Il Tirreno

Grosseto

La didattica a distanza è nel caos I sindacati sul piede di guerra

ELISABETTA GIORGI
La didattica a distanza è nel caos I sindacati sul piede di guerra

Il Governo Conte ha disposto che i dirigenti scolastici debbano attivare le “lezioni virtuali” ma per gli insegnanti non c’è nessun obbligo di farle, né contrattualmente né in base al decreto 

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le difficoltà

ELISABETTA GIORGI

La didattica a distanza nelle scuole finisce nel caos. Anche in provincia di Grosseto le lezioni sono sospese fino al 15 marzo, causa coronavirus. E ai dirigenti scolastici (scopriamo) spetta l’arduo compito di organizzare “l’impossibile”, ovvero mettere in piedi un meccanismo (quello delle lezioni “virtuali” attraverso piattaforme digitali) che dopo un timido inizio pare arenarsi in un cortocircuito. Se infatti da una parte il ministero ha scritto che i presidi sono tenuti ad “attivare” forme di didattica a distanza, dall’altra gli stessi presidi non possono obbligare i docenti (il Collegio dei docenti è l’unico organo ad avere competenza sulla didattica) a svolgere le lezioni a distanza come fosse un’imposizione di servizio.

Nessuna norma lo impone agli insegnanti: né contrattuale (nel loro contratto nazionale non è previsto) né in base al Dpcm del 4 marzo che, sulla didattica a distanza, cita solo i dirigenti scolastici e non fa menzione del corpo docente. I sindacati sono sul piede di guerra. In Maremma la questione coinvolge migliaia di studenti e centinaia tra docenti e dirigenti.

Risale al 4 marzo il Dpcm del Governo Conte che – come misura emergenziale per arginare il Covid-19 - ha disposto la sospensione delle attività didattiche nelle scuole fino al 15 marzo, invitando (al punto g del decreto) i dirigenti scolastici ad “attivare” forme di didattica a distanza. Il verbo “attivano” riferito ai prèsidi (indicativo, assertivo) non lascia spazio a dubbi e comporta che queste lezioni a distanza siano attivate dai dirigenti, mentre curiosamente la dicitura per le Università è «ove possibile», a distanza. Dunque negli atenei (a differenza delle scuole) l’indicazione ministeriale di “attivare” queste lezioni a distanza viene meno mentre il problema si concentra più nelle scuole. E di più: punta ogni attenzione solo sui dirigenti scolastici, i prèsidi, lasciandoli quasi con il cerino in mano, mentre sui professori – che dovrebbero portare avanti materialmente la didattica – non si fa alcun cenno.

Il 6 marzo con un atto specifico il Ministero dell’Istruzione entra nel merito e detta disposizioni applicative per le scuole ribadendo «la necessità di favorire, in via straordinaria ed emergenziale, i diritti all’istruzione con modalità di apprendimento a distanza». Si raccomanda ai presidi «un’attenta valutazione sulla necessità di convocazione dei predetti organi, evitando convocazioni non procrastinabili». Dunque niente riunioni e incontri con i docenti: per esempio per organizzare quel che lo stesso Governo (e qui sta il cortocircuito) chiede di fare, cioè la teledidattica. A stretto giro di posta anche l’Ufficio scolastico regionale per la Toscana scrive in queste ore ai dirigenti scolastici toscani invitandoli ad «avviare, secondo le modalità proprie di ciascun istituto, specifiche azioni per le attività di formazione a distanza».

Ma i sindacati scalpitano, sia a livello toscano che in provincia di Grosseto, rilevando un meccanismo che per loro presenta evidenti falle. In Toscana scendono in campo Flc Cgil, Cisl scuola, Uil scuola Rua, Snals e Federazione Gilda Unams, che scrivono agli istituti scolastici come la decisione di sospendere le lezioni «non abbia precedenti e dia la misura della gravità dell’emergenza». È duro il dirigente Roberto Mugnai (articolo a fianco). Vanno all’attacco i Cobas di Grosseto: «Non vi è nessun obbligo per i docenti di essere presente a scuola né di svolgere le 18 o 24 ore o 25 di lezione quando le attività didattiche sono sospese». Ed «è di tutta evidenza che l’articolo 1 punto g del Dpcm può essere interpretato in modo legittimo solo nel senso che il dirigente scolastico “attiva” modalità di didattica a distanza, ma a tale azione non può corrispondere nessun obbligo da parte dei docenti. Né il Ccnl (contratto di lavoro) prevede la didattica online all’interno degli obblighi professionali, né le scelte didattiche di una scuola possono essere demandate alla decisione dei dirigenti: devono essere stabilite dal Collegio docenti, che però appare impossibile convocare per il divieto di assembramento e l’impossibilità di rispettare le norme sul distanziamento». Per cui, se i dirigenti scolastici renderanno praticabili modalità di didattica a distanza, l’uso di tale modalità da parte dei docenti «non può essere ritenuto obbligatorio, mentre dev’essere lasciato alla valutazione dei singoli docenti». In conclusione, un cortocircuito in cui l’ultima parola, con tutti i rischi del caso, sembra essere stata lasciata ai presidi e la didattica a distanza in mano alla libera iniziativa dei docenti. —



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