Il Tirreno

Firenze

Cultura e politica

Firenze, in 300 in piazza con Massini contro il declassamento della Pergola: «Lo fanno per punirmi». Cosa c’è dietro e la replica di Giuli

Firenze, in 300 in piazza con Massini contro il declassamento della Pergola: «Lo fanno per punirmi». Cosa c’è dietro e la replica di Giuli

Il direttore artistico e Funaro contro il «bullismo istituzionale» del governo. Dalle tensioni sull’ex direttore generale Giorgetti alle schermaglie col ministro. Ecco come si è arrivati allo scontro

6 MINUTI DI LETTURA





FIRENZE  Stefano Massini non ha dubbi: «Vogliono punirmi». In piazza Signoria, il direttore artistico del Teatro della Pergola trasforma la presentazione della stagione in un appello e in una protesta contro il governo. Perché ai piedi dell’Arengario non ci sono solo giornalisti. Ma una folla arrivata a trasmettere solidarietà, ad applaudire e contestare la decisione del governo di declassare il teatro. E ci sono anche i lavoratori del teatro: «Non vi meritavate tutto questo. L’anno scorso la commissione ha dato 29 punti alla Pergola, quest’anno meno di 9. Nessun cambiamento è avvenuto se non il mio arrivo», tuona. Per lui, il declassamento non è tecnico, ma vendetta politica: «Accade a Firenze, come a Roma e in Bulgaria, per zittire ogni voce contraria». Per una struttura che apre con Toni Servillo, toglierle 20 punti di qualità è, secondo Massini, «una grande commedia». In piazza ci sono 300 persone, e pure artisti come Piero Pelù venuti a esprimere solidarietà e vicinanza a Massini. «Io non me ne vado», dice lo scrittore e sceneggiatore. 

«Bullismo istituzionale»

Al suo fianco, la sindaca di Firenze Sara Funaro rilancia: «Questo è bullismo istituzionale». In un contrattacco frontale alla destra e al governo, ha annunciato che il Comune «interverrà in tutte le sedi istituzionali» se il declassamento fosse confermato. Mai prima d’ora, ha aggiunto, una decisione così grave motivava le dimissioni di tre commissari ministeriali in blocco, ritenendo la motivazione «pretestuosa». Si pensa già a un faccia a faccia col ministro Alessandro Giuli, che domani, sabato, dovrebbe essere in città per lo smontaggio definitivo della gru che occupava lo skyline sopra gli Uffizi. "Se viene avremo occasione di incontrarci", taglia corto la sindaca. Ma come si è arrivati fin qui? .

Come si è arrivati fin qui

Il nodo ruota attorno ai punteggi assegnati dalla commissione consultiva del Ministero della Cultura. La Pergola e la Fondazione Teatro della Toscana (che gestiscono anche teatro Era di Pontedera e teatro di Rifredi) rischiano di perdere lo status di teatro nazionale – con esso, contributi Fus per circa 2,1 milioni di euro annui – dopo un improvviso tonfo nelle valutazioni.

Il declassamento comporterebbe un taglio drastico: oltre un milione e mezzo in meno rispetto agli attuali stanziamenti. Il passaggio alla categoria “Tric” (Teatri di rilevante interesse culturale) abbasserebbe infatti il livello di finanziamento, incidendo su produzione, tournée, programmazione e risorse umane. Un colpo che metterebbe in discussione la sostenibilità dell’intero progetto triennale della Fondazione, con effetti anche su Rifredi e sull’Era di Pontedera, i due altri teatri gestiti.

Dietro c’è una crisi interna lunga mesi. Il primo fronte è stato la gestione finanziaria: il bilancio 2025 presentato da Marco Giorgetti – allora direttore generale – si attestava su 9,2 milioni anziché i 7,5 richiesti da Comune e Regione. Le linee guida strategiche puntavano su produzioni internazionali costose e una scuola di recitazione legata a Pierfrancesco Favino, con costi valutati eccessivi dagli enti soci. Il cda ha respinto il budget, e l’intricata trattativa ha portato alla conclamata «riflessione sulla conclusione del rapporto» di Giorgetti, formalizzata tra fine aprile e metà maggio 2025

Uscita di scena e tensioni dietro le quinte

Il 20 maggio scorso, in un incontro all’Ispettorato del lavoro, è stata firmata la conciliazione che sancisce la fine del rapporto di lavoro di Giorgetti: un contratto in apparenza solido – fino al 2027, con stipendio annuo lordo da 160 000 € – chiuso tramite “buen retiro” economico, cifra tenuta segreta ma stimata tra 400 000 e 500 000 €

La Fondazione ha chiarito che la conciliazione garantirà continuità delle attività, mentre il Comune ha attivato un nuovo cda per nominare un dg provvisorio: Enrico Maria Peruzzi, dirigente delle partecipate, dovrebbe guidare la transizione. Tra i successori futuri ricorrono i nomi di Marco Parri (Fondazione Ort) e Claudia Marcolin (Teatro Stabile del Veneto). Il ministro della Cultura Alessandro Giuli, presente a Firenze durante la convention sulla cultura organizzata da FdI, aveva già dato il suo niet al licenziamento di Giorgetti, dichiarando: «Il migliore successore di Giorgetti… è Giorgetti». Fratelli d’Italia ha chiesto trasparenza su transazioni e conti, invocando audizioni pubbliche

Le dimissioni dei commissari e la ricaduta politica

Il 19 giugno tre membri chiave della commissione consultiva si sono dimessi in segno di protesta: Alberto Cassani, Carmelo Grassi e Angelo Pastore. È un gesto senza precedenti, segnalato da Agis e Federvivo come sintomo di «inasprimento dei toni» che rischia di compromettere l'iter dei contributi e la stabilità del settore. Intanto, dal Pd arrivano accuse forti: a farsi sentire è Elly Schlein, che parla di «vendetta politica della Meloni», puntando il dito contro il governo per aver esibito in Parlamento lo scontro sul teatro come una crociata ideologica piuttosto che culturale.

Il ministro Giuli, Giorgetti e la posizione governativa

Giuli – ex presidente del Maxxi – è stato definito un gigante culturale dalla premier Meloni ma, sul fronte Pergola, ha evitato di scontentare Roma e Firenze contemporaneamente. In pubblico ha elogiato Giorgetti e suggerito prudenza nella sostituzione, ma l’esecutivo guida un contrattacco politico, che coinvolge il ministero nel declassamento tecnico. Funaro ha nuovamente lanciato l’allarme: «Se fosse confermato, reagiremo in tutte le sedi», fissando un piano difensivo sia amministrativo sia giudiziario.

Spettacolo, politica, cultura

Il caso Pergola è diventato una questione paradigmatica: non più teatro, ma politica in scena. Tra programmazione culturale e spartizione di potere, la Fondazione Teatro della Toscana è sospesa tra una stagione artistica di successo – corroborata da nomi come Servillo – e una guerra di potere che minaccia il suo stesso status nazionale. Il destino della Pergola attende la decisione ministeriale, attesa “entro fine mese” ma forse già presa nella forma. Chi vince, chi perde? Dipende da quanto spesso il palcoscenico si farà bandiera politica. E se a decidere saranno i numeri... qualcosa di più rischia di restare fuori dalla scena: la cultura.

Le parole di Giuli

«Non esiste nessun attacco politico, ma una valutazione tecnica che riguarda il Teatro La Pergola. Io ho molto rispetto delle valutazioni tecniche». Così Alessandro Giuli, rispondendo alle domande dei cronisti sul possibile declassamento del Teatro di Firenze da teatro nazionale a margine di una conferenza stampa al ministero della Cultura. «Perfino tra i dimissionari di quella commissione – continua Giuli – c’è chi ha riconosciuto che i requisiti del teatro, in questo momento, sono estremamente critici per mantenere una caratura nazionale». Secondo il ministro «le valutazioni tecniche vanno rispettate», «misurando passo passo ciò che riguarda un teatro che comunque è importante per la città di Firenze e non è mai caduto dal cuore del ministero della Cultura». «Se vedrò la sindaca di Firenze nelle prossime ore? Domani sarò a Firenze, è altamente probabile», conclude Giuli.

Primo piano
L’operazione

Capannina, Armani vicino all’acquisizione: il super affare che vale 12 milioni di euro

di Michele Morabito
Sani e Belli