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Chirurgia robotica, un’eccellenza grossetana. Quasi 500 interventi in un anno

di Massimiliano Frascino
Chirurgia robotica, un’eccellenza grossetana. Quasi 500 interventi in un anno

Il professor Coratti: «La sanità pubblica può dare risposte di alta qualità»

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GROSSETO. La sanità pubblica quando lavora in condizioni ottimali è imbattibile. Per qualità degli interventi chirurgici, presa in carico complessiva e umanizzazione dei rapporti col paziente. A Grosseto la chirurgia robotica è un esempio di scuola, riconosciuto dagli stessi pazienti. È quanto emerge dalla lettera che il signor Elvino Brosio, con i figli Federica e Lorenzo, ha inviato a Il Tirreno e alla direzione dell’Asl Toscana sud est per ringraziare il team di chirurgia robotica guidato dal professor Andrea Coratti. Che ha effettuato alla moglie, signora Grazia Ferrara, un intervento di duodeno-cefalo-pancreas-ectomia. Un ringraziamento dai toni accorati, associato a una riflessione che è anche una proposta.
Professor Coratti cosa si prova a ricevere una lettera così?
«Gratitudine per chi apprezza il nostro lavoro, e soddisfazione per aver colto i bisogni dei nostri pazienti anche sotto il profilo umano, oltre che clinico. Orgoglio nel dimostrare che la sanità pubblica può dare risposte di grande qualità a situazioni complesse, anche in momenti più difficili».
Quello al pancreas è un intervento complesso. Quanti ne fate al Misericordia?
«Ci sono molte variabili in un intervento di questa natura. Normalmente in sala operatoria opera un’équipe composta da tre chirurghi esperti, uno specializzando e due infermieri, con un anestesista e un infermiere anestesista. Sul pancreas a Grosseto abbiamo una delle serie operatorie fra le più numerose d’Italia, con una trentina di interventi all’anno».
Quanto costa un’operazione di questo tipo al servizio sanitario?
«Il Drg (diagnosis related group) riconosciuto dal servizio sanitario regionale per un’operazione alla testa del pancreas è di 15mila euro, con un costo di 3-4mila euro superiore a un intervento a torace aperto. Ma è un costo maggiorato solo apparente, perché la chirurgia mininvasiva robotica consente di far soffrire meno il paziente, accorciare i tempi di degenza media da 7-8 a 3-4 giorni, con una riduzione delle trasfusioni e un decorso postoperatorio con minori complicazioni, come l’infezione delle ferite. Complessivamente, quindi, il rapporto tra benefici e costi è molto favorevole».
Quanti interventi fate complessivamente a Grosseto?
«Lo scorso anno ne abbiamo effettuati 495, andando molto oltre il target medio di operazioni realizzato con il robot chirurgico Da Vinci, che è di 400 interventi/anno. Al Misericordia utilizziamo il robot per operazioni in quattro aree specialistiche: chirurgia generale, con il mio staff, urologia col dottor Nucciotti, ginecologia col dottor Tamburro e otorinolaringoiatria col dottor Boccuzzi. L’équipe chirurgica nel suo complesso è costituita da 8 medici chirurghi: io e altri tre chirurgi esperti, affiancati da altri quattro in formazione che ruotano».
Da dove arrivano i pazienti che si operano a Grosseto?
«Prevalentemente sono pazienti che afferiscono alla Ausl Toscana sud est, con un numero significativo di persone che si rivolgono a noi dall’area fiorentina e da quella del Livornese e dell’alto Lazio. Va tenuto conto che tra Livorno e Roma non esistono centri specializzati in chirurgia robotica, e che Grosseto è baricentrica rispetto a questo asse».
La chirurgia robotica è in espansione?
«Senza dubbio. Nei prossimi dieci anni è previsto un ampliamento dell’utilizzo del robot chirurgico anche in ambito neurochirurgico e oculistico. Mentre è già utilizzato per alcune tipologie d’intervento in ambito ortopedico, cardiologico e vascolare. Questa evoluzione è anche favorita dall’ingresso di nuovi competitor nel comparto della produzione dei robot, con un abbassamento del costo unitario di robot e interventi. Che, è stato calcolato, entro breve sarà equiparabile a quello di un’operazione con tecnica laparoscopica tradizionale».
Nella sua lettera di ringraziamento il signor Brosio fa una riflessione a questo proposito. Considerando i costi elevati dell’operazione e del periodo di degenza, propone di introdurre ticket per i redditi più alti. Lei cosa ne pensa?
«È un argomento molto delicato. La famiglia Brosio viene da Roma, dove metà dei posti letto sono privati, per cui le famiglie si sono abituate a gestire i bisogni sanitari utilizzando il proprio risparmio. In Toscana abbiamo tradizionalmente un servizio pubblico universalistico che si è fatto carico di investire anche nell’innovazione tecnologica. Penso che questo modello di sanità vada salvaguardato, anche tenendo conto del fatto che alla chirurgia robotica generale si ricorre prevalentemente per intervenire su malattie gravi come i tumori. Per cui onestamente non me la sento di dire che questa strada sia percorribile. E che invece sia giusto continuare a garantire le cure in modo universale».
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