In Maremma cinghiali in rimonta sulle pecore: adesso la Toscana corre ai ripari
Numeri record degli ungulati sul territorio mentre gli ovicaprini sono sempre di meno. Contenimenti e prelievi non sono sufficienti malgrado orari più ampi e nuove tecnologie
GROSSETO. I cinghiali sono in rimonta e presto potrebbero superare il numero degli ovini allevati in provincia, che a loro volta sono in calo progressivo da molti anni. Causa predazioni e la dura vita del pastore che ha perso appeal per le giovani generazioni di agricoltori.
Basta fare due calcoli: gli ovicaprini allevati sul territorio sono attualmente poco più di 130mila (954 gli allevamenti). Fino a una quindicina di anni fa, peraltro, in provincia le pecore superavano i 300mila capi, ed erano più degli esseri umani residenti.
Da una stima di massima effettuata in Regione sulla base di censimenti Ispra, si ritiene che in Toscana la popolazione degli ungulati sia dalle quattro alle cinque volte quelli abbattuti ogni anno. Secondo il “piano straordinario di controllo del cinghiale (Sus scrofa) in Toscana” recentemente approvato per il triennio 2025-2028, l’obiettivo complessivo degli abbattimenti è di 23mila capi all’anno. Che moltiplicato per quattro fa 96mila, e per cinque fa invece 115mila.
Al di là della curiosità statistica, la vera novità è che con la recente delibera regionale – che integra il precedente “Piano regionale per di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l’eradicazione della peste suina africana nei suini da allevamento e nella specie cinghiale (Sus scrofa)” – si è deciso di accelerare sulle strategie di depopolamento degli ungulati proprio per scongiurare la diffusione della peste suina africana. Che fino a questo momento è stata per fortuna contenuta a pochi casi registrati nella provincia di Massa Carrara, ma che, dopo la diffusione endemica in Emilia Romagna, minaccia di fare danni incalcolabili anche in Toscana.
Da qui l’obiettivo regionale che il nuovo piano fissa in 113mila capi da abbattere all’anno, con un contingente per la provincia che arriva a 23.641 animali, suddivisi fra i prelievi nelle aree vocate (15.623), non vocate (4.574), con caccia in contenimento e controllo (2738), e prelievi in contenimento nelle aree protette (742). Obiettivo molto alto – finora gli abbattimenti negli ultimi anni sono rientrati fra 14 e 17mila capi all’anno – che però va a scontrarsi con un andamento oramai consolidato di progressiva riduzione del numero dei cacciatori, almeno di quelli residenti in provincia. Nei due Ambiti territoriali di caccia presenti sul territorio, infatti, possono effettuare prelievi sia cacciatori provenienti dalle altre zone della Toscana che da fuori regione.
«Visto in prospettiva – spiega il presidente della Provincia, Francesco Limatola – il prelievo venatorio tradizionale in braccata, la caccia di selezione e contenimento degli ungulati dovranno convivere con il progressivo ridimensionamento del numero dei cacciatori dovuto all’inverno demografico e all’invecchiamento della popolazione. Anche se, in conseguenza dei comportamenti difficilmente prevedibili degli animali, non sappiamo se la popolazione degli ungulati aumenterà proporzionalmente. Quest’anno, per esempio, nelle aree tradizionalmente vocate di Montioni e Torniella sono stati abbattuti pochi cinghiali rispetto a quanto succedeva in passato. Da questo punto di vista, anche nella logica della caccia di selezione e controllo, dovremo probabilmente porci il problema di come formare un numero sufficiente di persone abilitate perché da sola la polizia provinciale non sarà di sicuro in grado di compensare la forte riduzione dei cacciatori».
I mezzi per il prelievo degli animali, peraltro, sono molto diversificati: si va da gabbie e trappole di cattura ai fucili ad aria compressa e metodi per la narcosi, passando addirittura per gli archi. Oltre ai tradizionali fucili, che per la caccia in notturna possono essere dotati di strumenti di mira a imaging termico, raggi infrarossi o con intensificatori di luce. Con la possibilità di cacciare fino alle 24 e di utilizzare richiami, esche e foraggiamenti.
Quanto alle tipologie di caccia al cinghiale – in braccata, in girata o in forma singola, di selezione o in controllo – quello che salta agli occhi dalle statistiche regionali è l’aumento dei prelievi fatti dai cacciatori iscritti agli Atc dotati di patentino per la caccia di selezione, soprattutto nelle aree non vocate, vicino a centri abitati o in aree coltivate. Anche grazie alla estensione dell’orario di caccia da un’ora dopo il tramonto fino alla mezzanotte, con l’ausilio di visori notturni.
L’80% dei danni liquidati agli agricoltori che si vedono aggrediti i raccolti soprattutto di grano e uva, sono riconducibili ai cinghiali. A seguire, caprioli, daini, cervi e altri ungulati. Danni che sono negli ultimi anni in contrazione sia per i contenimenti che per le politiche di prevenzione adottate dagli Atc. Infine gli incidenti automobilistici causati da animali sono in crescita, ma in questo caso solo il 41% è causato dai cinghiali, mentre il 43% è provocato dai caprioli.
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