Firenze, il bisturi non arrivò mai e lei morì: «Con l'operazione si sarebbe salvata». L’Asl risarcisce
Nel 2013 l’intervento rinviato per un tumore, nel 2024 il decesso
FIRENZE. C’è un tempo che in ospedale pesa più di ogni bisturi: quello che scorre mentre una diagnosi resta ferma, un intervento rinviato, una cartella che non si muove. È quel tempo – «due anni e mezzo di silenzio», scrivono i consulenti del Tribunale di Firenze – ad aver segnato la vita e la fine di una donna toscana, morta dopo un lungo calvario oncologico che, secondo i periti, «sarebbe stato evitabile se l’intervento fosse stato eseguito nel 2013».
Ora la Asl Toscana Centro chiude il conto: 700mila euro di risarcimento agli eredi, più spese per periti e avvocati, per un totale di 709.133,90 euro. La Regione Toscana rimborserà tutto, come previsto dal fondo per i sinistri sanitari. La delibera, firmata dal direttore generale Valerio Mari e pubblicata in questi giorni, è la parola finale su una storia di malasanità e attese mortali. Tutto inizia nel 2013, quando alla donna viene diagnosticata una patologia ginecologica, un tumore, in un ospedale fiorentino dell’Asl che richiedeva un’isterectomia e una colpotomia preventiva. L’intervento non arriva. Passano i mesi, poi gli anni. «La paziente non sollecitò l’appuntamento per circa due anni e mezzo», scrive il collegio medico-legale nominato dal Tribunale, «ma la struttura sanitaria non può sottrarsi alle proprie responsabilità: tre quarti del ritardo sono imputabili all’ospedale».
Quando nel 2020 arriva la recidiva della malattia, è tardi. La neoplasia è in fase avanzata. Nel 2021 la donna avvia un ricorso ex art. 696 bis del codice di procedura civile contro l’Azienda sanitaria. Chiede giustizia, e un risarcimento per le «cure inadeguate» che, secondo i legali, hanno compromesso le sue possibilità di sopravvivenza. Il danno biologico stimato dai suoi consulenti è del 90-95%, un livello massimo. Ma la paziente non arriverà a vedere la fine della causa: muore il 16 ottobre 2024. A quel punto subentrano gli eredi: una congiunta e un figlio, che chiedono un risarcimento di un milione di euro, calcolato sulle tabelle del Tribunale di Milano «con personalizzazione massima e senza concorso di colpa». Dall’altra parte, la Asl si difende: respinge le accuse, ma nel frattempo valuta i rischi economici di un contenzioso lungo e incerto.
I consulenti tecnici d’ufficio – il professor Alessandro Bonsignore, la dottoressa Laura Tomasello e il ginecologo Franco Mantegazza – firmano una proposta conciliativa: «Qualora l’intervento fosse stato eseguito nel 2013, secondo il criterio civilistico del più probabile che non, esso sarebbe stato risolutivo della patologia». È il passaggio decisivo. La Commissione regionale per la gestione dei sinistri si riunisce il 17 febbraio 2025 e dà il via libera alla transazione: 700mila euro, più le spese.
Nella delibera si legge: «Si propone la definizione transattiva nei termini sopra riportati, che risulta legittima ed opportuna, tenuto conto della probabilità di soccombenza e condanna a somme superiori». La somma verrà suddivisa: 200mila euro alla congiunta, 500mila al figlio (inclusi 32.942,66 euro di spese legali). Ai consulenti vanno 9.133,90 euro per la perizia medico-legale. Tutto sarà coperto dal conto aziendale “Altre sopravvenienze per rischio clinico”, anno di bilancio 2025, e successivamente rimborsato dalla Regione. Il caso sarà comunque trasmesso alla Procura regionale della Corte dei Conti, come previsto per gli episodi di presunta «malpractice» nella sanità pubblica. Resta, tra le carte, la cronaca di una tragedia che poteva non accadere. E tra le righe, una domanda che non ha bisogno di sentenze: quanto vale il tempo perduto, quando quel tempo poteva essere vita?
