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Istruzione

Niente più cellulari in classe: così si organizzano le scuole in Maremma

di Sara Venchiarutti
(foto di repertorio)
(foto di repertorio)

Scatole, contenitori con le tasche, armadietti fino all’obbligo di tenere i telefoni negli zaini

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GROSSETO. Nelle aule con gli armadietti la soluzione va da sé: gli studenti e le studentesse possono lasciare lì il cellulare durante le ore di lezione. Tanto c’è il lucchetto, la sicurezza dei preziosi dispositivi è assicurata. Quindi niente messaggi WhatsApp, niente storie su Instagram, ancora meno su Tik Tok mentre si è in classe.

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Per questo obiettivo si sta anche pensando a quei contenitori a tasche da appendere, dove ogni spazio è contrassegnato da un numero che corrisponde a quello dell’alunno sul registro e di conseguenza non si diventa matti a cercare il proprio smartphone e soprattutto non si rischia di prendere e portare a casa quello di un altro. Soluzione, quest’ultima, già sperimentata in provincia di Grosseto ben prima – almeno tre anni – che il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara mettesse al bando con una circolare ogni utilizzo del cellulare dalle scuole (già prima regolamentato), stavolta anche per fini didattici. Ovvio, poi ci sono sempre i cari, vecchi scatoloni di carta.

Tutti sistemi che hanno il vantaggio di spegnere – o per lo meno attenuare – con la lontananza fisica quell’irrefrenabile desiderio di dare anche solo una sbirciatina allo schermo. In alternativa, qualche scuola punta invece sugli zaini: lo smartphone va lasciato lì, senza più riprenderlo fino alla fine delle lezioni. Pena: una nota disciplinare. Che, se accumulate, possono portare verso la sospensione.

Mentre si avvicina il suono della prima campanella (il 15 settembre), gli istituti superiori di Grosseto si preparano per applicare la decisione del ministro, arrivata questa estate. Alle scuole il compito di decidere come applicarla.

La prima questione è organizzativa e parte da una domanda semplice, e cioè come raccogliere e soprattutto conservare gli onnipresenti dispositivi. «Se il divieto riguardasse solo le singole ore di lezione il problema non si porrebbe, perché gli studenti restano in classe e lo sorveglierebbero a vista. Il problema, nuovo da affrontare, emerge durante la ricreazione, per cui bisognerà pensare a una qualche forma di sorveglianza», spiega Claudio Simoni, dirigente scolastico all’istituto Leopoldo II di Lorena. Lui aveva già applicato un sistema simile di raccolta tramite le tasche porta cellulare da appendere in classe. E stiamo parlando di tre anni fa al Manetti Porciatti. Più complicato ora coprire in poco tempo un fabbisogno di 60 aule, cui vanno aggiunti i laboratori. Perciò «intanto partiamo con una circolare e una sensibilizzazione dei docenti. I primi giorni – spiega Simoni – adotteremo soluzioni miste, dagli armadietti che avevamo acquistato con i fondi del Pnrr fino ai raccoglitori con le tasche e qualche scatola di cartone. Il problema resta sempre la mancanza di fondi, piano piano effettueremo delle spese finalizzate. L’importante è che i ragazzi non usino il cellulare. Con il primo consiglio di istituto si inaspriranno le sanzioni». Che sono già previste e di solito comportano una nota disciplinare. «Se si accumulano – avverte Simoni – possono portare anche alla sospensione. Cercheremo di essere severi e di indirizzare al rispetto», promette Simoni.

Scelgono invece la strada degli zaini al liceo Rosmini: «I ragazzi – spiega la dirigente Roberta Capitini – saranno invitati a tenere negli zaini i cellulari spenti o in modalità silenziosa. Non prevederemo spazi dove tenerli perché lì si apre la questione della vigilanza e della riconsegna della strumentazione. In più la scelta è stata fatta in un’ottica di responsabilizzazione degli studenti, invitati a rispettare la norma. Poi informeremo anche le famiglie e chiederemo collaborazione laddove si verifichino le infrazioni – con relative sanzioni, e cioè le note disciplinari – per far sì che sia compresa l’importanza di questa nuova regola».

I cellulari utilizzati nella didattica «saranno sostituiti in toto con le strumentazioni tecnologiche che abbiamo nei laboratori. Come personale – aggiunge Capitini – ci stiamo formando sull’intelligenza artificiale, stiamo portando avanti un percorso formativo importante per coinvolgere i ragazzi in modo più interattivo. Poi vedremo se nei regolamenti di istituto sarà possibile introdurre l’uso del cellulare solo per determinati progetti, ad esempio i giochi matematici».

Anche al Polo Aldi all’ordine del giorno del prossimo consiglio di istituto c’è il divieto dell’utilizzo degli smartphone a scuola. E, spiega la dirigente scolastica Giorgia Ricci, «proporrò al collegio questa direzione: recepiamo la circolare ministeriale adeguando il regolamento di istituto in senso più restrittivo. Integreremo, come prescritto dal ministero, il patto di corresponsabilità con le famiglie e gli studenti; poi indicheremo delle disposizioni concrete per una maggiore vigilanza». L’intenzione, in ogni caso, è quella di «non ritirare fisicamente i dispositivi per un motivo logistico: da tre anni – spiega la dirigente – abbiamo adottato la modalità organizzativa per cui sono gli studenti che ruotano nelle varie classi; sarebbe una follia ritirare e restituire i cellulari ogni volta». La difficoltà a “staccarsi” dal proprio cellulare è «sotto gli occhi di tutti: i ragazzi e non solo – sottolinea Ricci – sono abituati anche solo a dare uno sguardo veloce per vedere l’ora, quindi i docenti faranno di tutto affinché gli alunni comprendano la decisione». E se è giusto regolamentare l’uso degli smartphone in classe, quello che «dispiace di più – conclude Ricci – è la mancanza di poterne usufruire per modalità didattiche: non me lo aspettavo, dopo i finanziamenti Pnrr per tecnologizzare le scuole. Però nella disposizione è previsto l’uso di altri dispositivi come pc, tablet. L’uso regolamentato del cellulare, dietro consenso del docente, avrebbe snellito. Vediamo, noi ce la mettiamo tutta». 

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