaveri che galleggiavano sul Tirreno la mattina successiva alla strage

Nell’ultima sentenza sul 2 agosto gli elementi che provano i depistaggi: la bomba che fece 85 morti sarebbe stata un espediente per spostare l’attenzione dal Dc9 abbattuto

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«Sai com’è... che Ustica è stato... un episodio di guerra fredda come ha detto questo, la strage di Bologna è stato un tentativo di confondere le acque, capisci? Per fare dimenticare».

Queste parole sono state pronunciate da Carlo Maria Maggi, morto il 26 dicembre 2018, medico veneziano esponente del gruppo di estrema destra Ordine Nuovo condannato in via definitiva quale mandante della strage di Piazza della Loggia a Brescia, e compaiono nella trascrizione di una intercettazione ambientale riportata nelle motivazioni della sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Bologna nel processo cosiddetto “mandanti” sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980. Una carneficina, un massacro di vite innocenti che ebbe come effetto il mettere in secondo piano un altro episodio destinato a diventare uno dei misteri d’Italia, avvenuto poco più di un mese prima: il disastro dell’aereo di Ustica del quale ricorre oggi il 43° anniversario.

L’immagine ricorrente di quel disastro che costò la vita delle 81 persone, tutte quelle che erano sull’aereo dell’Itavia fra equipaggio e passeggeri, è una foto scattata dal cielo, che mostra un cadavere galleggiante sulle acque del Tirreno. Erano le 20.59 del 27 giugno 1980 quando si persero i contatti radio con il Dc9 diretto da Bologna a Palermo. Le ricerche iniziarono subito ma solo la mattina successiva vennero individuati dagli elicotteri alcuni rottami e i primi cadaveri. L’aereo si era inabissato in un punto del Tirreno fra le isola di Ponza e Ustica, in un’area in cui le acque sono profonde tremila metri.

I 43 anni trascorsi da quel giorno sono stati impiegati dagli apparati dello Stato in parte per arrivare alla verità e in parte per non arrivarci mai. Così come su Piazza Fontana, Piazza della Loggia, l’Italicus e in misura ancora maggiore per la stazione di Bologna, anche per l’aereo di Ustica la macchina del depistaggio lavorò bene e a fondo, accreditando la tesi di un attentato messo a segno collocando una bomba sull’aereo, circostanza smentita dall’evidenza dei fatti, partendo dalle condizioni in cui vennero trovati i pezzi del Dc9 recuperati dal Tirreno.

Se una verità giuridica ancora non c’è, ci si è invece avvicinati a una verità storica, quella che narra di come l’aereo di Ustica (per altro partito da Bologna con due ore di ritardo, circostanza che ha finito per giocare, involontariamente, un ruolo decisivo nella tragedia) si sia trovato in mezzo a un duello nel quale erano coinvolti anche mezzi militari della Nato. Un razzo, insomma, sparato da un caccia, che avrebbe finito per centrare il velivolo dell’Itavia in quei minuti impegnato nella manovra di avvicinamento all’aeroporto di Punta Raisi.

Ci sono voluti decenni ma un riscontro importante a questa affermazione la si trova nuovamente nella sentenza sulla strage di Bologna, nella quale viene citato uno dei protagonisti della strategia della tensione, quel Vincenzo Vinciguerra che, condannato per la strage di Peteano della quale si era autoaccusato, ha poi avuto un ruolo nel descrivere protagonisti, motivazioni ed equilibri interni del terrorismo nero e dei suoi rapporti con gli apparati dello Stato.

Vinciguerra è chiaro. «Nel giugno del 1980 il governo italiano aumenta il bilancio delle forze armate... per sostenere l’impegno militare americano nel Mediterraneo. Con la strage di Ustica il governo ha due problemi: la costruzione della base di Comiso e l’installazione dei missili Cruise e Pershing in Italia. Se la verità di Ustica si fosse saputa, se si fosse saputa la partecipazione anche indiretta di caccia americani in quei cieli... tutto questo il governo italiano come avrebbe potuto farlo? Per questo io affermo che la strage di Bologna è fatta da quelli che io chiamo traditori, traditori di questo Paese a difesa degli interessi degli Stati Uniti e della Nato».

In pratica, questa la tesi, l’ipotesi della bomba sull’aereo fu un depistaggio e la strage di Bologna un mezzo per distogliere l’attenzione degli italiani e della politica da quello che si era consumato alle spalle dell’aereo di Ustica e che avrebbe svelato un ulteriore coinvolgimento italiano nella corsa al riarmo, sotto lo scudo americano, nell’ultimo difficile decennio di guerra fredda. I tempi delle strette di mano fra Reagan e Gorbaciov era ancora lontani: a farne le spese 81 italiani sul fondo del mare e 85 morti dentro una stazione.

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