Grosseto, ricatti alla stazione di servizio: «So dove abiti, dammi l’incasso»
Tre anni e otto mesi per un 29enne detenuto a Roma
GROSSETO. «So dove abiti, dove abitano tua moglie e i tuoi figli. Dammi l’incasso». E lui, un 55enne dipendente di una stazione di servizio, aveva ceduto al ricatto, temendo per l’incolumità dei suoi familiari, anche perché la persona che aveva pronunciato quelle parole e che lui conosceva solo con il nome di battesimo gli avrebbe fatto capire di essere armato, toccandosi più volte il fianco con una mano: consegnati oltre 1.600 euro.
Per questo episodio di estorsione e anche per uno successivo, avvenuto due mesi più tardi, un cittadino albanese di 29 anni, Robert Derraj è finito davanti al giudice Marco Mezzaluna. Detenuto a Roma in custodia cautelare, è comparso all’udienza preliminare. Ha preferito non discutere le accuse e ha scelto di patteggiare la pena: tre anni e otto mesi, con mille euro di multa e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Secondo la denuncia, il primo episodio – quello dei 1.600 euro – risaliva ai primi giorni dell’anno scorso; il secondo – 590 euro, anche questi prelevati dalla cassa della stazione di servizio – era avvenuto nel febbraio scorso. La ricostruzione dei fatti denunciati era stata effettuata dall’ufficio delle Volanti della polizia di stato, anche grazie alle telecamere di cui il distributore è dotato. E che hanno confermato le parole del dipendente. Questi, in passato, aveva conosciuto una persona straniera che frequentava la struttura e di cui aveva saputo soltanto il nome, scambiando il numero di telefono. La sera del 6 dicembre scorso Robert si era presentato al volante di una Mercedes. Ne era sceso e aveva fatto cenno al dipendente della stazione di servizio di seguirlo in un luogo appartato perché doveva parlargli. Erano le 20, l’ora di chiusura del distributore e della fine del servizio. Il dipendente era stato indotto a seguirlo: Robert gli aveva mostrato il proprio cellulare, nel quale c’era scritto – secondo quanto riferito nella querela – «so dove abiti, dove abitano tua moglie e i tuoi figli», facendo capire che ci sarebbero potute essere ripercussioni nei confronti dei suoi familiari, anche con il gesto del toccarsi il fianco sinistro. Era poi andato via, a bordo dell’auto c’era anche un uomo di cui il dipendente aveva fornito una descrizione sommaria. Ma pochi minuti dopo era arrivata una chiamata via Whatsapp nel quale Robert gli intimava di preparare l’incasso della giornata, perché sarebbe passato a riscuoterlo. Intimorito, sentendosi minacciato anche per l’incolumità dei suoi familiari, il dipendente aveva preparato i soldi. Poco dopo era tornata la Mercedes con Robert al volante. Il dipendente aveva spiegato di averlo scongiurato di non prendere nulla («così mi rovini») e di averlo implorato di attendere la riscossione del suo stipendio («te lo do tutto») che sarebbe avvenuta di lì a quattro giorni. Ma anche in questo caso Robert si sarebbe toccato una tasca, facendo capire che sarebbe stato in possesso di un’arma, e così il dipendente aveva ceduto. Robert e l’uomo non identificato si erano poi allontanati, il dipendente solo dopo qualche minuto si era ripreso e grazie a un amico aveva avvertito le forze dell’ordine. Alla polizia di stato, il dipendente della stazione di servizio aveva spiegato di non aver alcun debito nei confronti di Robert e che questi non era mai andato a casa sua.
L’ufficio delle Volanti l’indomani aveva raccolto la sua querela e aveva dato il via agli accertamenti, acquisendo le immagini delle telecamere installate nella stazione di servizio. Era così stata ricavata la targa della Mercedes, risultata intestata a una donna, ed era stata verificata la corrispondenza di quanto denunciato: l’arrivo dell’auto, lo spostamento in area appartata, il ritorno del dipendente al box, il riordino delle carte, il prelievo dalla colonnina self service dello scontrino e forse anche dei contanti, il ritorno della Mercedes qualche minuto dopo, l’avvicinamento del dipendente, l’atteggiamento compatibile con la consegna dell’incasso, la presenza di un altro uomo a bordo. Le immagini del servizio Targamanent avevano accertato gli orari dei passaggi dell’auto. Dall’incrocio dei dati, la polizia era risalita a Robert Derraj come possibile autore dell’estorsione. La foto ricavata dagli archivi delle forze dell’ordine era stata confrontata con quella del profilo Whatsapp.
Derraj ha patteggiato anche per un secondo episodio di estorsione: perché nel febbraio scorso avrebbe minacciato al telefono il dipendente («se mi hai denunciato io ammazzo te e tua figlia, ho venti foto tue e di tua figlia, se non mi dai i soldi ti faccio vedere»), pretendendo 5mila euro e paventando l’intervento di certi suoi amici albanesi: in quel caso, erano stati 590 gli euro prelevati dalla cassa del distributore e poi consegnati a una donna (estranea alle accuse), quella cui l’auto è intestata.
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