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L’intervista

Pasqual benedice la Fiorentina: “Jovic farà bene, la Conference? Non chiamatela ‘coppetta’”


	Manuel Pasqual ha giocato con la Fiorentina 356 partite in tutte le competizioni: 10 i gol segnati
Manuel Pasqual ha giocato con la Fiorentina 356 partite in tutte le competizioni: 10 i gol segnati

L’ex capitano analizza il mercato e si sofferma sul lavoro di Vincenzo Italiano. “La società ha voglia di fare un altro step”

26 luglio 2022
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FIRENZE. Ha fatto parte del primo “Rinascimento” fiorentino, quello del post fallimento. E la ventata di rinnovamento che ha vissuto nei suoi anni, dal 2005 al 2016, la sta avvertendo di nuovo adesso. Manuel Pasqual, che con la maglia viola ha fatto il suo debutto in Serie A ed è arrivato fino alla Champions e alla maglia dell’Italia, ce lo dice subito: «Sta nascendo una squadra importante, formato Europa. La società ha fame di fare ancora uno step e i presupposti ci sono tutti. L’input che è stato dato è questo».

L’ex capitano viola sa bene che lo spartiacque sarà – inevitabilmente – il play off di Conference League: quello diventerà il passaporto verso un sogno da cullare settimana dopo settimana, proprio come successe alla sua Fiorentina, quella targata Prandelli che per due volte, superando lo sbarramento, si proiettò nell’Olimpo delle grandi. Vincenzo Italiano, il tecnico che si è trasformato in condottiero di spogliatoio e città, ha già ricominciato a lavorare con la solita foga, pizzicando anche le corde dell’orgoglio. «Con lui la Fiorentina ha fatto un balzo in avanti e non si accontenterà: la strada da seguire è questa».

La rosa si è arricchita, non mancano i profili di spessore, e ora, in fase di preparazione, c’è da spingere sul gas, anche a costo di prendere qualche “schiaffo” in pieno viso. Manuel Pasqual, a che si riferisce?

«Le amichevoli estive sono un aspetto importantissimo. I viola, adesso, voleranno in Austria e lì non sarà più tempo di passerelle, l’asticella si alzerà in maniera importante, a cominciare dalla sfida con il Galatasaray. Sono questi i momenti che fanno crescere. Io ricordo ancora il test contro l’Athletic Bilbao, fu una disfatta o quasi. Tornammo a casa con le ossa rotte: perdemmo e finimmo pure in inferiorità numerica. Eppure, da quel momento siamo riemersi. Capimmo subito che avrebbe significato l’affacciarsi sul palcoscenico internazionale, affrontare squadre abituate a calcare quei terreni. Per noi era l’inizio di tutto, ma proprio in quel momento cambiò qualcosa e cominciò un’altra storia».

Secondo lei questa è una Fiorentina formato Europa?

«Sì, è quello che sta dimostrando anche la società. È evidente che c’è voglia di andare oltre rispetto a quanto si è fatto, basta vedere il mercato che si sta portando avanti e le trattative di cui comunque si sussurra. La speranza è che possa restare davvero Milenkovic: col serbo e tutti quelli che sono stati ingaggiati questa squadra potrà dire la sua con decisione». ù

Dodò è il terzino giusto?

«Io credo che sia un buonissimo giocatore, lui come tutti i nuovi arrivati. Avrà bisogno di rimettersi in forma, è reduce da tanti mesi di stop, ma non credo che gli servirà troppo tempo. Sono convinto che nei prossimi quindici giorni spingerà talmente forte da essere pronto subito: poi, sarà l’allenatore a gestirlo, anche perché la stagione si preannuncia rovente sotto il profilo degli impegni ravvicinati».

E Jovic?

«È un attaccante che ha già fatto vedere molto, ora deve ricominciare. Deve avere la forza di riprendersi il palcoscenico: Firenze, da questo punto di vista, può dargli tanto. Avrà gli occhi addosso, ma io sono convinto che più che un limite, questo, possa diventare uno stimolo. Ha la possibilità di prendere per mano la squadra: non se la lascerà scappare. I tifosi viola, da sempre, sono abituati a grandissimi giocatori. Penso a Mutu, Toni o anche Gilardino, ma Jovic può dire la sua. La società si era già mossa in inverno, con l’arrivo di Cabral e Piatek: adesso ci si è spinti più in su».

Mandragora è il play che mancava?

«Fisicamente è molto diverso rispetto a Torreira, saprà far valere la sua tecnica e la capacità di muoversi nello stretto. Potrà recitare un ruolo importante anche in campo internazionale, è un elemento di valore. Credo che questo centrocampo sia stato assortito molto bene, c’è la giusta varietà e questo non potrà che essere un vantaggio».

Gollini, invece, con la Fiorentina ritrova il calcio italiano. «A Bergamo è partito molto forte, poi evidentemente si è rotto qualcosa, tanto da decidere di volare in Premier, al Tottenham. Quando vai all’estero, qualcosa rischi di perderla, ma sono convinto che saprà tornare protagonista. Ha qualità che non sono indifferenti. Si, sono convinto che stia nascendo una squadra capace di accendere la lampada dell’entusiasmo».

Italiano è sempre il garante?

«La Fiorentina con Vincenzo Italiano ha fatto passi da gigante. Dopo aver rischiato fino all’ultimo di retrocedere nella stagione 2020/21, pur avendo cambiato pochissimi interpreti, i viola sono tornati ad affacciarsi sui palcoscenici internazionali. E ora si può crescere ancora un altro po’».

La Conference League può essere un obiettivo?

«Si, perché una volta guadagnato il pass definitivo per la competizione, finisci che non vuoi uscirne più. Non è vero che si tratta di una “Coppetta”, è un trofeo internazionale che può spalancarti altri orizzonti, stimolanti. Diversi anni fa c’era la vecchia Coppa delle Coppe: non era l’inarrivabile Coppa dei Campioni, ma si sono giocate gare avvincenti e che hanno visto scrivere pagine importanti di storia. È sempre un segnale positivo quando Uefa o Fifa decidono di aggiungere una nuova competizione, va curata con attenzione. Quando si vince, si vice e basta. Conta quello». A maggior ragione a Firenze, dove l’ultimo trofeo è stato alzato nel lontano 2001.

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