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Laurea in sociologia e il babbo pioniere del bio: a 29 anni rileva un'azienda agricola e corona il suo sogno

di Nicole Terribile
Laurea in sociologia e il babbo pioniere del bio: a 29 anni rileva un'azienda agricola e corona il suo sogno

Giulia è figlia d’arte: suo padre Giovanni è stato uno dei precursori dell’agroecologia. La sua produzione si concentra su cereali, grani antichi e vende farina senza imballaggi. Ha realizzato anche un piccolo ristorante

26 febbraio 2023
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MONTEMERANO.  A Montemerano, a una cinquantina di chilometri di distanza da Talamone, c’è un’altra giovane imprenditrice: la 29enne Giulia Detti. Anche lei è figlia d’arte. Suo babbo, Giovanni, è uno dei precursori del biologico e dell’agroecologia in Maremma. Aveva ottenuto la certificazione di produzione biologica nel 1992. Dopo essersi laureata in sociologia alla Sapienza, Detti si è specializzata in politiche ambientali, ha lavorato all’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), prima di prendere la decisione di tornare a “casa”. Tre anni fa ha rilevato un’azienda a Montemerano, nel comune di Manciano, vicina a quella di babbo Giovanni. Ha dovuto rigenerare i terreni, per renderli adatti all’agricoltura bio. La sua produzione si concentra su cereali, grani antichi, farro, legumi, come il cece rugoso, e olio, mentre l’azienda di suo padre all’allevamento di vacche maremmane, cinta senese e pollame. Hanno anche il molino aziendale per produrre la farina la pasta, poi venduta sfusa nel punto vendita dell’azienda, così da non consumare plastica e risparmiare sull’imballaggio. Anche se ha realizzato il suo sogno, non tutto è, come si dice, rose e fiori.

«Le difficoltà maggiori sono legate a una serie di impianti normativi che ti tolgono tanto tempo da dedicare al lavoro diretto», spiega Detti. Anche se sulla carta ci sono tanti aiuti per i giovani imprenditori agricoli, sono molto complicati da ottenere, secondo lei, soprattutto in un territorio come la Maremma. «I bandi per l’agricoltura legati al Pnrr non riguardano le aziende medio-piccole che, tra l’altro, sono la maggior parte. Prevedono investimenti che vanno dal mezzo milione ai dieci milioni di euro, ma alla maggior parte delle aziende del territorio servono aiuti con una matrice diversa», continua.

Altro tema centrale quando si parla di giovani imprenditori è la multifunzionalità delle aziende. «Nel nostro contesto – dice Detti – l’agricoltura non è favorita dalle condizioni ambientali e di terreno. Non possiamo competere con i modelli produttivi della pianura padana, dove si produce un quantitativo di prodotti sufficiente per ottenere il reddito. Qui è essenziale avere una serie di attività connesse. Così facendo, gli agricoltori possono mettere in campo forme agricole più rispettose, perché non si concentrano solo sul raggiungimento di grandi quantità. Si preferisce avere più colture e creare un mercato interno che valorizza i prodotti locali».

Nell’azienda Le Macchie alte, Detti ha realizzato un ristorante, ma anche un piccolo punto vendita. Secondo lei, per incentivare il mercato dell’agricoltura biologica serve collaborazione. «Più siamo, meglio è. Uno dei miei obiettivi è fare sempre più rete con le aziende agricole del territorio, perché questo garantisce diversificazione. Tante persone supportano le aziende locali idealmente, ma non nella pratica. Molti si sono abituati a spendere poco per il cibo. Le piccole aziende non possono competere con i prezzi della Grande distribuzione, ma se risparmiamo sul cibo, qualcun altro paga per noi: l’ambiente o i lavoratori, di solito».

L’imprenditrice maremmana assicura che le aziende del territorio – la sua come tante altre – cercano di gravare il meno possibile sul prezzo per i clienti finali. «Siamo in linea con i prezzi dei prodotti biologici o artigianali che vengono venduti anche nella Gdo». Insomma, l’unione tra aziende agricole biologiche può rappresentare una svolta non solo per incentivare questo tipo di produzione, ma anche per permettere a tanti giovani di continuare a investire in agricoltura.  

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