Giulia Cecchettin, in 4mila a Firenze contro la violenza sulle donne: “Se domani sono io distruggi tutto” – Video
Piazza piena per la giovane uccisa dall’ex fidanzato e tutte le vittime di femminicidio: «Basta con i minuti di silenzio, facciamo rumore anche per richiamare le istituzioni»
FIRENZE. «Per Giulia e per tutte» è il grido che unisce la piazza. Donne di tutte le età, ma anche uomini, sono più di 4mila. In mano hanno pentole e borracce che percuotono con i cucchiai, coperchi che sbattono tra loro, tamburelli, persino maracas e nacchere e poi fischietti. C’è chi agita in aria le chiavi, chi non ha oggetti per farsi sentire usa le mani e la voce. Vogliono fare rumore, vogliono che il grido per dire basta alla violenza sulle donne, basta alle uccisioni, che si alza da piazza Santissima Annunziata arrivi a tutti. Lo fanno «per tutte quelle donne che non hanno più voce».
La loro rabbia, la voglia di fermare questa brutalità dopo la morte di Giulia Cecchettin, l’ennesima donna uccisa da un uomo che scambia il possesso con l’amore, la scrivono su cartelli e striscioni. «Se domani sono io, distruggi tutto» si legge, «Se tocca a me voglio essere l’ultima», «L’uomo violento non è malato, è figlio sano del patriarcato», e poi «La lotta in casa è individuale, la lotta in piazza è universale». La urlano quella rabbia: «Se toccano una rispondiamo tutti», fanno loro lo slogan «Donna vita libertà».
Un sentimento condiviso, lo stesso che traspare dalla grafica con cui era stata lanciata la manifestazione indetta da “Non una di meno”, dove si vedono tre donne vestite da cappuccetto rosso, in barba alla narrazione sul lupo cattivo che riporta alla mente le uscite di Giambruno, e armate che osservano una città in fiamme su cui campeggia la scritta «Se domani sono io, se domani non torno, sorella distruggi tutto!» e sotto «C’era una volta…ma ora cambia la storia». Tutte sanno perché sono lì.
C’è Claudia, 21 anni, che fa tintinnare le chiavi in aria e dice: «Non voglio avere paura» e Roberta, che di anni ne ha 53 e per quell’ennesima vita strappata non si dà pace: «Ho voluto credere fino all’ultimo che Giulia tornasse a casa, che fosse viva. Potrebbe essere mia figlia». Per mezz’ora la piazza risuona di fischi e tamburi improvvisati, tra la folla ci sono anche il presidente del consiglio comunale Luca Milani e i consiglieri di Sinistra progetto comune, poi arriva anche il sindaco Dario Nardella.
Volano in aria palloncini bianchi e rossi. Il corteo s’incammina, porta tutto quel “rumore” per le strade di Firenze, dai negozi e dai ristoranti qualcuno si affaccia e applaude. Si ferma davanti a dei luoghi simbolo, per mettere le istituzioni davanti alle loro responsabilità, per far capire che la violenza contro le donne non è soltanto quella fisica. Si fermano in piazza del Duomo, davanti alla Regione, urlano: «Ma quale Stato, ma quale Dio, sul mio corpo decido io», chiedono un cambio di passo sulla sanità, più soldi ai consultori, contraccettivi gratuiti e stop ai medici obiettori.
«Anche finanziare gli obiettori è violenza contro le donne – affermano –. Le donne devono scegliere liberamente, ma in Italia anche se c’è una legge, affrontare l’aborto è un calvario». Riprendono la camminata rumorosa per fermarsi di nuovo in piazza San Firenze e srotolare gli striscioni davanti al tribunale, un altro luogo simbolo perché «le donne subiscono una violenza anche quando denunciano. Viene chiesto loro “come eri vestita?”, “Avevi bevuto?”, “Ti sei difesa?”». Il corteo raggiunge piazza della Signoria, crea un cerchio enorme e poi si sposta sotto Palazzo Vecchio, davanti alla panchina rossa. Da lì il grido dei 4mila si alza ancora una volta: «In Italia muore una donna ogni tre giorni a causa di un uomo, non siamo esagerate. Imparate voi a non ucciderci».